C'era un uomo a colore di donna, aveva vestiti di rosa sgualciti, e piccole perle nascoste alla pelle, perché poi mostrare a chi guarda il silenzio, non porta che chiodi fissati alla croce, convinte le forme d'icone inventate trasposte da roccia di massi sul petto, per ogni parola a ripeter concetto.
C'era un uomo che donna sognava sentirla di dentro ad avere coscienza, avente fattezze riflesse allo specchio, qualunque parete si portasse addosso, era una donna che stava in prigione, nascosta da sabbie a tempesta a fermare finanche gli sguardi di voglia a capire, persino gli intenti più puri a sentire.
C'era una donna, aveva soltanto da sentire il vento a portarle emozione, da chiedersi quale, il suo sentimento, perché gli insegnassero il suo pentimento?
Era sì libera dentro le stelle, era contenta un riflesso di mente, era piovuta da lacrime eterne, che si dissolse giudizio alla gente.
Mille, la vita nei volti, occhi in pensieri nascosti, specchi, la luce in frantumi, schegge a mutare distorti.
Goccia che tutto scompare, sangue che ignora fermezza, gioco del giorno per giorno, esser per essere umani.
No, non rinchiudete il vestito che pelle vi lacera al vero. Abbiate il coraggio di urlare, che si! -Sono quello che mai vi abbia fatto vedere- E si nutre dell'ombra e negli angoli liberandosi di ogni vergogna.
Infine mi arrendo, Ruri che il vento disperde. Musi che il tempo trasforma di macchia. Piume perdute innocenti.
Mi arrendo tra pugni caduti, tra segni di ferro alle vene arrivati, coi passi di rabbie ferite, tradite dagli occhi che han chiuso ogni sguardo.
Mi arrendo agli eventi del vento in tempesta, che mai sia riuscito ad avere le ali, nemmeno a sognarne ogni istante, sia polvere adesso a volare per me, che nel nulla rimane.
Conta tutte le scale da cui cadi e le ferite chiudile agli armadi, dove nascondi tutte le emozioni che lasci uscire, un mondo di ragioni.
Sacchi di sabbia accendi, col pennello colora la tua rabbia, dal coltello che sgorga sangue, scritto sulla pelle dove compaion segni, con le stelle.
Ridi del cuore immagini a canzone che inventerai ogni volta in delusione, stringi nel petto quanto senti adesso, foss'anche niente in pugno che un riflesso.
Prendi quel tuo sorriso tra le mani, conducilo ad esplodere al domani, tra carta in pezzi, ruggine ed inchiostro, e cento e mille maschere di mostro.
Dal vento lascia correre le dita, affida al condannato la tua vita e sentirai che poi il momento è giunto per poter dire addio, chiuso da un punto.
Rimane sia il silenzio che il cappello a salutare strofa e ritornello, l'ultima nota perde la battuta togliendo il tempo...
Sapessi che amore ti avessi incontrato, l'ho sempre e soltanto per sempre sperato, tra carte e parole dal cuore strappate da un nero profondo, a colori segnate e descritte da sogno ogni segno, sentito, qualsiasi disegno avrei fatto, mentito.
Tra passi di nuvole senza ragione, in mezzo a ruscelli di pura emozione, che amore ti avessi davvero trovato, più forte che il tempo abbia desiderato.
Hai scritto il linguaggio che bocca mi urlava, hai fatto in coraggio che tutto mancava, trasposto illusioni all'interno canzoni dimentico pezzi di vita e ragioni, perché tutto sfuma e la nebbia dirada se non ti appartiene si perde per strada.
Sapessi che amore ti avessi trovato sarei dove prima non sono mai stato, un mondo che basta girarmi di fianco, dormire ti guardo che non son mai stanco.
Strappa le ali ai tuoi sogni e comincia a volare, Mettile addosso tra pelle e polmoni incastrate, spegni ogni volta tra i pugni residue speranze, soffoca cuori di stelle bruciandole in petto.
Ruba la voce del nero da piume di corvo, Fuoco trasforma da lacrime prese nel vento, Strade di sangue dipingi a insegnarti la vita, Bevi taglienti cristalli da coppe di rosso.
Ad estasi cieli che aurora ti mostra, rispondi con putride viscere morte, e luce ch'è maschera di ogni colore, rinchiudi nel grigio nascosto ai tuoi occhi.
D'istanti d'incanto che mente ricorda, sfigura i contorni fin dentro le ossa, copiando a rincorrere il giorno in eterno, sei pronto a volare finché non c'è nulla.
Hai parole per dire che il sangue, non è solo di dove sei nato, che le patrie a cui devi rispetto, non han padri di un solo colore, perché storia è tantissimo tempo, e a memoria non puoi ricordare, perché terra è potuta esser vista, fin dai primi occhi aperti a guardare.
Poi d'un tratto ti senti a mancare d'altro pezzo che avevi nel cuore, e i discorsi, e le testimonianze, perdon ogni sapore di senso. Perché in fondo poi quello che importa sono gli occhi guardarti felici, son parole di madri che incontri fino a quando continui la vita.
Sai, c'è un piccolo fiore cresciuto dei cui semi ti sei innamorato nel suo campo ti ha sempre ospitato e famiglia ti ha considerato. Lo sapevi, sarebbe appassito liberando ogni petalo al vento ne hai raccolto una goccia, un frammento, seppur vuoto ti resterà in petto.
Dormi adesso che vita è passata tra cent'anni in un solo ricordo, dormi come si dorme nei sogni quando in mezzo a chi ami ritorni.
Sei morta tra le mie braccia, speranza. Ti ho vista per l'ultima volta felice, abbracciarti all'amore. Ti ho persa nel sangue per strada. Avvolta malata in coperta sudario. Tra lacrime e baci ormai senza respiro. Sei morta.
Quando hai scritto, lasciato nel petto del tuo testamento. E del tempo hai mostrato ogni limite considerato. Era un giorno che aveva nel cuore ogni sogno incarnato. Dei tuoi passi è rimasto il miraggio. Fra i tuoi passi è caduto il coraggio.
Eri tra le mie braccia, e sei morta, per l'ultima volta.