Sto ricucendo le mie ore dietro una finestra; il vetro sembra la soglia di una nuova identità. Viaggio. Sfumature di contorni e qualche goccia di una stanca pioggia segnano le fermate dell'ansia. Il mio respiro inizia a correre mentre sfoca ogni immagine oltre il vetro. Inizia il sogno.
Ho sognato che eravamo io e te e c'erano anche i nostri occhi, sì, gli occhi; poi, ricordo che sono apparse le mani come carezze dirette dagli occhi. Questi occhi sembrava fossero direttori d'orchestra e nell'armonia sentivo un suono, un ritmo, si, un crescendo di percezioni... sospiri. Ricordo, ancora, che i sospiri conducevano la dolcezza delle carezze come petali sfiorati dal vento e, poi, ricordo un divenire di colori in un susseguirsi di intensità: luce nella luce. Le parole delle labbra scandivano sintonie celebrali come fossero fiocchi di neve in un inverno di sole.
Scrivo e leggo, leggo e scrivo. Le emozioni spingono la mia penna e muovono i miei arti. Più scrivo e più voglio scrivere; il mio cervello sembra non volersi fermare e il mio cuore continua a dettare. Mi rivedo in questi righi larghi, paralleli: in ogni rigo sono sempre io ma ogni rigo è, anche, un me diverso. Scrivere è parlare e parlarsi.
"Quando un'anima ti stringe il cuore è perché ha colto il tuo senso". "Il mio senso?" - chiedevo tra me e me. "Si" - rispose - "e risiederà per sempre in te".
Perché non è quello che noi diamo a noi stessi ma quello che noi diamo agli altri a renderci immortali, quella verità di proporsi per costruire e non per mascherare, quella verità che è ciò che noi possiamo dare agli altri e gli altri possono dare a noi. Insieme.
Ci si sveglia con le emozioni dentro perché queste non dormono mai. Se l'emozione si assopisse, finirebbero sia i sogni che gli incubi. Gli incubi sono quella parte dei sogni in cui l'emozione non capisce chi sei.