Scritta da: dantino
in Poesie (Poesie personali)
L'infermità del tempo
Il tempo inutilmente scorre,
tanto che par fermo
e dei cent'anni di memoria
non ricordo che l'adesso.
Composta martedì 3 aprile 2018
Il tempo inutilmente scorre,
tanto che par fermo
e dei cent'anni di memoria
non ricordo che l'adesso.
Non è che l'infanzia disse il vecchio
oltre la soglia primitiva vi è la coscienza del danno e della beffa
tutto un seguito di disagio e speranza
poi arrivò la barca a vento
e il tutto
si tinse d'infinito.
Sono pervaso del mio tempo,
circondato dalla fretta
ed il mio tempo,
è il perenne ritardo.
Ho fatto scorte d'amore,
quel ch'era rimasto nel mondo fuori casa,
chiuso e barricato, ho sprangato le finestre e murato le porte,
che si cibino di tutto il rancore rimasto,
la fuori è un mondo perso.
Amo essere della parte del mondo quella meno pesante,
le impronte leggere che non lasciano inutili tracce,
amo essere le mani che scaldano con una carezza,
la pioggia che disseta l'arsura e che spegne le guerre,
perché... non sono le superfici a fare il mondo ruvido,
sono le barriere,
quegli inutili spigoli umani.
Nel dovere di vivere,
raccolgo briciole di piacere,
bonariamente dalla natura lasciate cadere,
affinché il mio cammino potesse sembrare più facile.
Di un poco, forse di un niente danza l'umanità,
respirando piano per non fare rumore,
coccolandomi grazioso mi addormento per l'ultima volta.
Ti incontrerò l'ultimo giorno e deporremo l'armi
di un ultimo tenero abbraccio
per quante volte ce l'abbiamo fatta
e rideremo insieme di stanchezza
per la fatica vana che ci illuse
tu ed io, l'ultimo passo
mi toccherà l'onore di avanzarti
lo so, sei stato sempre a contrariarmi
come un severo padre
quante ne abbiamo fatte
quanti errori
e quante volte ci siamo maledetti
una vita insieme
complici tribolanti
oggi per l'ultima volta
se rinascessi ti vorrei uguale
a piangere, a scherzare a ribellarti
per questo ingiusto mondo
e perdonarci.
Accontentai, e fui molte volte scontento
pensai a me stesso senza pensare agli altri
fui contento... di una solitudine infelice.
Poesia, da che ti amai,
nulla fu uguale, d'essenza, e meraviglia, e guerra
e malinconico abbandono
mi sposasti a corte
di vanità, giustizia e sentimento
per riposarmi e coricarmi all'urne
del rimpianto.