Sì come provo ognor novi diletti, ne l'amor mio, e gioie non usate, e veggio in quell'angelica beltate sempre novi miracoli ed effetti, così vorrei aver concetti e detti e parole a tant'opra appropriate, sì che fosser da me scritte e cantate, e fatte cónte a mille alti intelletti. Et udissero l'altre che verranno con quanta invidia lor sia gita altera de l'amoroso mio felice danno; e vedesse anche la mia gloria vera quanta i begli occhi luce e forza hanno di far beata altrui, benché si pèra.
- S'io, che son dio, ed ho meco tant'armi, non posso star col tuo signor a prova, ed è la sua bellezza unica e nova pronta mai sempre a tante ingiurie farmi, come a tuo pro poss'ora io consigliarmi, e darti il modo, con che tu rimova per via di preghi, di consiglio o carmi? Ti bisogna aspettar tempo o fortuna, quel saldo ghiaccio, che nel cor si trova, che ti guidino a questo; ed altra via non ti posso mostrar, se non quest'una. - Così mi dice, e poi si vola via; ed io mi resto, al sole ed a la luna, piangendo sempre la sventura mia.
Che meraviglia fu, s'al primo assalto, giovane e sola, io restai presa al varco, stando Amor quindi con gli strali e l'arco, e ferendo per mezzo, or basso or alto, indi 'l signor che 'n rime orno ed essalto quanto più posso, e 'l mio dir resta parco, con due occhi, anzi strai, che spesso incarco han fatto al sole e con un cor di smalto? Ed essendo da lato anche imboscate, sì ch'a modo nessun fess'io difesa, alla virtute e chiara nobiltate? Da tanti e ta' nemici restai presa; né mi duol, pur che l'alma mia beltate, or che m'ha vinta, non faccia altra impresa.
Vengan quante fûr mai lingue ed ingegni, quanti fûr stili in prosa, e quanti in versi, e quanti in tempi e paesi diversi spirti di riverenza e d'onor degni; non fia mai che descrivan l'ire e' sdegni, le noie e i danni, che 'n amor soffersi, perché nel vero tanti e tali fêrsi, che passan tutti gli amorosi segni. E non fia anche alcun, che possa dire, anzi adombrar la schiera de' diletti ch'Amor, la sua mercé, mi fa sentire. Voi, ch'ad amar per grazia sète eletti, non vi dolete dunque di patire; perché i martir d'Amor son benedetti
Un intelletto angelico e divino, una real natura ed un valore, un disio vago di fama e d'onore, un parlar saggio, grave e pellegrino, un sangue illustre, agli alti re vicino, una fortuna a poche altre minore, un'età nel suo proprio e vero fiore, un atto onesto, mansueto e chino, un viso più che 'l sol lucente e chiaro, ove bellezza e grazia Amor riserra in non mai più vedute o udite tempre, fûr le catene, che già mi legâro, e mi fan dolce ed onorata guerra. O pur piaccia ad Amor che stringan sempre!
La fé, conte, il più caro e ricco pegno che possa aver illustre cavaliero, come cangiaste voi presto e leggiero, fuor che di lei d'ogni virtù sostegno? A pena vide voi 'l gallico regno, che mutaste con lei voglia e pensiero; ed Anassilla e 'l suo fedele e vero amor sparir da voi tutti ad un segno. E piaccia pur a lui, che mi governa, che non sia la ragion di questo oblio novella fiamma nel cor vostro interna! O, se ciò è, acerbo stato mio! o doglia mia sovra ogni doglia eterna! o fidanza d'Amor che mi tradìo!
Io non v'invidio punto, angeli santi, le vostre tante glorie e tanti beni, e què disir di ciò che braman pieni, stando voi sempre a l'alto Sire avanti; perché i diletti miei son tali e tanti, che non posson capire in cor terreni, mentr'ho davanti i lumi almi e sereni, di cui conven che sempre scriva e canti. E come in ciel gran refrigerio e vita dal volto Suo solete voi fruire, tal io qua giù da la beltà infinita. In questo sol vincete il mio gioire, che la vostra è eterna e stabilita, e la mia gloria può tosto finire.
Onde, che questo mar turbate spesso, come turba anco me la gelosia, venite a starvi meco in compagnia, poi che mi sète sì care e sì presso: così fiero Austro ed Aquilon con esso men importuno e men crudo vi sia; così triegua talor Eolo vi dia, quel ch'a me da l'amor non m'è concesso. Lassa, ch'io ho da pianger tanto e tanto, che l'umor, che per gli occhi verso fore, è poco o nulla, se fosse altrettanto. Voi mi darete voi del vostro umore quanto mi basti a disfogar il pianto, che si conviene a l'alto mio dolore.
S'avien ch'un giorno Amor a me mi renda, e mi ritolga a questo empio signore; di che paventa e non vorrebbe, il core, tal gioia del penar suo par che prenda; voi chiamerete invan la mia stupenda fede, e l'immenso e smisurato amore, di vostra crudeltà, di vostro errore tardi pentite, ove non è chi intenda. Ed io cantando la mia libertade, da così duri lacci e crudi sciolta, passerò lieta a la futura etade. E, se giusto pregar in ciel s'ascolta, vedrò forse anco in man di crudeltade la vita vostra a mia vendetta involta.
Grazie, che fate mai sempre soggiorno negli occhi ch'amo, e quei poi de le prede, che fan tante di noi, vostra mercede, fanno il tempio d'Amor ricco et adorno, quando scherzate a què bei rai d'intorno cò pargoletti Amor, che v'hanno sede, fate fede a colui de la mia fede, che 'n tante carte omai celebro ed orno. E, se di Grazie avete il nome e l'opra, fatemi graziosi què due giri, ch'a lo splendor del sol stanno di sopra. E, poi c'hanno adescato i miei desiri, fate (così mai morte non li copra) che non mi lascin preda dè martìri.