Oppure cantare, solamente cantare! Dire che sei tu il senso sconosciuto delle cose, questa nostra coscienza: amore celato nei nostri amori voce del vento, e il silenzio che fascia le galassie, o improvviso, rapito gemito di fronde sul limitare appena della selva.
Cantare suoni che non siano più parole.
Forse è la musica, il suono puro che ti conviene: cantare con voce sempre nuova perché sempre "altro" tu sei; cantare con libera voce e lasciare i salmi tumultuosi perché non vale dire quanto di te soffersi...
La sentenza che ora tu sai nulla di nuovo aggiunge a quanto già doveva esserti noto da sempre: tutto è scritto. Di nuovo è appena un fatto di calendario.
Eppure è l'evento che tutto muta e di altra natura si fanno le cose e i giorni.
Subito senti il tempo franarti tra le mani: l'ultimo tempo, quando non vedrai più questi colori e il sole, né con gli amici ti troverai a sera… Dunque, per quanto ancora?
Ti sento, Verbo, risuonare dalle punte dei rami dagli aghi dei pini dall'assordante silenzio della grande pineta - cattedrale che più ami - appena velata di nebbia come da diffusa nube d'incenso il tempio.
Ieri all'ora nona mi dissero: il Drago è certo, insediato nel centro del ventre come un re sul suo trono. E calmo risposi: bene! Mettiamoci in orbita: prendiamo finalmente la giusta misura davanti alle cose; e con serenità facciamo l'elenco: e l'elenco è veramente breve.
Appena udibile, nel silenzio, il fruscio delle nostre passioncelle del quotidiano, uguale a un crepitare di foglie sull'erba disseccata.