Scritta da: Sandra Piccinini
in Poesie (Poesie personali)
Lune
Sedici lune e le vele sbattono, Riccardo,
ritmiche
Percussioni d'acqua
Sottovento, accucciata,
afferro stretto
il silenzio.
Urlo parole,
sbattute sul foglio.
Scrivendo.
Commenta
Sedici lune e le vele sbattono, Riccardo,
ritmiche
Percussioni d'acqua
Sottovento, accucciata,
afferro stretto
il silenzio.
Urlo parole,
sbattute sul foglio.
Scrivendo.
Fessure sui muri assolati
Lingue d'acqua succhiano sabbia e telline
Impronte
Non ci sei più ad inventare il resto
Impronta su impronta
rincorro l'assenza sotto le vele, sui muretti d'attracco
In qualsiasi luogo ti abbia visto, anche solo un momento,
passare.
L'inverno che sta arrivando
ha il colore dei tuoi capelli,
e dei tuoi occhi.
Piantati nei miei
quando mi hai detto addio.
Sono andata camminando,
anche in ginocchio
Sono andata chiamando
Ma i colori virano,
cambiano prospettive
Un tapis roulant
L'inverno che sta arrivando
ha il colore dei tuoi capelli,
gli occhi non li vedo più,
perduti tra i neon stanchi,
clacson lontani
E la nebbia.
Chi potrà mai dire di loro,
se non scogli, e scale,
e polverose strade /camminate a stento/
Il futuro fu il presente,
vissuto a gocce, tremolanti,
infilando le ore nei rottami sparsi,
sulla piazza deserta dei valori umani
Che significato avessero dato
al loro sopravvivere, cibandosi di loro stessi
nell'ingenuo intento di fondere anime livide,
resta un nodo che non scioglierà alcuno.
La distrazione di sentimenti
dal passato remoto,
usati, accartocciati, inservibili,
fermarono l'orologio alla prima ora
Il resto è storia che non ha lasciato segno,
ma tagli e scorie non riciclabili
Di tutte le misere storie moribonde,
fu la più tenace
Morì per mancanza d'umiltà,
lasciata vagare sola,
tra le distese verdi degli ulivi
Vicino al mare.
Mattinata blu stretta in lidi di paglia e ossi di seppia,
scruto l'orizzonte, il mento fra le gambe
neppur distratta dalla ruota del traghetto arrugginito
sporca battigia, odori marcescenti
Eppur mi piace
questo povero mare, così distante dall'oceano,
pruriginoso di zanzare, magico di notte
a guardare quel catino di stelle
e a ridere di noi. del destino
Giochiamolo adesso che non ci sei più, quel numero contato di pianeti,
giochiamolo ora,
che non ricordo quasi più chi sono
È sempre così difficile tornare qui
Per farmi male.
Le zone mute dell'esistenza
sono vicoli ciechi,
stretti da mura e balconcini,
panni stesi, radio lontane
Musica vecchia,
sgabuzzini con gli stracci
Ci si fa l'abitudine come al dormire,
se si dorme,
o si va via di soppiatto
se non si crede più.
Le zone mute dell'esistenza
sono incidenti di percorso,
cambiano il senso delle cose,
stendono lenzuola sulla testa
per non ritrovarsi nudi, a singhiozzare
Le zone mute dell'esistenza
sono cancrene da amputare,
un colpo secco, costringendosi al sorriso
e la mano in un'altra, per saltare il muro
Faticando a ritrovarsi,
stringendo gli occhi ormai incolori.
Eppure,
senza quelle putride piaghe marcescenti,
morte mute cieche, zone lontane, asfissianti,
senza respiro né aria dove attingerlo
Eppure,
non ti amerei così
No non ti amerei,
così...
San Lorenzo,
e le stelle cadono, i nervi a pezzi,.
piccole fabbriche di calunnie
Depresse dall'aspettativa terrena,
stroncate dai desideri insoluti
Ma io ricordo notti luminose,
dove tutto era possibile,
e il vento caldo riportava l'eco del mare
Divinità opulente,
soluzioni desiderate
Milioni di pailettes sulla scena,
e il sorriso degli amanti nascosto,
le teste abbassate
Pudiche stelle esauste, ora
illuminano scene d'indifferenza,
mentre gli amanti parlano di danaro
e il vento freddo, anche d'agosto,
chiude le ultime finestre sul mare.