in Poesie (Poesie personali)
Ansia d'elevazione
T'invidio, Cattedrale gotica,
per le tue guglie, che - esili e maestose -
quasi sfidano il cielo
ignorando i gradini del sagrato.
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T'invidio, Cattedrale gotica,
per le tue guglie, che - esili e maestose -
quasi sfidano il cielo
ignorando i gradini del sagrato.
Nuvole basse
rubano il crinale alla collina;
e soffoca, la nebbia, a poco a poco,
il nostro presepe
fatto di casette accovacciate
tra il muschio, sulla roccia.
Contorni spenti
di una giornata uggiosa
fanno da cornice al paesaggio
divenuto bianco,
tutto da dipingere
col nuovo sole di domani.
Vorrei scrivere,
con fili d'oro e d'argento,
dolci parole
sulle pareti
della tua fredda stanza,
e donarti, con esse,
il tepore di una dolce attesa.
Non amo i colori accesi,
le tinte smaglianti,
i contrasti vivaci
e, talora, discordi.
Amo le sfumature tenui,
i toni soffusi,
gli accenni discreti,
le monocromie.
Godo della luce del sole
quando scaglia le sue frecce,
all'aurora,
o quando indugia - vanitoso - allo zenit;
ma rimango assorto
quando, al tramonto, effonde
l'ultimo sbadiglio
che prelude al sonno della notte.
Come - a volte - cede, la ragione,
al sentimento,
così la parola
lascia spazio a tutti quei silenzi
che sono muti araldi dell'Amore.
I miei tormenti
li ho messi dentro una bottiglia
el ho affidati al mare.
Forse un naufrago -
incontrastato re
di un piccolo scoglio -
saprà che qualcun altro gli è compagno.
Voci indistinte,
arabeschi di tetre ragnatele,
innocenze profanate
irrimediabilmente.
Gineprai di facezie insulse,
vomito di roventi invettive
affidate al vento del deserto e proclamate
con altissimo suono di corno.
Aspre, rocciose pietraie,
intrise del veleno
di mille scorpioni brulicanti
in un continuo, incessante fermento.
Algide e misere lande
illanguidite da un silenzio irreale,
snervato, come di spirito vagante
alla ricerca dell'eterno nulla...
Esseri informi, mostruosamente fluttuanti
sopra un mare di catrame nero
come nera è la morte
di chi ha vissuto senza Dio!
Ricerco - brancolando -
immagini sepolte,
imprigionate da una lastra tombale
che suggella una memoria stremata,
svigorita.
Le tue parole, alfine,
l'argine, hanno rotto, di un silenzio
che urlava la tua voglia d'amare,
ed han fugato - come per incanto -
affanni silenziosi, quasi muti,
come porte sbarrate,
a nascondere il buio
della mia solitudine.
Mi emoziona l'aurora
che dipinge con i suoi colori
la felicità;
mi sorprende il fiorellino di campo
con la sua grazia
di magico microcosmo;
m'intenerisce il sorriso di un bambino
che profuma di candore
e di solare innocenza:
e penso a un Creatore...
M'impietosisce e a un tempo mi rattrista
Il volto spaurito di un bambino
specchio di miseria e di abbandono:
e penso all'Uomo!