A mio nonno
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Era il compendio di ogni giorno. Dopo aver attraversato per la centesima volta ogni umida zolla dei campi. Aver rovinato i piccoli germogli dei giovani alberi da frutto, spuntati col primo sole, aver corso a perdifiato intorno al nulla, alla fine del giorno, comunque, eravamo là.
Quella grande stanza, le credenze dal legno scuro e scrostato ed il tavolo enorme, sempre troppo alto per guardare oltre e sempre troppo largo per toccarci fra di noi. Ed in fondo, quasi fosse un'altra parete di quella stanza, vivido alla luce di sparute lampade e spaventoso quando alte si levavano le lingue del fuoco, racchiuso tra pietra affumicata e mattoni scheggiati, il grande camino.
Non ero tanto bravo da conoscere numeri e lettere, i grandi spazi all'esterno erano un amore troppo grande per pensare ad altro e, del resto, a nessuno sembrava importasse diventassi grande in fretta.
Ma una cosa mi era limpida e chiara, ogni giorno. Quando il profilo di mio nonno si stagliava contro le crepitanti fiamme, quando le sue consumate mani accendevano la consumata pipa, era il mio momento. Prendevo il cuscino rosso e mi accoccolavo al suo fianco, quasi senza paura tra di lui ed il fuoco, e attendevo ... [segue »]
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