Scritta da: dantino
in Poesie (Poesie d'Autore)
Io
cannibale di me stesso.
Composta lunedì 18 maggio 2020
Io
cannibale di me stesso.
Non è che una goccia mi disse
non darti premura
poi tuonò e piovve
e adesso non ricordo
se il suo sguardo mi promise un ritorno.
La meraviglia
di un sole mattutino
che schiocca come luce sulla brina la sua infinita gioia,
nel giorno che s'inchina
cerco la tua voce
come dono del cielo
mia musa ispiratrice
mia divina.
Non ch'io non voglia esser felice
ma purché felicità non sia di danno
ad altrui gioia
meglio patir di noia
e goder di effimeri piaceri
che aver rimorso eterno e,
per l'eternità io muoia.
Quantunque dico:
cos'ha di più importante a me
l'altrui vita?
Chiedo scusa a voi
Incredule genti
Ho bisogno di non credere
ad un mondo incredibile.
E non fu valso l'ieri
e non varrà il domani,
e l'oggi è di per sé una pena da scontare, malvolentieri, senza che tu accresca il mio destino,
di cocci e vetri aguzzi, di spine, questo mio già troppo inutile cammino, che fatico a continuare.
Benché felicità
non sia
di questo mondo
credo che l'amore
sia
per questa vita bisogno e vanto
e un figlio
ripaghi l'illusione dell'inganno
anello di congiunzione
tra la realtà e il sogno.
Giudice
comprendi la mia comprensione?
osservi e guardi ciò ch'io vedo?
più volte giudicai senza giudizio
e mai compresi
più volte mi giocai il destino
camminando veloce oltre gli eventi
più volte e più volte
che il fato sia carente
e di memoria corta
e a volte torni
magari a cancellar le impronte
mi ricorda
ciò che per me comprese
con ali da gigante e goffo volo
ch'io mi privai
del felice inganno
il giorno, l'ora, oppure
quel momento
ch'è del ricordo, cosa assai più bella
l'illusione e il sogno.
Mi pare un pendolo quell'ubriaco
un'anitra zoppa
che suole strofinar le ali
addosso ai muri
mi par già di vederlo
culo a terra, stravaccato
chiedere così riparo
e dentro il mentre
offrir ciò ch'egli ha di più caro
porgendo agli stizziti indifferenti
la bottiglia e il cuore
mi sembra già di udirlo
starnazzare alto
guardarci piccoli
schernir le nubi e il vento
nel più solare volo
toccare l'infinito e ritornare
come sparato, stramazzato al suolo
dal netturbino delle cinque
che ramazza in mano chiede:
"tutto bene?".
Si andava al mare
ed eravamo senza troppi pensieri
il tempo pareva fermarsi
ma non si lasciava fermare.