Scritta da: Mariella Buscemi
Se preme
e fa male
all'altezza del costato,
so che starai per giungere.
Protesa,
ad avvertire il tuo odore.
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Se preme
e fa male
all'altezza del costato,
so che starai per giungere.
Protesa,
ad avvertire il tuo odore.
Con gli occhi pestati
ed uno spartito
da e-seguire al buio.
Notte-musica
di latrati d'anima
al cigolio delle giunture
scricchiolare di ciglia friabili
picchiettare estenuante di unghia
come artigli
come graffi di gatta
fracassarsi di suoni
di vagiti solitari
spettro angelicato
di mano diabolica
nel volo ribelle,
lo schianto.
Amo, in assoluto, che mi venga rivolta un solo tipo di domanda,
e di questa ho disperato bisogno,
fatta con il cipiglio di chi vuole invadere l'anima,
assediandola,
e voglia farla vibrare,
come pelle finissima di tamburo
sotto lo scalpitare dei palmi.
Disarmarmi di difese e farmi aderire
alle pareti della vergogna, del pudore e della remora.
Tu sei la domanda.
Che il tuo corpo mi sia sudario
nel divario delle nostre ombre
sovrapposte
sovrapposti
i silenzi.
Nella testa un'orgia
di mille gusti.
Spiami l'anima
dalla serratura dell'ingordigia,
ciglia come mani
e cornee che s'allunghino
ad unirsi al mucchio.
E respiro piano
per non ferirti le costole.
Sono la visione
di una melodia,
assolo,
affondi.
Sbilanciata sul precipizio
al cospetto della vertigine del nulla
e m'attendo
e mi ritardo la caduta
sazia d'avanzi d'ultime cene
presunta sovrana dei tre mondi
tra vampe e cieli
in sospensione-limbo
sconfitta nell'eremitaggio
caustica e dissacrante
cementata in nicchia
come statua d'iridi roteanti
a farmi d'ultima umanità
offesa dallo stupro della spietatezza
inneggio agli eserciti dei sentimenti neri
di incedere ed uccidere.
Che tu sia la lama sospesa
che crea terrore
ancor prima di infliggersi
e
conficcarsi,
ché un attimo prima del taglio
io percepisca il dolore imminente.
È così che vieni.
Ti situo in aria
con il ferro alzato
e sgrano gli occhi
per il colpo scuro.
Rosso.
Battezzo le mie colpe
Attaccate agli inganni dell'anima
Tramortisco il mio passato
Torcendo le trame dell'espiazione
Io, come un ignavo Narciso
Specchio e spacco il mio riflesso
Tracotanza interiore_
Anelo al sacro perdono
Distendimi le membra sul tuo Giordano
Evocando preghiere di vangeli apocrifi
Laudo Te Domini
Laudo Te Domini
Arrivi alle sponde della mia pena
Mitighi l'atavica intemperanza
Istigandomi alla resa
Ammoniscimi e placami
Resurrezione attesa_
Imbiancami l'anima
Nera di peccato originale
Assolvimi con il
Seme che mi partorisce
Casta e verginale,
Innocente_
Torcia di luce,
Alba di vita.
Oh, le mie passioni grottesche che mi fanno così tanto arrossire
inorridire
Quest'immaginario che mi trastulla con ogni violenza impensabile.
Animali a guardarsi dritti negli occhi, noi.
Chi abbassa, per primo, lo sguardo, perde.
Chi lo sostiene senza prostrarlo, non vince.
Se vorrai guardarmi da più vicino, lì, sarà la tua vittoria.
Ed io a dartene fittizia convinzione.
Il bianco si mistura al nero in una miscela perfetta,
amalgama,
ma dai contorni definiti,
sull'anima a scacchi
matti
Regina senza cavallo ed alfieri diabolici.
Chiusa come le chiese,
chiedimi dei chiodi
dispersi nei chiostri antistanti le chiose.
Chiari i pensieri del mio battesimo
durato fino alla tua estrema unzione.
Trauma
Ago e memoria che passa per crune sottili.
Rimozione, ma mai dimenticanza
Dreno i liquidi di fluide paure con
Oppiacei umorali e
Persecutorie forme
Paranoidi
Istrionica e teatrale
Offesa dal passato
Artica
Mendico
Estremo
Tragico
Amore
Con il nero dei capelli e lo sguardo celeste aperto sull'irrisolto,
pelle diafana a contrastare l'anima.
Con il nodo che incontra i denti del pettine.
Con la coda di topo, come scalpo, in una tagliola.
Come la mosca nella rete del ragno.
Malizia smaliziata con i profumi da puttana,
spuria,
sono davanti alla Santa Inquisizione a scegliere nella stanza delle torture ad espiare le mie eresie mentali e farne reliquia.
Finalmente, nell'ultima forma di purezza.