Prodigioso nastro che lega intarsia stringe vita di vite attraverso l'etere infinito che l'occhio non rimane impigliato alle umane cose fragili ma imperversa nell'impermanenza di danze cosmiche e si muta nel suo scomparire e riapparire intangibile nelle vie di mezzo tra cortei e battesimi ché di vita e morte e di ri-nascita sono fatte le memorie ed i pellami scuciti e gli aghi lesti nell'innestare corpi e lembi terrestri e vecchie forme di forme nuove osannati in sutra di cuore e rituali sacri perfetto.
I miei resti sono piume mutate in code e unghia in artigli con spiragli di ragione entro conche di follia narcisi avvizziti mirto e cervo in sacrificio altari come grandi sepolcri occhi chiusi e braccia a croce sul seno ché la stanchezza è mia in questa inconsistente esistenza e come un rapace mi schianto tra il primo fulmine e l'ultima nuvola a grattare cielo e scrostarlo e che i pezzi cadano in bolgia.
Ti offro peccato e pretesto e colpa ed assoluzione e mille modi per venirmi cento per vedermi dieci per entrambi sette volte sette per possedermi ed ossessionarmi schiacciarmi e spingermi che i miei fianchi sono presa sicura e le tue mani uncini in appiglio.
Strappami le ali per ricostruire piume così nell'ultima forma di sostanza ergere la necessità ed il Bisogno del Volo ad unire baratro e vuoto e cima e fondo e rosso e cielo in questo mio Nero di angelo-demone di tocco-stimmata di sentire-ossessione.
Trasfigurata in trasformazione cangiante dalle iridi alle orbite per non vedere ma sentire con gli occhi e gustare i tuoi che mi danno lo stesso colore in cui ti bagni e che ti è essenza la mia.
Non voglio un tocco di superficie, ma la sensazione profonda di aghi che trapanano fino allo scheletro fino a scalfirlo e che guardino la pelle come meta lontana, appena al di sotto d'un vestito qualsiasi. Voglio fasci e nervi stringermi allo spasmo e che il tuo midollo venga a farmi visita nella parte più umida della testa e cartilagini unirsi dal primo all'ultimo osso.
Mi smembro in proiezione e riverbero, prisma rovesciato di rifrazione all'iride a creare illusioni di ritorno per occhi miscredenti.
Credimi nella mia moltitudine, nel rifrangermi e frazionarmi ad opera del tutto che è niente e che nelle mie divisioni si moltiplica, amplificandosi, nella danza roteante di un derviscio.
Mi bolle il sangue nei sepolcri di luna quando si avvicina troppo alla terra ed invoca il tuo richiamo di lupo che gutturale mi sbrana di soli latrati.