Scritta da: Edvania Paes
in Frasi & Aforismi (Paradiso & Inferno)
Solo chi sa volare veramente può conoscere il paradiso.
Composta venerdì 31 agosto 2012
Trovi qui una raccolta tutta da leggere di frasi, aforismi e citazioni sul paradiso e l'inferno, i due punti di vista del bene e male messi a confronto dai grandi artisti e storici. E che voi lo chiamiate regno dei cieli o degli inferi, troverete comunque qui le parole giuste.
Solo chi sa volare veramente può conoscere il paradiso.
A chi mi dice che l'inferno e il diavolo non esistono, rispondo che su questo maledetto pianeta fa sempre più caldo e che per andare d'accordo con certe persone bisogna proprio vendere l'anima!
Lei vede i demoni, io abito all'Inferno. Lei brucia nel fuoco, io riemergo dalle ceneri per morire ancora. Lei decide di farla finita, io già sto sottoterra.
Se per qualcuno oggi sei la pace e domani l'inferno, per quel qualcuno in verità non sei mai stato niente. Perché il vero bene varca le porte dell'inferno per prenderti e portarti in paradiso.
Che nel Cielo vi siano per te pozze di burro e fiumi di miele, di liquori, di latte, di acqua e di panna.
Che quei fiumi, gonfi di dolce sciroppo, scorrano per te nel mondo celeste, e che laghi di loto ti circondino da ogni parte.
C'è tanta gente malata ed esausta che, generalmente, il paradiso è concepito come un luogo di riposo.
Il commercio con gli angeli mi ha reso noto che i ricchi vanno in cielo con la stessa facilità dei poveri, nessuno vi è escluso a causa della sua ricchezza, nessuno vi è ammesso in ragione della sua povertà. I ricchi in cielo vivono più di tutti gli altri nell'opulenza, alcuni abitano in palazzi risplendenti d'oro e d'argento e possiedono in smisurata abbondanza quanto serve alla vita.
L'inferno è la patria dell'irreale e di chi cerca la felicità. È un rifugio per chi rifugge dal cielo, che è la patria dei padroni della realtà, e per chi rifugge dalla terra, che è la patria degli schiavi della realtà.
Avevo un vecchio zio che ragionava in modo lineare. Una volta mi fermò per strada e mi chiese: "Sai come il diavolo tormenta i reprobi?" Alla mia risposta negativa disse: "Li fa aspettare." E ciò detto, proseguì il cammino.
Quando siamo bambini l'inferno non è altro che il nome del diavolo sulla bocca dei nostri genitori. Poi questa nozione si complica, e allora ci rigiriamo nel letto nelle interminabili notti dell'adolescenza, cercando di spegnere le fiamme che ci bruciano, le fiamme dell'immaginazione. Più tardi, quando non ci guardiamo più allo specchio perché i nostri volti cominciano ad assomigliare a quello del diavolo, la nozione dell'inferno si trasforma in un piumone intellettuale e allora, per sottrarci a tanta angoscia, ci mettiamo a descriverlo. Giunti alla vecchiaia l'inferno è così alla portata di mano che l'accettiamo come un male necessario e lasciamo persino scorgere la nostra ansia di patirlo. Ancora più tardi, e adesso sì che siamo tra le sue fiamme, mentre bruciamo cominciamo a intuire che forse potremmo acclimatarci. Passati mille anni un diavolo ci chiede, con aria di circostanza, se soffriamo ancora; gli rispondiamo che l'abitudine ha una parte ben maggiore della sofferenza. Alla fine arriva il giorno in cui potremmo abbandonare l'inferno, ma rifiutiamo fermamente tale offerta. Chi rinuncia infatti a una cara abitudine?