Le migliori poesie inserite da Davide Bidin

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Scritta da: Davide Bidin

Canto dell'Emozione Concreta – Borla in un mattino di Gennaio

Mattina di gennaio
In un posto lontano
Tra alberi di noce truccati d'inverno
E brezza di erba appena tagliata
Ricolma di sapori dei campi

Mi ritrovo a pensare
Nella fredda aria di colle
Udendo il profumo di neve
Chi vorrei fosse con me
Quale anima mi renderebbe lieto?

M'agito scosso e ansioso
Nella smania d'un mattino
Mentre il cielo avvolgente
Indossa l'abito d'un nuovo sole
E io ragiono ispirato

Seduto sopra smeralda stesa
Guardo tutt'intorno sul prato
Immagino te
Anima affine che non sei qui
Eppur visibile tu

Parole
Nessuna di voi è celata
Parole
Ognuna di voi è amata
E non muore o viene incolpata

Poiché con te o anima mia
Di tutto io posso parlare
Ci sono e lo sai
Ci sarò se vuoi
E niente ci potrà separare

Sei qui nella selva d'Emilia
E mi guardi con dente sgargiante
Io ammicco e rido men poco
E tutto si fa emozionante
Il verbo non basta per noi

Lo sai cara anima
Non bisogna ascoltare
Un falso contendio
Di affettuosità deleteria
Basta il silenzio del gesto reale

Fossi tra mille interlocutori
Non accetterei smancerie
Amerei lo sai
Amerei se vuoi
Anche solo una risata con te

Preferirei vederti un solo istante
Nell'ora che viene
Piuttosto della costrizione
Al vivere vuoto
Ricolmo di sola poesia

Ma con questa pienezza
In questo momento
Di estro ed orgoglio
Ti dedico questa mia rima
Possa esser per te motivo di pianto

Una lacrima di umana follia
Che con te io getto nel cuore
L'emozione di questa goccia
Tienila stretta e quando ti serve
Riscalda il fiato e rendila canto.
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    Scritta da: Davide Bidin

    Resta te Stesso

    Bambino mio
    Rimani te stesso
    sii fedele a ciò che sei
    e non cambiare mai
    rimani stoico e permaloso
    non aprirti a nuove idee
    isolati dal mondo
    e non aver mai dubbi
    sarai una mirabile statuetta
    senza crepe o imabarazzanti
    scalfitture
    non ascoltare, né rispondere
    a chi ti guarda dal basso
    fissali sempre, credendo,
    (sperando)
    di aver ragione.
    ancorati alla forza della tua
    integrità.
    se non ti apprezzano,
    vorrà dire che son gelosi di questo aspetto
    vorrà dire che vorrebbero essere come te
    di marmo
    credici sul serio nella tua fronte bacata sozza di guano
    la verità è che in molti sono in piazza
    e han capito che le statue son ricordi
    di uomini contradditori e innamorati di questa verità
    che non si evince da nulla se non dal caos
    menti che non potevan rimanere attaccati
    all'uomo del giorno passato
    e
    spaventati voracemente dall'ombra del domani
    eppure risplendono immortali
    MA TU!
    bambino fedele ai tuoi ideali
    che non metti in discussione niente se non le idee degli altri
    rimani te stesso
    la mia risata si farà si tanto grande
    da scuotere l'altare su cui sei posto
    e in quella voragine cadrai nell'oblio
    degl'imbecilli
    che rimangono
    se stessi
    un nulla vorticoso
    un astratto ridicolo rigonfio di melma demente
    un niente.
    Composta mercoledì 16 febbraio 2011
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      Scritta da: Davide Bidin

      I Fiori

      Non so perché quella sera,
      fossero i troppi profumi del banchetto...
      irrequietezza della primavera...
      un'indefinita pesantezza
      mi gravava sul petto,
      un vuoto infinito mi sentivo nel cuore...
      ero stanco, avvilito, di malumore.
      Non so perché, io non avea mangiato,
      e pure sentendomi sazio come un re
      digiuno ero come un mendico,
      chi sa perché?
      Non avvevo preso parte
      alle allegre risate,
      ai parlar consueti
      degli amici gai o lieti,
      tutto m'era sembrato sconcio,
      tutto m'era parso osceno,
      non per un senso vano di moralità,
      che in me non c'è,
      e nessuno s'era curato di me,
      chi sa...
      O la sconcezza era in me...
      o c'era l'ultimo avanzo della purità.
      M'era, chi sa perché,
      sembrata quella sera
      terribilmente pesa
      la gamba
      che la buona vicina di destra
      teneva sulla mia
      fino dalla minestra.
      E in fondo...
      non era che una vecchia usanza,
      vecchia quanto il mondo.
      La vicina di sinistra,
      chi sa perché,
      non mi aveva assestato che un colpetto
      alla fine del pranzo, al caffè;
      e ficcatomi in bocca mezzo confetto
      s'era voltata in là,
      quasi volendo dire:
      "ah!, ci sei anche te".

      Quando tutti si furno alzati,
      e si furono sparpagliati
      negli angoli, pei vani delle finestre,
      sui divani
      di qualche romito salottino,
      io, non visto, scivolai nel giardino
      per prendere un po' d'aria.
      E subito mi parve d'essere liberato,
      la freschezza dell'aria
      irruppe nel mio petto
      risolutamente,
      e il mio petto si sentì sollevato
      dalla vaga e ignota pena
      dopo i molti profumi della cena.
      Bella sera luminosa!
      Fresca, di primavera.
      Pura e serena.
      Milioni di stelle
      sembravano sorridere amorose
      dal firmamento
      quasi un'immane cupola d'argento.
      Come mi sentivo contento!
      Ampie, robuste piante
      dall'ombre generose,
      sotto voi passeggiare,
      sotto la vostra sana protezione
      obliare,
      ritrovare i nostri pensieri più cari,
      sognare casti ideali,
      sperare, sperare,
      dimenticare tutti i mali del mondo,
      degli uomini,
      peccati e debolezze, miserie, viltà,
      tutte le nefandezze;
      tra voi fiori sorridere,
      tra i vostri profumi soavi,
      angelica carezza di frescura,
      esseri pura della natura.
      Oh! com'è bello
      sentirsi libero cittadino
      solo,
      nel cuore di un giardino.
      -Zz... Zz
      -Che c'è?
      -Zz... Zz...
      -Chi è?
      M'avvicinai donde veniva il segnale,
      all'angolo del viale
      una rosa voluminosa
      si spampanava sulle spalle
      in maniera scandalosa il décolletè.
      -Non dico mica a te.
      Fo cenno a quel gruppo di bocciuoli
      che son sulla spalliera,
      ma non vale la pena.
      Magri affari stasera,
      questi bravi figliuoli
      non sono in vena.
      -Ma tu chi sei? Che fai?
      -Bella, sono una rosa,
      non m'hai ancora veduta?
      Sono una rosa e faccio la prostituta.
      -Te?
      -Io, sì, che male c'è?
      -Una rosa!
      -Una rosa, perché?
      All'angolo del viale
      aspetto per guadagnarmi il pane,
      fo qualcosa di male?
      -Oh!
      -Che diavolo ti piglia?
      Credi che sien migliori,
      i fiori,
      in seno alla famiglia?
      Voltati, dietro a te,
      lo vedi quel cespuglio
      di quattro personcine,
      due grandi e due bambine?
      Due rose e due bocciuoli?
      Sono il padre, la madre, coi figlioli.
      Se la intendono... e bene,
      tra fratello e sorella,
      il padre se la fa colla figliola,
      la madre col figliolo...
      Che cara famigliola!
      È ancor miglior partito
      farsi pagar l'amore
      a ore,
      che farsi maltrattare
      da un porco di marito.
      Quell'oca dell'ortensia,
      senza nessun costrutto,
      fa sì finir tutto
      da quel coglione del girasole.
      Vedi quei due garofani
      al canto della strada?
      Come sono eleganti!
      Campano alle spalle delle loro amanti
      che fanno la puttana
      come me.
      -Oh! Oh!
      - Oh! ciel che casi strani,
      due garofani ruffiani.
      E lo vedi quel giglio,
      lì, al ceppo di quel tiglio?
      Che arietta ingenua e casta!
      Ah! Ah! Lo vedi? È un pederasta.
      -No! No! Non più! Basta
      -Mio caro, e ci posso far qualcosa
      io,
      se il giglio è pederasta,
      se puttana è la rosa?
      -Anche voi!
      -Che maraviglia!
      Lesbica è la vaniglia.
      E il narciso, quello specchio di candore,
      si masturba quando è in petto alle signore.
      -Anche voi!
      Candidi, azzurri, rosei,
      vellutati, profumati fiori...
      -E la violaciocca,
      fa certi lavoretti con la bocca...
      -Nell'ora sì fugace che v'è data...
      -E la medesima violetta,
      beghina d'ogni fiore?
      fa lunghe processioni di devozione
      al Signore,
      poi... all'ombra dell'erbetta,
      vedessi cosa mostra al ciclamino...
      povero lilli,
      è la più gran vergogna
      corrompere un bambino
      -misero pasto delle passioni.
      Levai la testa al cielo
      per trovare un respiro,
      mi sembrò dalle stelle pungermi
      malefici bisbigli,
      e il firmamento mi cadesse addosso
      come coltre di spilli.
      Prono mi gettai sulla terra
      bussando con tutto il corpo affranto:
      -Basta! Basta!
      Ho paura.
      Dio,
      abbi pietà dell'ultimo tuo figlio.
      Aprimi un nascondiglio
      fuori della natura!
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        Scritta da: Davide Bidin

        Il Dolore del Vincitore

        Trattenere in pugno i frutti di una vita
        varcare la soglia verso l'infinito
        difficilmente permette di sciogliere le dita
        può abbaggliar tutto ciò che nel tempo hai appreso
        ma c'è sincera estasi nello scoprire
        apparire con eccesso morale
        così come essere, altro non è, che sembrare
        riuscire a distaccare la propria coscienza
        percepire come in un occhio
        attraverso nuova, stupenda ignoranza
        il mondo si scopre, le luci, poi, vorticano
        Il tuo cruccio rosso olandese
        vedere le cose come dovrebbero essere
        lodare il mondo col male che mente
        e dalla collera, fin nella pazzia
        vivere il colore, cambiare il nero col blu
        per chi l'ammira insistente, malattia del vivente
        lottare per essere Vincente.
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          Scritta da: Davide Bidin

          Comare Coletta

          "Saltella e balletta
          comare Coletta!
          Saltella e balletta!"

          Smagrita, ricurva, la piccola vecchia
          girando le strade saltella e balletta.
          Si ferma la gente a guardarla,
          di rado taluno le getta denaro;
          saltella più lesta la vecchia al tintinno,
          ringrazia provandosi ancora
          di reggere alla piroetta.
          Talvolta ella cade fra il lazzo e le risa:
          nessuno le porge la mano.

          "Saltella e balletta
          comare Coletta!
          Saltella e balletta!"

          – La tua parrucchina, comare Coletta,
          ti perde il capecchio!
          – E il bel mazzolino, comare Coletta,
          di fiori assai freschi!
          – Ancora non hanno lasciato cadere
          il vivo scarlatto.
          – Ricordan quei fiori, comare Coletta,
          gli antichi splendori?
          – Danzavi nel mezzo ai ripalchi,
          n'è vero, comare Coletta?
          Danzavi vestita di luci, cosparsa di gemme,
          E solo coperta di sguardi malefici, vero?
          – Ricordi le luci, le gemme?
          – Le vesti smaglianti?
          – Ricordi gli sguardi?
          – Ricordi il tuo sozzo peccato?
          – Vecchiaccia d'inferno,
          tu sei maledetta.

          "Saltella e balletta
          comare Coletta!
          Saltella e balletta!"

          Ricurva, sciancata,
          provandosi ancora di reggere alla piroetta,
          s'aggira per fame la vecchia fangosa;
          trascina la logora veste pendente a brandelli,
          le cade a pennecchi di capo il capecchio
          fra il lazzo e le risa,
          la rabbia le serra la bocca
          di rughe ormai fossa bavosa.
          E ancora un mazzetto
          di fiori scarlatti
          le ride sul petto.

          "Saltella e balletta
          comare Coletta!
          Saltella e balletta"
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            Scritta da: Davide Bidin

            Milano in una mattina di Febbraio

            Ora piove
            mattina di metà febbraio,
            Milano sembra più
            sincera
            quando fuori piange
            si sente la scalma
            dei rinnegati
            farsi largo timida,
            gioca crepitante su un oceano
            di attese incolpe
            e aspetta placida
            il lungo passaggio
            nel nessun dove.
            La città grigia e umida
            cita Marinetti nei rumori freschi
            del mattino
            la neve, ormai, si scioglie
            nell'acqua di pozza
            il rivolo rimpolpa la siepe
            il sapore di tranquilla rivolta
            di una vita che non si ripete
            e che ha bisogno di adeguarsi.
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