Siamo figli delle nostre città perché somigliamo al luogo in cui viviamo, da cui assimiliamo la cultura, il linguaggio, i gesti e le paure, le gioie e gli orgogli. Onoriamo e malediciamo quotidianamente la nostra città, e il nostro cuore assume le sembianze della vasta piazza principale.
Hai presente il timore di essere disattesi, invisibili, in una società dove si corre molto, una società sporadicamente soffermata sulle necessità altrui? Non temere, poiché la creazione attende le sue creature, dalla nascita fino alla morte.
Chi ha conosciuto la coscienza e gli angoli oscuri del mondo e di sé, finisce per invidiare l'incosciente, più forte delle sue illusioni. La disillusione è una tenera debolezza.
La metafora del viaggio viene di solito utilizzata per rappresentare il senso poetico della vita. Ogni scelta, più o meno ricercata, comporta un'azione favorevole o contraria, annessa al nostro idealizzato senso di marcia, ad esempio: il tuo treno, si ferma, riparte dopo qualche ora, e durante l'attesa ti poni svariate domande, aspettando che venga risanato qualche guasto. L'impazienza lega i tuoi pensieri, ma ripartirai soltanto quando sarai pronto per farlo. Anche la non scelta è una scelta, che può farti restare a bordo affidando la tua vita, personalità ad un destino, o ad altri individui. L'incertezza è nella destinazione, nei progetti, la certezza è che non siamo soli, poiché abbiamo sempre una compagnia più o meno piacevole, presente nel nostro viaggio e che la solitudine è quindi un'utopia.
Gli stereotipi inibiscono l'intelletto e la facoltà di pensiero.
Il genio è surreale, si illumina nella notte più soleggiata, come il più mercificato dei sogni.
La notte ha i suoi fantasmi, il giorno le sue vittime.
Dio ci ha donato un paradiso chiamato terra, poi ci abbiamo pensato noi a creare un inferno.
Se non stai bene con te stesso gli altri non potranno esserti d'aiuto in nessun modo. È come pretendere che il sole brilli di luce riflessa.
Nulla finisce, semplicemente si trasforma. Ed è la mancata accettazione di questo divenire universale che noi sogliamo chiamare "fine".