Presa dalla stessa fame e condannata ai medesimi digiuni. Ieri, sapevo amare di più e più forte, oggi, ho le rughe. Sono io che uccido i miei slanci e, piano, ammazzo il gusto, l'olfatto, la memoria. Sono vittima di un narcisismo che non si riflette più in nessuna immagine e muore del riverbero deformato della propria. Un unico Amore che mi attraversa le vite e gli umori. Solo sagome di sesso che cadono, una ad una, col mirino sul petto: io, Killer sul tetto. Ripetizione. Ecolalia. Stereotipie. Impotenza sentimentale. Chè nulla scorderò della tua bocca e delle tue mani, ché non ho mai amato la mia carne quanto la tua, ché ciò che è stato dopo ed è oggi è drappo sbiadito e stinto da acidi e veleni corrosivi che vomitano l'amaro che mi hai lasciato in bocca. Mille soldatini di piombo a far milizia e rappresaglia attorno al cuore, reduce di guerra.
Curvati sui miei seni a cercare abbondanza e radici di sostegno. Tra le mie braccia, nell'abbraccio, sarò la tua altalena lenta, con i motti sentimentali e le cure per la pelle dove bruciano i timori.
E, stanotte, non invecchierai. E t'invado il terrore.
Ti tolgo il pianto nascosto dal cuore screpolato. Ti tolgo il lutto di una tua vita fa.
Sarò il tuo sonno. Sarai la mia somma.
Senza pudore per la nostra nudità, ti mostrerai s-coperto dei segni crudi, e raccoglierò la tua carne tremula, in un giro immortale, con le mie mani.
Raccolto
Ascolto ciò che il tuo sangue m'insegna, ché gridare dentro non è gridar per tutti.
Ti prometto il non buio, mentre assaporiamo la penombra.
Chìnati sulla mia schiena, curva di cuoio rosato che si fa letto, ché indosso te ed il tuo peso.
Immutabile. Mutevole. Divario di luci, ombre e buio. Indubitabile. Ti salverò dalla notte.
Mendicante dei miei profumi abbassi, mesto, il capo rapendomi le essenze. Iato tra giorni e notti evanescente, confuso uomo, lambisci la mia seta e la pelle scucita tra le carezze. Abracadabra. Sei magia.
Ti vedo con gli occhi chiusi, ché la pelle li ha sempre aperti. Con gli orecchi sulle vertebre a sentir il tuo cuore quando, ritmicamente, ti avvicini. _Ti allontani per entrare dentro al nero, bianco della carne, attorno, eredità di generazioni di donne diafane e le tengo tutte in me - perfette, perfetta - L'odore di mandorle a lisciare i corpi, guizzare, sgusciare, scivolare, aderire. Sfiora ciò che è sfiorabile e tarda e trattieniti. Si attacchino i secondi agli attimi e si cuciano lembi di pelle, di noi, amanti siamesi. Arpionato ai capelli, corde, come se il vacante, sotto, ti aspirasse, a stringermi il collo come ad uccidermi, invece, vivendo. Dimentichi di mortalità, eterni dei. Tu, mia Nemesi.
Esco - da me - come magma. Incandescente, con la scintilla distorta e la fiamma tremula. Fluisco su pietra lavica, lì, dove pulso più forte, ritmicamente, aritmia. Come l'Etna che parla di notte, inquieta. Scosse scuotono. Ti ho negli occhi, fuoco, quando bruci l'acqua e spira vento per ingrandirti, che è forza, ira ed altri mali che mi pervadono, mi montano dentro con le eruzioni a modificarmi di continuo zolle e placche umorali. Inginòcchiati alle mie pendici a sentirmi tremare prima del boato, ché esplodo, scoppio, incenerisco. Fucina d'Efesto a domare il mio stesso demone.
Più mi attecchisci al cuoio e più mi struggi. Distrugge l'artiglio di quest'odore nascosto, immaginifico, futuro. Impensato, pensabile. Deja-vu remoto, ma con valore oracolare che si stende come presagio sulla voglia, la mia malinconia. Come la ferita inferta per mano d'una spada sconosciuta, in nome di una qualche guerra, a difesa di una qualsiasi patria. E mi abito, spoglia, desiderio partoriente desiderio, mi son scoperta gravida, col ventre gonfio, d'un nascituro bisogno che spazzola i capelli alla mancanza che aggiusta la veste al vuoto. Che consuma ed incenerisce. - Fiammella - Attingo acqua da pozzi prosciugati. Senza origine. Senza meta. Seguo la direzione che giunge all'equatore. Allo zenit. Freccia d'Eros, sospinta da Zefiro, sulla spalla di Pothos.
Craving emozionale. Urgenza che mi s-corre sulla tensione del piacere. Esasperante prurito che pizzica le pareti dei miei vuoti. Io sono un "dipende". Assuefatta dal poco, dai limiti, dalla decenza, dal conosciuto, dal consueto, dal desueto. Tocca le mie leve interiori. Ancora una volta. In piena astinenza, ad intervalli regolari, percorsa dai tremori freddi della mancanza, le tue dita come siringhe di sostanze umorali, benefiche-malefiche. Mi servono dosi d'istinti, maggiori, che mi scorrano tra i capillari come coito cerebrale. Mi sclerotizzi i grumi, ostruenti, come fossi un attacco ischemico al cranio, seppellisci le mie implosioni sotto un ictus paralizzante, col cuore infartuato dalle corse compulsive delle mie ossessioni. Sei il rituale che lenisce le mie ruminazioni mentali. Un rigurgito da emozioni sature. Miscela perfetta. Ti chiudo gli occhi in faccia. Chè ti sento, prima di vederti.
Mi ritrovo nel pensiero, a sentirmi con la mente. - In utero - Parte di divino che si manifesta. Interno. Estremo miracolo. Virtuosismo della carne. Slancio di vita che mi scoppia dentro. Fusione. Simbiosi. Inarco la schiena e protendo i seni. Il liquido amniotico arcaico che mi contiene e lega le sensazioni dal respiro ai polpastrelli. Da gheriglio molle a guscio duro. Da bambina a donna. Riconquisto la percezione dentro alla mia ipnosi. Osmosi. Crasi che abbandona ogni antitesi. Sintesi evoluta in una spirale aperta. Chiasmo tra vita e morte. Parto parossistico che mi unisce al mondo con un peccato originale, ma senza colpe. Il mio bianco dentro al nero della vita. La mia luce che fende l'oscurità con il vagito primitivo. Mi riscopro partorita, venuta al mondo e mai mi ricordo più nuda, bianca. Tossisco. Chè dentro, annaspavo meno. Riconquista della mia essenza pura. Regressione.
Descrivimi l'inverno dell'anima, i singhiozzi della nebbia, gli schiaffi del vento. Con questo silenzio di cui mi dipingo le labbra e che cola fuori lacrime, inumidendo le angosce ed i tormenti. Le tormente, fuori, le cime innevate dei polmoni, dentro. Ed il freddo sfida il Tempo che sa solo rubare come affetto da cleptomania. Cede il passo, cade sugli anni, la cera si scioglie, il cappio al collo, il ceppo tagliato. Non vedo angoli di paradiso e molti angeli sono spalle al muro con un'ala trafitta e ben piantata nell'intonaco, scegliere di strapparsi e fuggire, mutilati, in cerca di altri angeli con un'ala sola o rimanere lì, crocefissi, a preservare le piume che nessuno mai liscerà. In fondo al viale, tra i cancelli cigolanti, i rami spogli, il gelo e le ghiande, io, mutilata, ho incontrato te, mutilato. E se ti mancheranno le parole per descrivermelo, io te lo musicherò quest'inverno, con i violini e le cetre e le viole ed i gelsomini che, a dispetto, san di primavera, ad addolcire le tue amarene amare, a sentire il tuo cuore che fa più cuore col mio, trattenerci con la ricerca ossessiva dei baci, mentre ci sbilanciamo sui precipizi. E lasceremo le paure a far mucchio di niente, ché niente sono loro, se non per star lì, sullo sfondo, in bassorilievo. Anche le pietre hanno cambiato posto per lasciare più spazio alle nostre ombre, adesso, unite. - dita pudiche - - capricci osceni - Sei un uomo solo, ma sento dieci bocche e venti braccia. Stringimi più forte, ché l'inverno è freddo. Spiove.
Sul fare del crepuscolo cremisi. Regale. Furtiva. Fuggiasca. Mitica saggezza notturna sulla spalla di Atena, con l'occhio vispo della conoscenza, sacra e divina. Luce che fende il buio e segue i profili di luna, demonizzando l'inspiegabile, oracolo dell'incomprensibile. Un'ala nella tenebra, una nella morte e sei vate d'ogni sorte. - Vegliardo - Sventoli le ali scure, ipnotica. Rivelazione. Apocalisse. Plani alla fine del sole, tracci l'orizzonte e ti tuffi nella tua notte. Rapace, ti appropri della mia oscurità e mi identifico in te, nel buio osceno della mia anima, sentinella del mio sonno, mi artigli i sogni e li porti sul ramo più antico. Mi voli, felpata, sul cuore. Udibile, nel richiamo sessuale come quello di una bella donna dallo sguardo diabolico ed affascinante. Strega, invochi gli spiriti sciamani. Mi orno delle tue piume, ché sei totem delle mie trascorse vite tribali.