Scrittore, filosofo, educatore e attivista sociale , nato martedì 9 settembre 1828 a Jasnaja Poljana (Federazione Russa), morto domenica 20 novembre 1910 a Lev Tolstoj (Federazione Russa)
Il padre e il professore erano tutt'e due scontenti di Sereza, e infatti il ragazzo studiava male. Ma non si poteva dire che fosse poco intelligente. Al contrario, era più intelligente di tutti quei ragazzi che il professore gli portava ad esempio. Ma non poteva imparare quel che gl'insegnavano perché nella sua anima c'erano bisogni differenti da quelli che supponevano i suoi maestri. Aveva nove anni, era ancora un bambino, ma conosceva la sua anima e la proteggeva come la palpebra protegge l'occhio, e non vi lascia entrare nessuno che non avesse la chiave dell'amore. I maestri si lamentavano che non volesse studiare, ma la sua anima era assetata di sapere. E imparava da Kapitonyc, dalla bambinaia, da Nadenka, da Vasilij, e non dai maestri.
L'allegria e la tenerezza che brillavano negli occhi di Sereza si spensero sotto lo sguardo del padre, e il bambino chinò il capo. Il padre prendeva con lui sempre quello steso tono che Sereza ben conosceva e che aveva anche imparato a imitare: gli parlava - così sembrava a Sereza - come se si fosse rivolto a uno di quei ragazzi immaginari che si trovano nei libri e che non somigliano ai veri ragazzi. E Sereza si sforzava, quand'era col padre, di parere uno di quei ragazzi dei libri.
Karenin, come la contessa, come tutti coloro che seguivano queste dottrine, era privo di quella profondità di pensiero che obbliga a cercare nella realtà una base alle proprie certezze, sicché non trovava nulla d'inverosimile a che la morte esistesse per i miscredenti, ma non per lui, e che il peccato non esistesse per chi ha fede, e che quindi egli potesse essere sicuro fino da questa vita della salvezza dell'anima sua nell'altra.
- Gli intriganti hanno sempre bisogno di inventare un partito pericoloso. È un vecchio gioco. No, ci vuole al governo un partito di persone indipendenti come te e me. - Ma perché poi? - Vronskij nominò alcuni personaggi importanti - Questi non sono mica indipendenti? - Non lo sono perché non hanno avuto fin dalla nascita l'indipendenza materiale e non sonon vissuti accanto al sole come noi. Questi si possono comprare col denaro o con gli onori. E per mantenersi al potere essi debbono crearsi una linea da seguire, nella quale essi medesimi non credono e che è nociva: ma è il solo mezzo che abbiano per ottenere una casa dello Stato e un lauto stipendio. Cela n'est pas plus fin que ca, quando guardi il loro giuoco. Forse io sono più stupido di loro benché non veda perché dovrei essere più stupido di loro. Ma io e te abbiamo un vantaggio su di loro: cioè, è più difficile comprarci. E perciò uomini come noi sono necessari.
- Basta guardarvi e si pensa: ecco una donna che può essere felice o infelice ma che non si annoia. Insegnatemi come fate - Non faccio nulla - rispose Anna arrossendo a quelle domande insistenti. - È il modo migliore - disse Stremov entrando nel discorso.
Ma in lei c'era qualcosa che la metteva al di sopra del suo ambiente: in lei c'era lo splendore di un brillante autentico in mezzo a brillanti falsi. Questo splendore le veniva dagli occhi bellissimi e veramente misteriosi. Lo sguardo stanco e nello stesso tempo appassionato di quegli occhi colpiva per la sua assoluta schiettezza. Guardandola negli occhi pareva di leggere nella sua anima, e conoscerla significava amarla.
"Perché parla francese coi suoi figli?" Pensava. "È una cosa poco naturale e falsa! E i ragazzi lo sentono. Imparano il francese e disimparano la sincerità".
I ragazzi conoscevano poco Levin, non si ricordavano quando l'avevano veduto, ma non dimostravano verso di lui quel senso di timidezza e di ostilità che spesso i bambini provano per le persone grandi le quali si credono in dovere di fingere un'affettuosità che non sentono. Questa finzione può ingannare un uomo intelligente, ma non inganna il più sciocco bambino che subito la riconosce, per quanto sia nascosta, e ne prova disgusto.
Levin riguardava il fratello come un uomo di vastissima intelligenza e di vastissima cultura, di una nobiltà di propositi eccezionale; ma nel profondo dell'anima, via via che avanzava negli anni e lo conosceva meglio, cominciava a dubitare che quelle stesse sue qualità fossero un ostacolo alla semplice comprensione della vita. Osservava che Sergej, come molti altri che spiegavano la loro attività per il bene generale, non era portato a questo per sentimento, ma soltanto per ragionamento, e riguardava le questioni del bene dell'umanità e dell'immortalità dell'anima come si riguarda una partita a scacchi o il funzionamento ingegnoso di una nuova macchina.