Le migliori poesie di Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

La desolazione

Pregno di gaiezza ai dì di fanciullezza
Ti ricordo, ancora gaio nella giovinezza.
Ti rivedo, da adulto, in contentezza
Ti ritrovo e io maturo in allegrezza

Sei. Fece l'ingresso, poi, lo sfollamento
E la migrazione divenne grand'evento
Come deflusso in grande scorrimento,
presto, indi, rimanesti in isolamento.

Eri un paesino, mia cara Falerna,
da dolce espressione e sorridente
ma poiché, ahimè, nulla cosa è eterna
divenisti, pure tu, debole e perdente.

Ti sorrideva il mar Tirreno in faccia
E ancor'oggi, tuttora, ti sorride.
Allora sul terrazzo era gente all'affaccio
Ora qualche vecchio che i tuoi fulgori vide.
Nello Maruca
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    Scritta da: Nello Maruca

    L'opportunità della vita

    L'Onnipossente, immenso Creatore,
    l'Iddio che dell'Universo è fondatore,
    che dal nulla formò cielo, terra e mare
    che se odiato sa soltanto amare
    onde lo sacrificio del Figliol non fosse vano
    all'uomo crudele volle stendere la mano.
    Decise, quindi, di donare due calle;
    l'una che scende liscia verso valle
    l'altra di rovi cosparsa, macigni e sassi
    che difficoltoso è muovere i passi.
    La prima mena dritta al fuoco eterno
    Perché percorsa dal male dell'inferno;
    la seconda stretta, cosparsa di pece
    porta alla carità, la luce e pace.

    L'una a misura di cattivi e stolti
    l'altra pei buoni, di carità avvolti.
    Queste le opportunità che Dio ha dato;
    a noi andare a destra o a manco lato.
    Nello Maruca
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      Scritta da: Nello Maruca

      La consapevolezza

      Allorquando lo corpo di vigore iva
      percorso e mai mancar sentii le forze
      in esso, la morte mi parea solo
      uno scherzo e ne facea, perciò, fonte
      di scherno e ci ridevo e di battute
      tante ne facevo. Or che lo corpo
      è debole e floscio e alla vecchiezza
      s'è incamminato essa m'appare
      qualcosa di possente che pria del corpo
      schiacciami la mente. Ora la temo,
      più che temer la tremo, e ogni dì
      ver me venir la vedo. S'avanza
      e non s'arresta neppur per un momento
      brandendo negli artigli falce tagliente.
      Paura di guardarla in faccia tengo,
      la scarna sua figura m'appare mostro
      e a ogni passo più mi dà tremore.
      Vorrei poter sparire, nuvola divenire
      Per dare pace alla mia spaurita mente
      E allontanarla dal tremor di morte
      E riportarla ai gioiosi dì di giovinezza
      quando al rimembrare di cotanto mostro
      scherzavo e ridevo di gaiezza.
      Nello Maruca
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        Scritta da: Nello Maruca

        I

        Era d'avvento, nasce prematuro.
        Il padre da poco, per sempre, taccio
        lui, poverino, ignaro del futuro,
        fredda la casa che pareva ghiaccio.

        Pur di giorno tutto pareva scuro
        poiché il demone preso aveva al laccio
        colui che teneva fermo e sicuro
        timone di dimora a forte braccio.

        Così inizia il percorso il pargoletto
        tra per lui gioia e per papà tormento
        pria ancor che bocca s'accostasse al petto

        della nutrice che distesa a letto,
        affranta, pensava al poco alimento
        che il pargolo avrebbe sotto quel tetto.
        Nello Maruca
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          Scritta da: Nello Maruca

          La prece

          Quando il dispero l'alma avea invaso
          dell'ineluttabilità già persuaso
          un pensier fosco insinuò la mente
          e del cervello ne fu preminente
          per quel qualcosa che portommi via
          nella certezza ch'essere più non sia.
          Altro non era ragionar diverso
          ch'ogni pensier gentile era disperso.

          Prostato, un giorno, mi apprestai al Divino
          e grazia domandai pel mio destino,
          lo feci con fiducia mai avuta
          a Colui che sollievo dona, ama ed aiuta.
          Di naufrago che a tavol'aggrappato
          da fort'ondate a lungo sballottato
          che già fiducia tutta avea perduto
          e in quel relitto ebbe un fort'aiuto.

          Io aggrappommi all'Essere Supremo
          che della barca tiene timone e remo,
          pace Gli domandai con la mia prece
          e nella prece riedemi la perduta pace.
          Nello Maruca
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            Scritta da: Nello Maruca

            Il tradimento

            È detto nel Vangelo che l'apostolo
            fidato per solo trenta monete
            fece la carognata. E, nello sconsolo
            ebbe di morte ardentemente sete.

            Legò la fune in cima all'albero
            vicino; Un cappio intorno al collo
            e penzolò a valle. Il volto paonazzo
            del tracollo disse dello spergiuro pazzo.

            Tu hai fatto di più di chi tradì Gesù:
            dato m'hai alle ortiche e non sei pentita.
            Niente per me affetto, per gli atri sempre più.
            Lavato t'hai le mani e crediti pulita.

            Così come Pilato lo fece per Gesù
            così, senza ritegno, per me l'hai fatto tu.
            Pilato nelle arterie sangue diverso tiene
            lo stesso, invece, scorre nelle nostre vene.
            Nello Maruca
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              Scritta da: Nello Maruca

              Il camposanto

              Coperto d'un lenzuolo di bianco lino
              Mi ritrovai disteso sotto un pino.
              Il luogo mi pareva squallido e nero
              E il tutto m'appariva un gran mistero.
              Strani rumori, fruscii, non voci né lamenti,
              non alcuno presente, non erano viventi
              ma com'infiniti oceani pianeggianti
              solo lanterne fievoli e tremanti.
              Forte pulsavami lo core dentro al petto,
              sparire avrei voluto ma restai interdetto
              di freddo tremando e di paura
              mentre la mente si volgea a sciagura.
              Sussultando, stordito e impaurito
              Mi rigirai un poco e guardai indietro
              Da dove mi parea giungessero suoni
              D'inestricabili voci e di scarponi.
              Con lenta cadenza e andatura austera
              Avanzavano ver me, in veste nera,
              con in mano una un bastone dorato,
              l'altra, sul braccio, un pastrano ornato
              due alte figure di nobile casato
              con lo stemma sul petto disegnato.
              M'apprestai ad un inchino riverente
              Ma lor giraro tosto lato ponente.
              Consolato di sì tanta presenza
              Stanco, sedetti sopra una sporgenza
              Ch'avea pensato essere un muretto
              Invece, ahimè, trattavasi d'un ometto.
              Con tanto spazio che ti trovi intorno
              Non mi par vero che non senti scorno
              D'appollaiarti sul mio teschio scarno
              Come su ceppo di pietra di marmo.
              Giammai avrei osato così tanto
              Se non avessi pensato lungi alquanto
              Essere tu prossimo a un vivente
              In questo campo ove l'umano è assente.
              E, poiché la mente mia è allo sbaraglio
              Vogliami perdonare per lo sbaglio,
              per non avere in tempo conosciuto
              chi come me, in terra, era pasciuto.
              Mi girai, una grande distesa di viole,
              lui squagliato come neve al sole.
              Poggiai la mano sopra una casupola,
              caddi su un prato coltivato a rucola.
              Tre cagnolini dal pezzato pelo
              Guaivano tremanti intorno a un palo
              Mentre due donne dal vestito nero
              Avanzavano ver me a passo leggero.
              Dovere di cortesia m'imponeva inchino
              Ma già rivolte altrove, dietro un pino,
              Ignoravano lo saluto e a passo lesto,
              a testa china e con fare mesto
              giravano attorno un grande casolare
              dove erano più cani ad abbaiare.
              Per chetare la morsa della fame
              Seppur in pantofole e pigiama,
              l'abbaiare dei cani l'un l'altr'ostile
              tosto mi portarono in cortile
              ché l'alba da tre ore era già sorta
              e i poveracci non avean più scorta.
              Nello Maruca
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                Scritta da: Nello Maruca

                Pensiero

                Se maggiore serenità avessi avuto
                tant'altre idee avrei su carta impresso.
                Ma lo star quieto, disteso e spensierato
                non son cose che l'io detiene in dote:
                sono gli altri, se sensibili e veraci,
                rendere l'uomo in posizion di quiete.
                Ma se caparbi, capricciosi e infidi
                la mente di color che stanno a tiro
                triste la fanno e di pensiero priva.
                Nello Maruca
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