Scritta da: Marco Nuzzo
in Poesie (Poesie personali)
Dove sogna il tuo cuore
Portami
dove sogna il tuo cuore,
oltre echi
gridati a distanza,
riflessi
su battiti di mare
che ti soffiano
il respirarmi.
Composta lunedì 25 gennaio 2010
Portami
dove sogna il tuo cuore,
oltre echi
gridati a distanza,
riflessi
su battiti di mare
che ti soffiano
il respirarmi.
"Esisto per te"
era il vasto guarnirti
di effetti speciali
per mettere in ombra
razionalità scomode,
scordate
sopra barche di sabbia
dentro mari di illusioni;
sottile,
fragile dubbio
sedotto dalla tua bocca
ansimante di piacere
di Dea immorale
[inganno!]
Berciavano vendetta...
i sensi,
tremanti
e coi rovi nel cuore...
[hai ucciso il mio amore!]
ora mi muori nella mente
e respiro vive libertà
a pieni polmoni.
Il fuoco del conoscerti...
e poi il ghiaccio,
sedimentato
tra pori di pelle tremula,
col pungente male
che non chiude baracca
e il tempo
non fa sconti di pena
su cauzioni di lacrime
pagate sull'unghia.
Acido in bocca
scioglie parole amare
sputate dentro tracce
su scatti indelebili,
aridi
al forte dolore
fissato dentro,
come spilli
tra la carta e il muro.
Bella lo eri,
e da impazzire,
coi sorrisi scuciti
tra fili di zucchero a velo
e forti risate,
ti soffiavo i pensieri,
sopra le giostre
ferme su spigoli
dei cerchi
nati da pietre nell'acqua
estinte su fondi,
di occhi bagnati
e presto seccati dal sole,
lacrime stanche,
partite per sempre
non tornano indietro più
e lampi,
sul diario
ritratto nei pensieri
abbagliano di sfuggita
labbra da baci di ciliegia
sopra visi bianco latte,
dove candida è la terra,
biscotto di coltivata gioia
che non dona più frutti...
e mi convinco allora
dell'aridità del mare.
Pensieri, i miei,
annunciati da aerei di carta
e proiettati in cieli di piombo
da mani immature d'infante
che poco esaltano quei voli,
non ghermiti nell'aria dagli altri
e finiti prontamente in stallo,
crollando su incompresi oceani
dopo i succinti viaggi latenti,
perle,
dentro un cuore sprecato,
fatto di fogli stropicciati
e buttati via, nel biasimo,
in cestini di illusioni disciolte,
avvelenate dall'acido intorno,
mi corrodo dentro
e non sana, la bile,
ma m'interrogo ancora irruente,
se meritano il prodigar parole
di queste utopiche menti.
Sottili chiodi
che trapassano l'anima,
le parole taciute
nei denunciati silenzi;
sguardi di risate laterali,
danneggiati da intimi rancori,
che freddano pelli d'oca
prima di te accaldate,
esposte al rumore dell'oceano
incagliato e stagnante
in vicoli ciechi di emozioni distanti;
mettila in valigia, l'esultanza
e goditi la vacanza di me,
che tra quattro pareti mi cingo
appena ti congedi
sbattendo la porta di casa;
tasche piene di soli sogni,
le mie rose sono scritte
su bianchi giardini di carta
ma se non ne cogli la fragranza
forse è meglio se te ne vai.
Mistici cori,
degradati in candele vibranti
che tronfie
rischiarano cavità nella penombra
quando il cielo fuori dorme
e il tepore del vento mi richiama a sé;
veglia acceso,
pulsante cuore di strega
e rendimi bestiali emozioni animali,
mentre balla nudo,
sull'erba e tra le foglie
il mio corpo di candida lupa;
sublima l'anima nella tersa atmosfera
e lava ogni incerta mareggiata
nel fuoco della purezza,
sopra lingue di fiamme d'amante
legami a te,
per sempre,
per inenarrabili viaggi
di una vita terrena,
dove tutto è incantato,
è soave cuore di strega.
Miro ad eterni firmamenti
e l'occhio all'obiettivo lacrimante tace,
nella notte d'incantate fiabe,
inseguendo la scia di brevi squarci nel cielo,
coi crini d'oro e le auree astrali
ed i fumi della canicolare polvere cosmica,
che brancola selvaggia
nell'aria pesante intorno;
distendo gli ultimi pensieri,
cancello il fucile dallo sguardo
e disegno fogli e penne
per farne note e pentagrammi con le stelle,
e il vento che secca la vista
va via sull'ultima onda
trascinandosi un'altra cometa nel mare,
mentre la volta celeste
continua i bagliori di pianto.
Riempirti d'ignoto,
di buio penetrarti i silenzi,
bruciandoli in madidi pianti
che parole taciute non tamponano,
non sento il tuo battere sanguigno,
non pulsa la purpurea stella
dell'infinita amarezza
nelle ore che fanno più male,
scavami come sasso di fiume
e trascinami
in mari di brusche conseguenze,
lanciami esiziali lame fendenti,
per suffragare che ancora vivo,
ad azzardare che dentro,
questo mio sangue
è ancora tiepido e cammina.
Laconiche foto,
che più non m'identificano
su immagini foderate da cenere,
d'ingialliti ricordi,
eclissati dal grande tiranno;
eccomi, tripudiante,
glorioso negli occhi,
radioso nel sorriso,
irreprensibile, nei brevi istanti...
è un'altra vita catturata;
m'invidio e mi secco;
vorrei confidarti,
ragazzino stolto,
quanto male ti farà
leccarti ferite tra le spine;
l'immortalità della delizia tua
presto avrà degna sepoltura,
ma goditela, l'innocenza,
gustala finché puoi,
che il tramonto non tarda a venire.