O de le mie fatiche alto ritegno, mentre ad Amor ed a Fortuna piacque, conte gentil, a cui giamai non nacque bellezza egual, valor, sangue ed ingegno; se 'l vostro cor di maggior donna degno una volta in me sola si compiacque, se fin gli scogli d'Adria, i lidi e l'acque san che voi sète il mio solo sostegno, perché senza mia colpa e mio difetto, se non d'esser più ch'altra fida stata, m'avete tratta fuor del vostro petto? Questa è la gioia mia da voi sperata? È questo quel che voi m'avete detto? Questa è la fé che voi m'avete data?
Deh, se vi fu giamai dolce e soave la vostra fidelissima Anassilla, mentre serrata, sì che nullo aprilla, teneste del suo cor, conte, la chiave; leggendo in queste carte il lungo e grave pianto, a cui Amor per voi, lassa, sortilla, mostrar almen di pietà una scintilla, in premio di sua fé, non vi sia grave. Accompagnate almen con un sospiro la schiera immensa dè sospiri suoi, che mille volte i ciel pietosi udîro. Così sia sempre Amor benigno a voi, quanto a lei fu per voi spietato e diro; così non sia mai cosa che v'annoi.
Questo poco di tempo che m'è dato, anzi di vita, avanti il partir vostro, voi devreste, o del mondo unico mostro, essermi pur ad or ad or a lato; acciò che poi, essendo dilungato dal felice e natio terreno nostro, prenda vigor dal vago avorio ed ostro il mio poi, senza voi, misero stato. Perché, se vi partite, ed io non prenda prima vigor da voi, converrà certo ch'a morte l'alma subito si renda. E, dove al monte faticoso ed erto d'onor poggiate, temo non offenda questa macchia il candor del vostro merto.
Alto colle, almo fiume, ove soggiorno fan le virtuti e le Grazie e gli Amori, dal dì che dimostraste al mondo fòri chi fa me, chi fa lui chiaro et adorno, asserena tu 'l fronte, alza tu 'l corno, tu con nove acque, e tu con novi fiori, or che fa, colmo anch'ei di novi onori, il signor vostro e mio a voi ritorno. E, poi che fia con voi, per cortesia oprate sì ch'a me ritorni tosto; ché viver senza lui poco porìa. Così stia 'l verno a voi sempre discosto, così Flora e Pomona in compagnia vi faccian sempre aprile e sempre agosto.
Ritraggete poi me da l'altra parte, come vedrete ch'io sono in effetto: viva senz'alma e senza cor nel petto per miracol d'Amor raro e nov'arte; quasi nave che vada senza sarte, senza timon, senza vele e trinchetto, mirando sempre al lume benedetto de la sua tramontana, ovunque parte. Ed avvertite che sia 'l mio sembiante da la parte sinistra afflitto e mesto; e da la destra allegro e trionfante: il mio stato felice vuol dir questo, or che mi trovo il mio signor davante; quello, il timor che sarà d'altra presto.
Quelle lagrime calde e quei sospiri, che vedete ch'io spargo sì cocenti da poter arrestar il mar cò venti, quando avien ch'ei più frema e più s'adiri, come potete voi coi vostri giri rimirar non pur queti, ma contenti ? O cor di fère tigri e di serpenti, che vive sol dè duri miei martìri! Deh prolungate almen per alcun'ore questa vostra ostinata dipartita, fin che m'usi a portar tanto dolore; perciò ch'a così sùbita sparita io potrei de la vita restar fuore, sol per servir a voi da me gradita.
Ricevete cortesi i miei lamenti, e portateli fide al mio signore, o di Francia beate e felici ore, che godete or dè begli occhi lucenti. E ditegli con tristi e mesti accenti che, s'ei non move a dar soccorso al core, o tornando o scrivendo, fra poche ore resteran gli occhi miei di luce spenti; perché le pene mie molte ed estreme per questa assenzia ormai son giunte in parte, dove di morte sol si pensa e teme. E, s'egli avien che 'ndarno restin sparte dinanzi a lui le mie voci supreme, al mio scampo non ho più schermo od arte.
Mentre signor, a l'alte cose intento, v'ornate in Francia l'onorata chioma, come fecer i figli alti di Roma, figli sol di valor e d'ardimento, io qui sovr'Adria piango e mi lamento, sì da' martìr, sì da' travagli doma, gravata sì da l'amorosa soma, che mi veggo morir, e lo consento. E duolmi sol che, sì come s'intende qui 'l suon da noi de' vostri onor, ch'omai per tutta Italia sì chiaro si stende, non s'oda in Francia il suono de' miei lai, che così spesso il ciel pietoso rende, e voi pietoso non ha fatto mai.
O ora, o stella dispietata e cruda, ch'io vidi dipartir la gloria mia, lasciando di beata ch'era pria la vita mia d'ogni suo bene ignuda! Da indi in qua per me si trema e suda, si piagne, si dispera e si disia: e sarà meraviglia, se non fia che morte tosto queste luci chiuda. Che, del lor fatal sol restate senza, altra luce giamai mirar non ponno, che lor non sembri notte e dipartenza. Dunque o lor tosto, Amor, rendi il lor donno, o, per non soffrir più sì dura assenza, tosto le chiudi in sempiterno sonno.
Quando più tardi il sole a noi aggiorna, e quando avien che poi più tardi annotte, quand'ei mostra il crin d'òr, quando la notte mostra la luna l'argentate corna, il mio cor lasso a' suoi sospir ritorna, a le voci, a le lagrime interrotte; sì l'ha tutte ad un segno ricondotte l'assenzia di colui che Francia adorna. E sì caldo disio di rivederlo fra tutt'altri martìr mi preme e punge, che non so come omai più sostenerlo. E duolmi più ch'egli è da me sì lunge, ch'a poter richiamarlo ed a poterlo mover a pièta il mio gridar non giunge.