Scritta da: Cleonice Parisi
in Poesie (Poesie personali)
Tua
Tu sei e non sei,
il passato ti rende così presente
e il presente ti rende così lontana.
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Tu sei e non sei,
il passato ti rende così presente
e il presente ti rende così lontana.
La vera beltà non teme l'età
è piena ed è gaia
non sente vecchiaia;
Nel suo cor all'arsura
ha pronta la cura;
Nel seno capace
è colma di pace;
Ha tra le mani l'orgoglio
di un fiore mai spoglio;
Ti nasce da dentro
non senza un tormento,
e vive al di fuori donandone i fiori.
La vera beltà è un fiore capace
di dar con la voce un senso di pace.
Non servono specchi
tu cercala invero
nel cuore dei vecchi
è lì il suo sentiero.
Cavalca l'ombra del tuo animo
sino al sole della tua ragione;
Insieme
troverete la strada unica
che unisce in gioia.
Le notti della vita sono acqua
che disseta la tua terra;
Sorridi alla notte,
il giorno è alle porte;
Nelle lacrime l'essenza
del tuo sorriso;
Nel non compreso
il tanto atteso;
Credi nel cammino dell'alternanza
e nel cuore di questa danza
la tua costanza.
Quanti Uffa e quanti No,
quasi, quasi te le do.
Quando dico:
Lava i denti!
Sembra quasi ti tormenti.
E se poi dobbiam studiare,
mi diventi un funerale;
Se ti dico:
Tu fai il grande!
Mi rispondi:
Sei pesante!
Quanti Uffa e quanti No,
quasi, quasi te le do.
Se poi chiedi questo e quello
mi diventi anche monello;
Quando il piatto è preparato
sembri quasi disgustato;
E se dico:
Stai composto!
Tu fai subito l'opposto.
Quanti Uffa e quanti No,
non stupisco neanche un po'.
Anche io bambin son stata
e son bene preparata.
Avrei voglia di comprare
una stella in mezzo al mare
e d'accender veramente
chi il suo cuore più non sente.
Vorrei chiedere al divino:
Ma tu quanto sei vicino?
Io ti vedo in tante cose
e non sono poi costose.
Ci sei sempre nelle stelle
perché son brillanti e belle;
Ti ho anche visto su di un prato
eri un fiore colorato;
Eri pure nella neve
quando scende molto lieve;
Ma la gente stranamente
sembra non vedere niente;
Se sapessero divino
che nel cuore di un bambino
tu sei molto più vicino.
Smarrì il suo berretto
un dì un poveretto,
strappato alla testa
da un vento in tempesta.
Rincorse per metri
usando i suoi piedi
quel vecchio berretto
che un po' andava stretto.
Ma il vento era allegro
voleva giocare
e il vecchio berretto
non volle ridare.
E alzandolo in volo
lontano dal suolo
sin su, sopra al tetto
depose il berretto.
"Rivoglio il berretto!"
Gridò il poveretto.
"È Vero è un po' stretto
ma cosa mi metto?
L'inverno è vicino
ed io non ho tetto".
Fu allora che il vento
provò pentimento
e il vecchio berretto
portò al poveretto.
"Non sono scorretto,
ti porto rispetto,
ti rendo il berretto ma tienilo stretto".
Rosa era bella come una stella,
cercava tra i Venti i suoi pretendenti.
Son l'Ostro e mi prostro.
È il mio primo posto?
Poi giunse dal mare il vento Maestrale:
Al tuo primo posto mi inchino sir Ostro
ma inver poco vale, io sono il Maestrale.
Permesso, permesso,
son giunto or, ora,
che in giro si sappia io sono la Bora;
È giunto tra voi il vento Scirocco,
suonate campane il vostro rintocco!
Scusate se sfreccio
io sono il Libeccio,
non è per capriccio
ma tolgo l'impiccio.
Non vale, non vale
son su per le scale
aprite il portale
io sono il Grecale;
La giovane Rosa rispose un po' ombrosa:
Non basta una prosa
per cogliere Rosa
non dono il mio cuore
se non sento amore!
E poi giunge il mese gaio,
ecco a voi messer febbraio;
È dei mesi l'Arlecchino
inquieto e birichino;
Porta festa al bel paese,
è assai bello questo mese;
Tra una burla ed un saltello
tieni aperto ancor l'ombrello;
È dei cuori il malandrino
vien con lui San Valentino;
In febbraio gioir ti spetta
ma fai presto non ti aspetta.
Del bimbo che cresce,
veder non ti riesce;
Ci vuole occhio al volo
per poter cogliere il tesoro;
Nel restar col capo chino
rischi di rimaner bambino;
Apri le ali al volo
e giudicati da solo;
Vedrai di quel bambino
il suo lungo cammino,
e nel carezzar sentiero
capirai d'esser cresciuto davvero.
Il cuore cresce rapidamente
ma lento quel capir
giunge alla mente;
Del bimbo che cresce,
veder non ti riesce,
apri le ali al volo
e giudicati da solo.
Che Pazienza!
Disse il tonno dal suo viaggio di ritorno.
Sono ben stanco di viaggiare
mi vorrei un po' riposare.
Che Pazienza!
Che Pazienza!
Disse l'uomo alla sua lenza.
Sono ben stanco di aspettare
un bel tonno ho da pescare.
Ma all'orecchio di quel tonno
quel parlar fece ritorno,
e nel ritrovar Pazienza
scappò via da quella lenza.
Non son stanco di viaggiare
se la vita ho da salvare,
faccio appello alla Pazienza
quando incontro l'emergenza.
E così riprese il mare.
Che Pazienza!
Che Pazienza!
Disse l'uomo nel tirar lenza.
Nessun tonno ho haimè pescato
questo mare e tanto ingrato.
E così riprese la via del suo paese.
Benedetta la Pazienza!
Disse l'esca sulla lenza.
Devo a te la mia esistenza, coltivate la Pazienza!