Prevaricante come la non voglia sulla voglia. Amarti e distruggermi. Sbattere la testa sul tuo cuore come muro e tu che lo giri d'angolo, porgendomi lo spigolo. Prevaricante come l'indifferenza sul protendere. Mi regali briciole di niente e pilucco sul viale del nulla. Prevaricante come il rifiuto sulla brama. Sei un no che annichilisce ogni mio si. Prevaricante come l'alterazione sulla normalità. L'insania della dipendenza contro il freddo della tua anima. Prevaricante come il silenzio sulla parola. Ti dedico ogni poesia oltre oceano, contromano, contro vento e ruoti gli occhi come chi non vuol leggere. Atroce richiesta ed appello contro il tuo mondo stretto che non mi contiene. Prevaricante come la mosca su questo silenzio. Ronzio del mio cuore sulle macerie rimaste di case di cartapesta demolite. Prevaricante come te sui miei resti. Devastata, dentro, come una città dopo la guerra.
Confusa in una luminescenza arcaica, senza contorni, né definizioni, immersa nel liquido amniotico. - Il tuo abbandono, il mio risveglio nudo - Orfana e vedova, sfrattata. Dondolanti sfilate di funesti funerali, sfilo la fede, sfilacciando il mio anulare, cade il corpo fiacco, un fiocco al collo come cappio.
Tuareg nel Sahara. Lo scatto dell'antilope trafitta dalla lancia nello scenario di caccia. Libere anime prigioniere della schiavitù eterna. Riti ed arti. Danze tribali tra il piumaggio purpureo che ruba ai tramonti del Suez. TAM - TAM Lucertole camaleontiche. Miniera di diamanti. Il bambino stretto ai seni cadenti, pesanti di latte, avvolto, legato dai drappi etnici come in utero a condividere cibo, sonno e vita. Il gusto della papaia. I bambini africani, da piccoli, non piangono molto, piangono di più da grandi per le file lunghe con le scodelle di riso in mano che gonfiano lo stomaco smisuratamente, correre a piedi nudi tra le sterpaglie che pungono, ma hanno meno ferite. Le mosche, irriverenti, si posano sulla pelle. Ricca povertà. TAM - TAM Giocano con la natura e quando sorridono, il bianco dei loro denti fa contrasto e si vede di più. Stracci, corde e sassi tra le loro mani. Pelle nera di un dio scuro; ad immagine e somiglianza. Bambini strappati al gioco, bambini soldato, reclutati, prigionieri. Milizia in fasce senza fasce per le ferite. Bambini adulti, a mietere nei campi per rifocillare gli immensi granai. Bambini pescatori, per mangiare e far mangiare. Vecchio sciamano guaritore che fa tremare i palmi contro la pelle sottile dei tamburi nei ritmi notturni attorno agli antichi fuochi, raccontami le tue favole Yoruba. TAM - TAM Ipnotismo di intere tribù. Villaggi come santuari. Culto della Madre Terra. Corno d'Africa civile che si attacca al mondo incivile. Ascolto le leggende dei Griot al suono dell'oboe.
Senza ali e col tetto troppo basso. Sbattere, ritentare, bruciarmi le piume. Raggi irriverenti che mi squagliano la cera: volo di Icaro, spezzato, interdetto, bloccato. Ho mille voli dentro, l'iperbole, traccio una gaussiana nell'aria, spazio ed etere infiniti. Nessuna rete di protezione, l'incoscienza, il suicidio premeditato. Ali di civetta notturna, letto come nido. Tatuo sulla pelle ogni richiamo notturno, ché l'inchiostro possa penetrarmi dentro, creando crosta e resti permanente come volo sognato.
Dormo sul filo della coscienza Iside domina il buio Spasmi sparsi Imbrigliano Nostalgie passate, ma presenti Creano Artifici Nottetempo Tessendo illusioni Obnubilate.
Sei ventagli fluttuanti. Quattro in volo, due con presa salda. Come la vita, tra il librarsi ed il planare, l'approdo e la radice. - Geisha - Artista nei teatri della capitale. Mandorle negli occhi, una fragola sulla bocca, cerea pelle d'un segreto tra scapole e nuca, esperta nel suo Mahjong, il kimono di seta arabescato d'incanto ed altri vezzi, lembi di pelle avvistati come doni. Dea orientale del matsuri shintoista. Danzatrice propizia alle rive del Sumida. Cortigiana ai piedi di Tokyo. Regina d'Hanami, primavera tra le primavere, sotto gli alti alberi del ciliegio in fiore, rami come pioggia rosa a far da sfondo alla città e petali per cornice. Sorrisi abbozzati tra panorami immensi guarniti da bocche di leone, begonie, rododendri e petunie petulanti, tra sake e poesia. Angoli nostalgici di storia e presente tra i giardini sconfinati d'azalee e santuari solenni. Geisha! Regalami l'ultima danza, l'ultimo canto a teatro, ché così ti ritiri, ti riposi, capo chino verso il tuo destino. Ed io ritorno al mio occidente.