Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Vede perfettamente onne salute

Vede perfettamente onne salute
chi la mia donna tra le donne vede;
quelle che vanno con lei son tenute
di bella grazia a Dio render merzede.
E sua bieltate è di tanta vertute,
che nulla invidia a l'altre ne procede,
anzi le face andar seco vestute
di gentilezza, d'amore e di fede.
La vista sua fa onne cosa umile;
e non fa sola sé parer piacente,
ma ciascuna per lei riceve onore.
Ed è ne li atti suoi tanto gentile,
che nessun la si può recare a mente,
che non sospiri in dolcezza d'amore.
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    Scritta da: Marzia Ornofoli
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Les silhouettes

    Il mare è sriato di sbarre grig,
    Stonato e cupo è il vento.
    Come una foglia appassita, la luna
    Passa sulla baia di tempesta.
    Tagliandosi sulla sabbia pallida
    Resta una barca nera: un ragazzino
    Ridendo vi si arrampica,
    Le mani bagnate luccicanti.
    E là dove stridendo gli uccelli,
    Sull'erba scura passano
    i giovani abbronzati mietitori,
    Come silhouettes contro il cielo.
    Composta venerdì 7 agosto 2009
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      Scritta da: Antonella Marotta
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      A volte mentre vado al sole
      e gli aspetti del mondo accolgo e il cuore
      quasi m'opprime l'amorosa ressa,
      ombra il sole ecco farsi l'ombra, gelo.

      Un cieco mi par d'essere che va
      lungo la sponda d'un immenso fiume.
      Scorrono sotto l'acque maestose;
      ma non le vede lui: il poco sole
      lui si prende beato. E se gli giunge
      a tratti mormorar d'acque, lo crede
      ronzio d'orecchi illusi.

      Perché a me par vivendo questa mia
      povera vita, un'altra rasentarne
      come nel sonno; e che quel sonno sia
      la mia vita presente.

      Un vago sentimento allor mi coglie,
      uno sgomento pueril.
      Mi siedo
      dove sono, sul ciglio della strada,
      miro il misero mio angusto mondo
      e carezzo con man che trema l'erba.
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        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Le donne, i cavalier, l'arme, gli amori,
        Le cortesie, l'audaci imprese io canto
        Che furo al tempo che passano i Mori
        D'Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,
        Seguendo l'ire e i giovenil furori
        D'Agramante lor re, che si diè vanto
        Di vendicar la morte di Troiano
        Sopra re Carlo imperator romano.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Al sole

          Scritto e pubblicato nel 1797.

               Alfin tu splendi, o Sole, o del creato
          Anima e vita, immagine sublime
          Di Dio, che sparse la tua faccia immensa
          Di sua luce infinita! Ore e Stagioni,
          Tinte a vari color danzano belle
          Per l'aureo lume tuo misuratore
          De' secoli, e de' secoli scorrenti,
          Alfin tu splendi! tempestoso e freddo
          Copria nembo la terra; a gran volute
          Gravide nubi accavallate il cielo
          Empian di negre liete, e brontolando
          Per l'ampiezza dell'aere tremendi
          Rotolavano i tuoni, e lampi lampi
          Rompeano il bujo orribile. - Tacea
          Spaventata natura; il ruscelletto
          Timido e lamentevole fra l'erbe
          Volgeva il corso, nè stormian le frondi
          Per la foresta, nè dall'atre tane
          Sporgean le belve l'atterrita fronte. -
          Ulularono i venti, e ruinando
          Fra grandini, fra folgori, fra piove
          La bufera lanciosse, e riottoso
          Diffuse il fiume le gonfie e spumose
          Onde per le campagne, e svelti i tronchi
          Striderono volando, e da’ scommossi
          Ciglion dell'ondeggianti audaci rupi
          Piombàr torrenti, che spiccati massi
          Coll'acque strascinarono. Dal fondo
          D'una caverna i fremiti e la guerra
          Degli elementi udii; Morte su l'antro
          Mi s'affacciò gigante; ed io la vidi
          Ritta: crollò la testa e di natura
          L'esterminio additommi. - In ciel spiegasti,
          O Sol, tua fronte, e la procella orrenda
          Ti vide e si nascose, e i paurosi
          Irti fantasmi sparvero.... ma quanti
          Segni di lutto su i vedovi campi,
          Oimè, il nembo lasciò! Spogli di frutta,
          Aridi, e mesti sono i pria sì vaghi
          Alberi gravi, e le acerbette e colme
          Promettitrici di liquor giocondo
          Uve giacciono al suol; passa 1'armento
          E le calpesta; e istupidito e muto
          L'agricoltore le contempla e geme.

               Intanto scompigliata, irta e piangente
          Te, o Sol, ripriega la Natura, e il tuo
          Di pianto asciugator raggio saluta;
          E tu la accendi, e si rallegra e nuovi
          Prometto frutti e fior. Tutto si cangia,
          Tutto père quaggiù! Ma tu giammai,
          Eterna lampa, non ti cangi? mai?
          Pur verrà dì che nell'antiquo vòto
          Cadrai del nulla, allor che Dio suo sguardo
          Ritirerà da te: non più le nubi
          Corteggeranno a sera, i tuoi cadenti
          Raggi su l'Oceàno; e non più l'Alba
          Cinta di un raggio tuo, verrà su l'Orto
          Ad annunziar che sorgi. Intanto godi
          Di tua carriera: oimè! ch'io sol non godo
          De' miei giovani giorni: io sol rimiro
          Gloria e piacere, ma lugubri e muti
          Sono per me, che dolorosa ho l'alma.
          Sul mattin della vita io non mirai
          Pur anco il Sole; e omai son giunto a sera
          Affaticato; e sol la notte aspetto
          Che mi copra di tenebre e di morte
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Il Sole

            Lungo il vecchio sobborgo, ove le persiane pendono dalle
            catapecchie rifugio di segrete lussurie, quando il sole
            crudele batte a raggi raddoppiati sulla città e i campi, sui
            tetti e le messi, io mi esercito tutto solo alla mia fantastica scherma, annusando dovunque gli imprevisti della rima,
            inciampando nelle parole come nel selciato, urtando
            qualche volta in versi a lungo sognati.

            Questo padre fecondo, nemico di clorosi, sveglia nei campi
            i vermi e le rose, fa svaporare gli affanni verso il cielo,
            immagazzina miele nei cervelli e negli alveari. È lui a
            ringiovanire coloro che vanno con le grucce e a renderli
            allegri, dolci come fanciulli, lui a ordinare alle messi di
            crescere e maturare entro il cuore immortale che vuol
            sempre fiorire.

            Quando, simile a un poeta, scende nelle città, nobilita le
            cose più vili e s'introduce da re senza rumore, senza paggi,
            entro tutti gli ospedali e tutti i palazzi.
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