Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Alba festiva

Che hanno le campane,
che squillano vicine,
che ronzano lontane?
È un inno senza fine,
or d'oro, ora d'argento,
nell'ombre mattutine.
Con un dondolìo lento
implori, o voce d'oro,
nel cielo sonnolento.
Tra il cantico sonoro
il tuo tintinno squilla,
voce argentina - Adoro,
adoro - Dilla, dilla,
la nota d'oro - L'onda
pende dal ciel, tranquilla.
Ma voce più profonda
sotto l'amor rimbomba,
par che al desìo risponda:
la voce della tomba.
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    Scritta da: Marzia Ornofoli
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Sonetto alla libertà da Eleuteria

    Non che io ami i tuoi figli, i cui occhi vuoti
    Vedono solo l'ansia che li opprime
    e le cui menti nulla sanno, e nulla vogliono sapere...
    Ma il ruggito delle tue democrazie,
    i tuoi regni di terrore, le tue grandi anarchie
    Come il mare rispecchiano le mie passioni più selvagge
    Dando un fratello alla mia rabbia: libertà
    Soloper questo le tue urla sgraziate
    Mi sono gradite; altrimenti tutti i re potrebbero
    Togliere ogni diritto alle nazioni con le fruste
    Insanguinate o cannoni traditori, e io
    Resterei indifferente... Invece,
    Invece questi cristi ce muoiono sulle barricate,
    Dio sa che sono con loro in qualche cosa.
    Composta venerdì 31 luglio 2009
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      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Vivere

      Voglio dire, dormivo soltanto
      mi svegliai con una mosca sul gomito e
      chiamai la mosca Benny
      poi l'uccisi
      e poi m'alzai per guardare
      nella cassetta della posta
      e c'era una specie di avviso
      del governo
      ma siccome non c'era nessuno tra i cespugli
      con la baionetta
      lo stracciai
      e tornai a letto a guardare il soffitto
      e pensai: questo mi piace proprio,
      voglio starmene qui sdraiato per altri dieci minuti
      e rimasi lì sdraiato per altri dieci minuti
      e pensai:
      è assurdo, ho tante cose da fare
      ma voglio starmene qui sdraiato per un'altra
      mezz'ora
      e mi stirai
      mi stirai
      e guardai il sole tra le foglioline di un albero
      fuori, e mi vennero pensieri meravigliosi,
      non mi vennero pensieri immortali,
      e quello fu il momento migliore
      e cominciò a far caldo
      e buttai via le coperte e dormii -
      ma un sogno maledetto:
      ero ancora sul treno
      per le solite 5 ore di viaggio su e giù fino
      all'ippodromo,
      seduto accanto al finestrino,
      davanti al solito oceano malinconico, con la Cina laggiù che m'insinuava
      bizzarrie nel fondo del cervello,
      e poi qualcuno sedette accanto a me
      e parlò di cavalli
      una naftalina di parole che mi sventrarono
      come la morte, e poi ero là
      di nuovo: i cavalli che correvano come una cosa vista
      su uno schermo e i fantini pallidissimi in viso
      e non contava chi vinse
      alla fine e tutti lo sapevano,
      il viaggio di ritorno fatto in sogno era lo stesso
      della realtà:
      neri pesi di notte tutt'intorno
      alle stesse montagne vergognose
      d'essere là, e ancora il mare, ancora
      il treno come un gallo che passa la cruna
      d'un ago
      e mi toccò d'alzarmi per andare al gabinetto
      e non avevo voglia di andare al gabinetto
      perché qualcuno aveva gettato, qualche minchione aveva gettato della carta
      nel cesso, ingorgandolo di nuovo,
      e quando tornai fuori
      nessuno aveva altro da fare che guardare
      la mia faccia
      e io sono così stanco
      che lo sanno quando mi guardano in faccia
      che li
      odio
      e allora odiano me
      e vorrebbero ammazzarmi
      ma non lo fanno.
      Mi svegliai ma siccome non c'era nessuno
      vicino al letto
      per dirmi che
      sbagliavo
      dormii ancora
      un po'.
      Questa volta quando mi svegliai
      era quasi
      sera. La gente tornava dal lavoro.
      Mi alzai e sedetti su una seggiola a guardarli.
      Non avevano una gran bella cera.
      Anche le ragazzine non erano così attraenti come
      quando erano partite.
      E arrivarono gli uomini: sicari, assassini, ladri, truffatori,
      l'intero campionario, e i loro volti erano più orrendi
      di qualunque mascherone mai ideato.

      Trovai un ragno nell'angolo e l'uccisi
      con la scopa.

      Guardai la gente ancora per un po' e poi mi stancai e smisi
      di guardare e mi feci due uova fritte e sedetti a tavola
      con un pezzo di pane e annaffiai il tutto con un goccio di tè.

      Stavo bene.
      Poi feci un bagno e tornai
      a letto.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Vocali

        A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu:
        vocali,
        Dirò un giorno le vostre origini latenti:
        A nero busto irsuto delle mosche lucenti
        Che ronzano vicino a fetori crudeli,

        Golfi bui; E, candori di vapori e di tende,
        Lance di ghiacciai, bianchi re, brividi
        d'umbelle;
        I, sangue e sputi, porpore, riso di labbra
        belle
        Nella collera o nelle ebbrezze penitenti;

        U, fremiti divini di verdi mari, cicli,
        Pace di bestie al pascolo, pace di quelle
        rughe
        Che imprime alchìmia all'ampia fronte dello
        studioso;

        O, la superna Tromba piena di strani stridi,
        Silenzi visitati dagli Angeli e dai Mondi:
        - O, l'Omega, violetto raggio di quei Suoi
        Occhi!
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Amore della vita

          Io vedo i grandi alberi della sera
          che innalzano il cielo dei boulevards,
          le carrozze di Roma che alle tombe
          dell'Appia antica portano la luna.

          Tutto di noi gran tempo ebbe la morte.

          Pure, lunga la vita fu alla sera
          di sguardi ad ogni casa, e oltre il cielo,
          alle luci sorgenti ai campanili
          ai nomi azzurri delle insegne, il cuore
          mai più risponderà?

          Oh, tra i rami grondanti di case e cielo
          il cielo dei boulevards,
          cielo chiaro di rondini!

          O sera umana di noi raccolti
          uomini stanchi uomini buoni,
          il nostro dolce parlare
          nel mondo senza paura.

          Tornerà tornerà,
          d'un balzo il cuore
          desto
          avrà parole?
          Chiamerà le cose, le luci, i vivi?

          I morti, i vinti, chi li desterà?
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