Il suo sorriso era accompagnato da un'espressione di dolore, sembrava le costasse la più grande fatica del mondo compiere quel gesto. Poggiai delicatamente la mano sul suo viso, come a volerle togliere quella sofferenza, darle una base su cui fare affidamento, dirle che non doveva precipitare nel buio come i suoi occhi, sempre più lontani.
Diventava via via più assente, si smarriva tra le tenebre, aveva perso ogni briciolo di energia. Non lottava, si faceva trascinare a fondo, inerme. Presi il suo volto tra le mie mani, la chiamavo, la tenevo stretta alla vita, cercavo di salvarla. Non reagiva, si stava arrendendo. Non ce la faceva più ad essere forte. Dischiudeva le labbra ma la voce non usciva, anche lei rapita dal vuoto che la stava devastando dall'interno. Le aveva divorato il cuore, rubato ogni emozione e sensazione. Si stava prendendo tutto di lei, lì, tra le mie mani. Agii d'impulso. La strinsi al mio petto, con l'orecchio posto sopra il mio cuore che le sussurrava "Sono tuo" e si donava completamente a lei. Attesi che il battito forte e regolare colmasse quel vuoto insaziabile. "Non ti farò cadere" le sussurrai, e lei, con un tocco ancora debole, poggiò una mano su di me. "Non ti farò cadere" ripetei.
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