Scritto da: Tonino Valeriani

A mio nonno


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...dai grandi mezzi sbuffanti e, come un attenta coreografia, correvano fra di loro e si disponevano in una lunga fila di fronte alla casa. Parlavano poco e, di tanto in tanto, qualcuno di loro gridava verso il grande portone e poi avanzavano, avanzavano come uno stormo di corvi affamati, sul grano quando era maturo, una sottile linea scura che, sembrava, oscurasse la bellezza del mezzogiorno. Le donne uscivano silenziosamente sulla soglia, trattenendo le lacrime che non avevano altro sfogo, si fermavano ed aspettavano che urlassero il loro comando, che le loro mani restassero lontane dalle loro. Non capivano nulla di quello che veniva detto e non sapevano dare risposte a quelle che non erano domande, erano istruire a condurli nelle cantine e nel granaio e loro prendevano qualsiasi cosa trovassero, nel pollaio, dove poche e magre galline razzolavano inconsapevoli, ed alla conigliera dove l'ultima nidiata non era grande più di un pugno. E la speranza era sempre la stessa, che la razzia fosse stata soddisfacente, che non cercassero il loro dispiacere, che la ricerca degli uomini restasse infruttuosa. Distruggevano e spaccavano, cercando disperatamente tracce della presenza dei mariti e dei figli, scavavano per trovare botole e rifugi. La battaglia non ... [segue »]

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