Scritta da: Omar Montecchiani
in Frasi & Aforismi (Filosofia)
La parola è una metafora del corpo, e il corpo è la forma del nostro essere in relazione con il mondo.
Composta lunedì 19 ottobre 2015
La parola è una metafora del corpo, e il corpo è la forma del nostro essere in relazione con il mondo.
Le parole sono come il vento, tutti le sanno usare. Affermare ciò che viene detto, solo in pochi sanno e solo essi sapranno come dimostrarlo.
Viviamo come uccelli in cerca di cibo che ignorano da dove proviene, cerchiamo la luce senza conoscerne la fonte.
Ognuno deve compiere il viaggio attraversando il proprio "io" e deve prenderlo per mano per camminare insieme al "noi".
L'ambiguità è la separazione da se stessi e dagli altri nella propria dualità d'esistere.
La nostra inquietudine e il nostro continuo inappagamento derivano dal fatto che noi siamo infinito costretti a vivere in una dimensione finita.
Lasciate stare l'ordine se la vostra mente è disordinata. Portate anzi il vostro disordine fuori, esponetelo perché è ciò che vi rappresenta. Pensateci. L'ordine ci rende tutti uguali perché per essere tale sottostà a delle regole. Ci potrebbero anche essere diversi tipi di ordine, di organizzazione, ma il loro numero è comunque limitato mentre ognuno di noi è diverso e io ne ho viste di persone ordinate dalla mente e dai valori disordinati. Fate ordine nella vostra mente piuttosto, nei vostri valori, nelle vostre opinioni e finite di organizzare ogni attimo, di ordinare i fogli e le matite secondo un determinato allineamento o prospettiva di luce. Allineate e date luce a ciò che vi disorganizza l'anima. Un'anima pulita e stirata fa più colpo di una camicia ben abbottonata.
Ogni tipologia di emozione è destinata ad una collisione, dalla quale si generano dei pigmenti brillanti come le stelle del firmamento. Tali pigmenti concedono una luce, secondo la misura di conoscenza che può portare con sé un essere vivente che sembra non essere mai abbastanza luminosa per illuminare il viaggio degli uomini, così come la fioca luce dall'irraggiungibile parvenza, concessa dalle stelle che per qualche disegno celato continueranno a splendere. Il mio intento è di rassicurarti, di non temere poiché la tua condanna è di provare emozioni fino alla fine delle tue stagioni, in questa sfera geometrica, scrigno di umane convinzioni e di mutabili vittorie, di rancori e di commiserazioni, il riflesso del cuore umano.
Prendiamo ad esempio i pezzi di un puzzle. Uno può pensare che per sentirsi intero debba incastrarsi con qualcun altro, ma guardiamo bene come sono fatti questi pezzi. Per incastrarsi ognuno deve già avere determinate caratteristiche (quelli che erroneamente definiamo vuoti) e l'altro non serve a colmare una mancanza, ma ad evidenziare qualcosa che già c'è. A differenza di un puzzle, però, una persona consapevole preserva ciò che ha scoperto di sé, anche qualora l'altro venisse a mancare. Così ci si conosce e incontra, e incastra, per apprendere qualcosa, soprattutto su noi stessi e senza dipendere dall'altro. Indipendenza, poi, non vuol dire abbandono, perché se uno scopre che ha dentro una risorsa non ha più senso andare a cercare altrove. Resta dov'è e moltiplica l'esperienza con chi resta.
Quella umana è l'unica specie che può concludere il rituale d'accoppiamento guardandosi negli occhi. Se l'evoluzione ha portato a questa possibilità, la ragione potrebbe essere nel bisogno di una comunicazione diadica, non presente nelle altre specie. Alle volte penso abbiamo perso il senso che ha portato ad evolverci in un modo tanto eccezionale.