Le migliori poesie inserite da Andrea De Candia

Questo utente ha inserito contributi anche in Frasi & Aforismi, in Umorismo, in Racconti, in Frasi per ogni occasione e in Diario.

Scritta da: Andrea De Candia

Autunno

Quieto è il dirupo folto di ginepro.
Pettina la criniera autunno – saura.

Va l'azzurro stridore dei suoi ferri
sopra il drappo fluviale delle sponde.

Con passo accorto, il vento – asceta monaco
macera foglie ai bordi delle strade.

E bacia sopra l'arbusto del sorbo
le rosse piaghe di un Cristo invisibile.
Vota la poesia: Commenta
    Scritta da: Andrea De Candia

    Flora alpina

    Ti vorrei dare questa stella alpina.
    Guardala: è grande e morbida. Sul foglio,
    pare un'esangue mano abbandonata.
    Sbucata dalle crepe di una roccia,
    o sui ghiaioni, o al ciglio di una gola,
    là si sbiancava alla più pura luce.
    Prendila: è monda e intatta. Questo dono
    non può farti del male, perché il cuore
    oggi ha il colore delle genzianelle.
    Vota la poesia: Commenta
      Scritta da: Andrea De Candia

      Rapimento

      Io sento l'aria ora di un'altra sfera
      e mi scolorano nel buio i volti
      benignamente a me prima rivolti.
      E alberi amati e strade come a sera
      oscurano, che appena li ravviso:
      e ombra tu chiara - voce al mio tormento -
      in più profonde fiamme ora sei spenta
      per solcarmi d'un brivido improvviso
      dopo la guerra cieca in cui deliro.
      In circoli mi sciolgo in lume, in suono
      e senza brama al fervido respiro
      in lode pura grato m'abbandono.
      Un violento soffio ora m'assale
      nell'ebbrezza del rito ove uno stuolo
      di donne implora prosternato al suolo.
      E il vapore di nebbie lento esala
      a una contrada fulgida di sole,
      che cinge solo alpestri ultime gole.
      Candida e molle come latte trema
      la terra... su dirupi enormi io varco:
      di là rapito della nube estrema,
      nuoto in un mar di cristallina luce -
      una favilla io ormai del fuoco sacro,
      io sono un rombo della sacra voce.
      Vota la poesia: Commenta
        Scritta da: Andrea De Candia

        Dolomiti

        Non monti, anime di monti sono
        queste pallide guglie, irrigidite
        in volontà d'ascesa. E noi strisciamo
        sull'ignota fermezza: a palmo a palmo,
        con l'arcuata tensione delle dita,
        con la piatta aderenza delle membra,
        guadagnammo la roccia; con la fame
        dei predatori, issiamo sulla pietra
        il nostro corpo molle; ebbri d'immenso,
        inalberiamo sopra l'irta vetta
        la nostra fragilità ardente. In basso,
        la roccia dura piange. Dalle nere,
        profonde crepe, cola un freddo pianto
        di gocce chiare: e subito sparisce
        sotto i massi franati. Ma, lì intorno,
        un azzurro fiorire di miosotidi
        tradisce l'umidore ed un remoto
        lamento s'ode, ch'è come il singhiozzo
        trattenuto, incessante, della terra.
        Vota la poesia: Commenta
          Scritta da: Andrea De Candia

          Come una litania su santa Ombra, la più sacra e profana nel contempo!

          Ombra fedele come una custodia,
          cane segugio di quella mia musica
          che sono i passi scritti sui leggii
          dei marciapiedi. Ombra, formica china
          trascini la mollica del mio corpo
          al nulla della meta più distante.
          Ombra, neonata, la mia carne un latte
          e le piante dei piedi, infimi seni
          cui succhi quel guadagno ch'è la vita.
          Ombra, carezza lieve del riflesso
          biondo, solare, ombra, più crudele
          masso attaccato a sprofondanti colli,
          giù verso il fondo – ché s'annega insieme –
          del mare caldo della passeggiata,
          eco di suola senza eco di scarpa
          e suo privilegiato farne a meno!
          Cadavere che porto inseppellito,
          onnipresente bara che la strada
          porta sulle sue spalle
          nel funebre corteo ch'è solitudine!
          Ombra vigliacca notte che ha implorato
          china fin sotto i piedi ad ogni passo,
          aspettando che alzassi le mie scarpe
          per rifugiarsi dalle paranoie
          del freddo, della pioggia, del suo essere,
          sentirsi nuda, tranne sotto il tetto
          provvisorio che io potevo offrirle!
          Chè sembri allontanarmi dalla luce
          anche se non sprofondo
          nel solo vero inferno
          del sottosuolo! Chè, più di mia madre,
          mi ami, ed è un amore possessivo,
          ma mi ami, m'ami, non mi uccideresti
          lo faresti a te stessa e non vorresti!
          Ombra, che ti riscopro
          cane fedele a sera, quando scelgo
          di cadere sul letto del mio sonno,
          entrato il corpo delle mie pupille
          sotto quelle lenzuola delle palpebre!
          Ombra, ché sembri non dormire mai!
          Ombra, me senza sensi!
          Ombra la senza voce, senza sguardo,
          la senza mano e piedi, senza naso,
          Morte che in vita vive solo inerzia!
          O forse Ombra caduta
          in me, che chiedi l'approfondimento
          e ti spalanchi in più buio colore,
          emergi, usi il corpo come bara
          per vivere sepolta, parassita!
          Ombra, custodia di un non mai suonato
          strumento della luce, unica nota,
          fama che si bisbiglia immeritata
          del me compositore che non sono,
          un non talento che infine è pur dono,
          composizione stanca trascinata
          fin dagli inizi, già verso la fine,
          e non coraggio dell'incompiutezza,
          ché ci pensa la Morte per finirla.
          Ombra, bara da cui fuoriuscirà
          vivendo solo un giorno quella data.
          Notte, ti penso, folle, quel totale
          di tutte le ombre divenute eterne
          di quelli morti che sono vissuti!
          Vota la poesia: Commenta