Vorrei un abbraccio che mi faccia sentire protetta, perché da sola non ce la faccio, non ne sono capace.
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Vorrei un abbraccio che mi faccia sentire protetta, perché da sola non ce la faccio, non ne sono capace.
E adesso tra le mani solo la voglia di farcela.
"Io voglio che stravedi, Ila."
*Silenzio, sguardo in alto. *
[...]
"Ma solo per te stessa."
Ogni tanto vorrei strapparmi cuore, tenerezza e sensibilità.
- Tu impazzisci per le parole.
- Io impazzisco di dolore se le dovessi prendere terribilmente sul serio.
Mi è sempre piaciuto il tuo modo di parlare. Parli e non mi stanco mai di ascoltarti. La tua voce, quella che non mi stanca. Quel tuo modo di pronunciare il mio nome, sicuramente lo noto solo io. Ed io, io noto tutto di te. Sapessi il freddo che ho per tutti quegli abbracci non ricevuti da parte tua.
Sei rimasto intrappolato nella parte più bella di me, tra la luce del giorno e quella notturna, tra la polvere e tra le mie notti implorando Dio. Brilli anche quando non guardo il mio cielo come tetto.
Mi abituo a tutto; con il tempo ho iniziato a pensare di essere "forte", che è una parola strana se la immagino associata al mio volto, ma davvero: con il tempo ho iniziato a ritenermi più resistente agli urti di quanto mi avessero insegnato due o tre persone in passato. Però. Però c'è qualcosa a cui non riesco a rassagnarmi, qualcosa che davvero non so come affrontare: l'incertezza. La lenta agonia del non sapere. O di sapere a metà. O di sapere per sentito dire, per sbaglio. Il dover aspettare, perché anche se faccio domande al momento non esistono risposte e così sarà per un altro po' di tempo. L'incertezza mi distrugge più del dolore, più del male; mi ingombra, si impossessa di me e non lascia spazio a nient'altro. Si ruba le mie sfumature, la mia resistenza, il mio amore e mi lascia indifferente di fronte alla mia vita. È assurdo pensare che talvolta per me conti soltanto quello che non so, quello che non posso sapere, quello che non posso avere. Forse. Non ancora. Di quello che so, di quello che ho, di quello che mi resta non me ne frega niente, a volte, e non esiste tristezza più insistente di questa. Non per me.
Passi buona parte della tua vita a pensare di dover cambiare, poi arrivi ad un certo punto e capisci che il difficile (e il bello) è proprio rimanere come sei. Difendere quella piccola luce con le unghie e con i denti, o con le parole gentili che sai tu.
Ci sono giornate in cui penso che vorrei non esistessero questi fiumi di incomprensioni e risposte a metà.