Le migliori poesie di Davide Bidin

Studente, nato lunedì 23 luglio 1990 a Milano (Italia)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi e in Racconti.

Scritta da: Davide Bidin

Il vento e il fumo

L'aspro fumo cinereo
Correva nel vento
Corvino
Il volto di un bambino
Il viso di nessuno

Il fumo costante danzava
e ancora il vento
Corvino
Abbatte i piè dell'uomo
i talloni del diniego

Sempre il fumo lezzoso
Vola nel vento
Corvino
l'anziano spazza lontano
Fin dove Mnemosine giace

Sempre lo stesso il vento
Che ogni giorno incontri
Ogni giorno ammiri
In quella candida uguaglianza
Ch'è fumo e nulla.
Davide Bidin
Composta domenica 6 dicembre 2009
Vota la poesia: Commenta
    Scritta da: Davide Bidin

    Miracolo Estatico

    Cangianti lembi azzurri
    Ammiro nel bagliore
    Di mille candele
    Anche tra la nebbia più greve
    Nulla non mi farebbe vedere

    Il tuo sguardo

    Ciò che rende... te
    Le parole non posson definire
    Ciò che un'emozione... sola
    Può far capire
    Il mare in cui mi trovo è tuo

    Il tuo azzurro

    Qualcosa di eterno
    Nella sua fragile essenza
    Il piacere ch'è semplice
    Provo in quest'attimo di estasi
    Contemplo l'infinito

    Le tue stelle

    Rispecchiano il mio tetro volto
    Ch'è immobile impietrito
    è rivolto solo a te
    Con la titubante accettazione
    Dell'omonimo innamorato

    Quando mi getto
    Negli occhi tuoi
    Anche il Destino m'invidia
    Non può veder
    La magia che da te

    Si fa sorgente pel mio dolente cuore

    i tuoi miracoli d'amore.
    Davide Bidin
    Composta venerdì 18 dicembre 2009
    Vota la poesia: Commenta
      Scritta da: Davide Bidin

      La Ballata Dell'Ironico Recluso

      A me interessa derider voi cretini
      quando sento il vostro vociferare
      l'indignazione delle vostre ferite
      il lascito crepuscolare di cose
      che voi non capite

      Ridere della morte e della sua paura
      della prefettura e della clericazia
      della morale che grida stuprata
      dei feti buttati tra i prati
      delle piante a cinque punte recluse per esser nate

      Io rido, mi diverto, sorrido e derido
      Se domani dovessi morir per uno sparo
      con cancro o per un incidente
      riderei col mio spettro sulla tomba
      scritta sulla lapide marmorea "cazzo ti guardi?"

      Aspetterò con corna d'orate o l'ali rattoppate
      Voi che passando mi guarderete disgustati
      "un cimitero con queste scritte ma che schifo"
      Poi un giorno un bambino, un uomo nuovo
      camminando riderà come uno stitico.
      Davide Bidin
      Composta mercoledì 2 giugno 2010
      Vota la poesia: Commenta
        Scritta da: Davide Bidin
        Come puoi star solo?
        In questo mondo che vomita in volto
        sbuffate d'esistenza avariata
        Come puoi star solo?
        mentre
        corri in cerca di quell'anfratto che chiamiamo
        serenità
        eppure ci rendiam conto della
        "gutturale inefficienza"
        del nostro desiderio
        siam sempre soli eppure
        in quest'epoca di unitarietà globale
        rigurgitante personalità sparse
        ed aspre
        che non ci appartengono
        di inutili amene convinzioni
        marcescenti
        chi può davvero ritenersi solo?
        io mi sento solo
        certe volte
        quando sono in casa chiuso
        dove
        a malapena odo i rumori assordanti
        e inconcludenti provenienti dal mondo
        e m'isolo lieto a scrivere farse
        ugualmente inconcludenti
        su persone che son davvero sole
        dentro me soltanto
        senza aspettarmi un saluto
        un ringraziamento
        o una flebile parola
        solo allora son solo
        solo allora
        ma voi
        tutti gli altri
        e me
        come possono definirsi soli?
        basta accendere uno schermo invisibile
        per capire che tutta la merda che addosso ti cala
        tutto il liquame eruttato da coloro che non vogliono esser soli
        a cui schifa questa baluginante essenza,
        la merda da cui traggo giovamento
        non è altro che niente trasfigurante
        e allora son solo
        l'unico motivo per cui esco ancora di casa
        e capire quanto poco le persone
        han da dire
        e quanto, al contrario
        io ho da dire su loro.
        Davide Bidin
        Vota la poesia: Commenta
          Scritta da: Davide Bidin

          Ciò che non Appare

          Odore di gelsomino
          Spruzzata d'olio tra i carruggi
          Pozzanghere mezze piene sui cigli delle strade
          Sprazzi di nubi che muovon il vento

          Il sole che fa capolino aldilà del monte
          Mentre il mare saluta la sera con l'onde
          Il sale incalza tremante le ultime anime attardate
          Venere abbaglia come luna novella

          Cammino ancora tra le vie scoscese
          Cercando invano un motivo
          Che mi porti sulla strada principale
          e mi perdo nascosto in quel portone

          Mi fermo a terra, lo spettro sulla spalla
          Un po' di fumo dalla bocca
          Rende tutto più eloquente
          i marmi sul terreno abbagliano come polvere di stelle

          e una ragazza dai capelli paglierino s'avvicina
          Girato l'angolo da due passi e mi guarda col sorriso
          è giunta anche lei su quel portone e io a terra seduto
          Mi passa accanto e torna tra i carruggi della sera.
          Davide Bidin
          Composta sabato 17 aprile 2010
          Vota la poesia: Commenta
            Scritta da: Davide Bidin

            Requiescat In Pace

            Ho letto troppe tombe
            Per riposare in pace
            Per tacere
            Mentre fuori ancora
            Piove

            Ho letto troppe lapidi
            Con inciso il loro nome
            Per capire che il mondo
            Non rimane
            Alla sola indignazione

            Son stato al patibolo
            Ricordo i nomi
            Gridati dai corpi esposti
            Distrutti e depredati
            Trangugiati

            c'era un ragazzo che camminava
            Perché la cosa giusta non è mai fermarsi
            Aveva uno spettro
            Quello del cambiamento
            Che con la mano sul ventre l'accarezzava

            c'era un Intelletuale che sapeva
            Ma la conoscenza come ogni cosa
            Se è troppo concentrata
            Va purgata
            La penna ferisce ma non uccide

            c'era un Generale che combatteva
            Non per fierezza né potere
            Ma per guardar negl'occhi i figli
            l'hanno ammazzato
            Perché le lacrime non hanno onore?

            C'era un Credente che predicava
            Una politica d'unione
            Uno stato non di croci ma di cuori
            Ma gli stolti non han bandiera
            Soprattutto i burattini

            c'eran due Compari a caccia di lupini
            Portaron la primavera
            Quando il gelo ghiacciava il sole
            Speranza nel domani
            Vivran sulle nostre gambe

            Ci son tante anime
            Che dormon in collina
            Il loro grido sordo
            Strugge le mie orecchie
            Attarda la mia mente

            Muoion folli i muti
            Mi scopro a ricordar la lor vita
            Con gocce che scendon dalle guance
            Con denti serrati e stretti
            Mentre fissano la luna

            Splendido il ricordo
            Qualcosa, anche se poco
            Perché in giorni come questo
            Solo la morte mi da la forza
            Di alzarmi ancora per sperare.
            Davide Bidin
            Composta martedì 13 aprile 2010
            Vota la poesia: Commenta
              Scritta da: Davide Bidin

              Buonanotte Notte

              Fuori sul cornicione
              Con una sera d'estate accerchiante
              Sarà il giorno che chiude il pensiero
              Malinconia depravante

              Una bud nello stomaco
              Una lucky nei polmoni
              La coscienza di non esser buoni
              La finzione dei condannati

              La luna mi consola
              In questa infame notte
              Sapere di costrizione
              Ingiuriare la sorte

              Pensare alle persone
              Al loro trangugiare
              Al disio di morte
              e lo spettro d'invecchiare

              Passan gli anni veloci come ore
              Pazzia nelle stelle, Pazzia nella luna
              Che il cielo preserva e dicon
              Porti sfortuna

              Grido la canzone lugubre
              La coscienza mi protegge
              Non urlo, verbeggio
              Per le anime in pena ch'odono il canto

              Malinconia negl'astri e nei mattoni
              Le dita copron gl'occhi per non vedere
              Anche un insano uomo
              Non è mai condannato

              Alzarsi ancora
              Il freddo sulle mani, il calore delle guancie
              Il sogno di un bacio
              Distante

              Solo mi guardo attorno, nel silenzio
              Una bugia serale
              Nell'ultimo sorso di birra
              Ammiro file di fuochi, dove il respiro divampa.
              Davide Bidin
              Composta sabato 15 maggio 2010
              Vota la poesia: Commenta
                Scritta da: Davide Bidin

                La Notte non si chiede chi Io Sia

                Qualcosa di nuovo mi è apparso
                mentre camminavo nella notte
                un silenzio che tutto copriva
                come se il mondo fosse, in totale
                simmetrica e composta beltà stridente
                come se niente fosse al posto sbagliato
                dalla cigolante panchina nel prato
                al rivolio inquinato dai cocci verdastri
                fin dalle lontane fronde dell'abete struccato
                silenzio e nulla, se non
                la notte ch'è tutto e niente
                non cerca, non lamenta, né condanna
                perché, essenzialmente, non le interessa
                del barbone che gira pei viali illuminati
                da un'oscura luna
                dalla nuvola arancia che copre il mondo
                di una città periferica
                un piccolo angolo di buio
                che risplende come raggiante e silente
                hotel alla fine del mondo
                la notte
                se ne frega del viandante
                che son io
                che, errabondo scivola nelle strade scapestrate
                corrucciate da, un'immobile, pozza d'acqua
                mentre tra le sterpi più alte si vede il riflesso
                d'un rovo dalle acute spine
                alla notte non importa cosa ricerca
                quel piccolo uomo
                che son io
                perché nella sua fresca lentezza al passaggio
                non nota la cerca ostinata
                di cosa, non si chiede
                forse, un fiato di labbra rubate
                forse, l'ultimo bicchiere di rosso shiraz
                forse, ancora, un suono non rivelato
                o ancora, la mera ispirazione per un'opra nuova
                che poi, son io.
                L'anima mia c'ha tutto si piega.
                Davide Bidin
                Composta domenica 6 giugno 2010
                Vota la poesia: Commenta
                  Scritta da: Davide Bidin

                  Le Regole del Gioco

                  Attenzione alle parole
                  attenzione a certi personaggi
                  ne sono avvezzi
                  assuefatti
                  se iniziate a sentire
                  parole unte e forzate
                  in sdolcinato arrangiamento
                  e atteggiamento angelicato
                  mentre
                  il compositore
                  ossigena voracemente
                  i polmoni
                  con le sue stesse scorregge
                  usmandosi il culo
                  l'avrete trovato
                  egli è l'ipocrita benpensante
                  attenzione a coloro che usano
                  le parole
                  come arma e non come mezzo
                  perché i loro omicidi
                  non sono attuati nel sangue
                  ma nello sterco
                  nel guano impietoso
                  nel quale ricade la persona costretta
                  a un contendio, una crocifissione, un impalamento
                  un dialogo esente da personalità
                  poiché è usato come persona
                  come assassino celato
                  la costrizione ultima
                  che la falsa ragione
                  la prevaricazione
                  utilizza con costanza maniacale
                  ci porta ad essere obbligati
                  in un dibattito assurdo
                  davanti a un falso contendente
                  che olezza di ergastolano
                  ed egli stesso apprezza il suo puzzo
                  non puoi dire l'ovvio
                  non puoi urlare, neanche con le prove in mano
                  "Sei uno stronzo che non dovrebbe condividere col mondo
                  neanche la luce del sole,
                  ci porta al vomito la tua faccia di merda, lurido ipocrita"
                  non lo può dire
                  perché?
                  Son le regole del gioco.
                  Davide Bidin
                  Composta giovedì 24 febbraio 2011
                  Vota la poesia: Commenta
                    Scritta da: Davide Bidin

                    Sentendo Una vita inutile

                    "Sei nato già vecchio"
                    così mi han detto
                    mentre ascoltavo
                    un disco di Tenco
                    non credere a quel
                    luogo comune
                    rispondi con le rime
                    i veri vecchi si riconoscono
                    in bare di vita
                    piramidi di nullità
                    in una tempesta di sabbia
                    io son giovane
                    ho solo imparato troppo
                    per capire quanto poco fosse
                    scoperto molto
                    per comprendere quanto c'è da scoprire
                    e avvertire che non bisogna credere
                    in niente
                    su cui non si possa scherzare
                    ai vecchi occorre la ragione
                    per motivare gli anni passati invano
                    e solo per i rimorsi sopportati
                    credono d'aver un'esperienza
                    ch'è polvere
                    se un giorno ti diranno
                    "sei nato già vecchio"
                    mentre senti
                    un disco di Tenco
                    ricordagli
                    che non sei nato così
                    son gli anni che hai ben sfruttato
                    a farti maturare
                    e che i giovani suicidi insegnan
                    più dei vecchi immarciti
                    in un luogo comune.
                    Davide Bidin
                    Composta sabato 26 marzo 2011
                    Vota la poesia: Commenta