Rimembranza, serpeggia dentro me a stringerne le vene, strozzarle per non far fluirne il sangue caldo per ciò che fu la passione. Stretto al cuore il ricordo, monolitico si aggrappa, granitica permanenza, morboso il pensarti. Richiamo gutturale nella tua direzione. Seguo, sonnambula, -chi? - per un tratto disadorno.
Creatura immobile. Vedo. Occhi assenti, vitrei, verso il cielo cupo, braccia lungo i fianchi, colate di sabbia, come manto si riversano su quel corpo. Muta. A vedere la fine, lento fluire, lento dissolversi, la sabbia, lenta, ricopre. Assisto a quest'investitura, fissi gli arti. Quando sentirò che mi si ricopre il cuore.
Unghia strisciano quel muro liscio, raggiungerti In fondo a questo pozzo. La sete che ho non è di quest'acqua nella quale m'immergo e vedo la luce più in alto, cerchio piccolo visto da qui, tanto sono in basso, tanto sono lontana da te. Ogni giorno è un tentativo nuovo, non accenni ad avvicinarti; lontano stai, solo stai, difficile sei. La mia forza per tutti e due, occhi rivolti a te, i tuoi nel vuoto.
Tutto un mondo dietro, tutto Te. Fantasmi stupidi, maschere deformi, coltelli dietro la schiena, proiezioni. Mostri partoriti dalla tua mente, a volte, ritornano, spaventosi; una forca. Dall'apice di un monte si scaraventa la tua anima prigioniera nella rete intricata del tuo passato, storia discontinua, frammentata. Un latrato preannuncia la carne che muore, pian piano si lacera. Immagine scura. La falce!
Fu una volta un batter d'ali che faceva vento sulla pelle arida da tempo, due occhi cattivi e profondi che imprigionavano tra le ciglia le pupille perché non vedessero la verità, un sussurro che durava tutta la notte e non capiva il tramonto e l'alba, Tutto durava al di là del tempo. Ed un incontro, improvviso, magico, voluto, quasi combattuto. Ed un abbandono e le lacrime e non era acqua, ma era sangue e le menzogne e la crudeltà e la non memoria e l'addio. E fu una volta che io l'amo ancora.