Le migliori poesie inserite da Andrea De Candia

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Scritta da: Andrea De Candia

Fotografia della folla

Nella foto della folla
la mia testa è la quarta dal bordo
o forse la settima da sinistra
o la ventesima dal basso;

la mia testa non so quale,
non più una, non più unica,
già simile alle simili,
né femminile, né maschile;

i segni che lei mi manda
non sono affatto particolari;

forse lo Spirito del Tempo
la vede, però non la guarda;

la mia testa statistica,
che consuma acciaio e cavi
tranquillamente, globalmente;

è qualunque e non si vergogna,
è scambiale, e non si dispera;

è come se non l'avessi fatto
a parte, a modo mio;

è come se si scavasse un cimitero
pieno di crani anonimi
di buona conservabilità
nonostante la mortalità;
come se lei già fosse là,
la mia testa d'altri, di chiunque -

dove, se qualcosa ricorda,
è il suo avvenire profondo.
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    Scritta da: Andrea De Candia

    Manicomio è parola assai più grande

    Manicomio è parola assai più grande
    delle oscure voragini del sogno,
    eppur veniva qualche volta al tempo
    filamento di azzurro o una canzone
    lontana di usignolo o si schiudeva
    la tua bocca mordendo nell'azzurro
    la menzogna feroce della vita.
    O una mano impietosa di malato
    saliva piano sulla tua finestra
    sillabando il tuo nome e finalmente
    sciolto il numero immondo ritrovavi
    tutta la serietà della tua vita.
    Composta mercoledì 25 marzo 2015
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      Scritta da: Andrea De Candia
      Madre diletta, mia sognata e vera
      verità, mia splendente meraviglia,
      madre diffusa come l'ape e il miele
      madre sostanza, tienimi nascosta
      dentro il tuo manto sì che io non veda
      sotterfugi ed inganni, in te io pura
      ridivento, siccome una bambina.
      Madre t'ho vista un giorno mentre prona
      sul pavimento t'invocavo piano
      eri bella e possente e mi guardavi
      con infinita eterna tenerezza
      a che più dirti, io non ho parole
      ma tu hai l'incanto delle cose buone,
      tu hai le parole che non hanno voce
      e che pure traversano le mura
      d'ogni esultanza, o madre che fanciullo
      tenesti il Cristo, guarda alle mie braccia
      che sono vuote e colmale di fiori
      o di spine o di luce o di tormento
      come ti piaccia e rendimi felice.
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        Scritta da: Andrea De Candia

        Metafisica

        È stato, è passato.
        È stato, dunque è passato.
        In una sequenza sempre irreversibile,
        poiché tale è la regola di questa partita persa.
        Conclusione banale, inutile scriverne,
        se non per il fatto incontestabile,
        un fatto per i secoli dei secoli,
        per l'intero cosmo, qual è e sarà,
        che qualcosa è stato davvero,
        finche non è passato,
        persino il fatto
        che oggi hai mangiato gnocchi con i ciccioli.
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          Scritta da: Andrea De Candia

          Resurrezione di Cristo

          Perché ancora alla mente
          traccia sopporto corporale d'ieri,
          premere con la mano ritemprata
          questo sasso mi è dolce
          come a provare il fascino di Dio.
          Rivedrò i lutti, ovali
          miracolosi delle donne spente
          nel mio dritto abbandono.
          E il volto di Maria
          risuonerà nelle sue note piene.
          La terra era pur dolce
          al mio lento sviluppo
          e più cara che all'uomo se la fine
          mi sollevava dalla riprensione.
          Per cadenzare armonico il mio passo
          sopra la sabbia, vale ch'io risorga.
          Composta giovedì 7 aprile 2016
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            Scritta da: Andrea De Candia

            Confessione

            Tu mi domandi per sempre,
            ma io non ho vita continua;
            ti nutrirei di attimi soltanto.
            Sono l'apparizione che dilegua,
            e il tempo che intercorre fra due tappe
            è una tregua a favore della morte.
            Io vivo nello spazio di un amplesso:
            tu stesso mi maturi senza accorgerti
            sotto il tepore delle tue carezze...
            Ma ti confesso, e credimi:
            non c'è forma di donna che continui,
            dentro di me, il rovescio dell'amante.
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              Scritta da: Andrea De Candia
              E ancora a te io prego con le braccia
              tese al tuo sangue. In me l'antica data
              della dimestichezza della donna
              vive ancora terribile. Se schiava
              mi facessi di un sordo desiderio
              ti amerei rassegnata;
              se penetrassi nell'anima pura
              che ho sortita nascendo
              ti amerei d'un amore disperato.
              Ma se tu contemplassi nel mio viso
              tutta la rotazione di un pensiero
              anche senza comprenderlo, io forse
              impazzirei di tesa meraviglia
              a riguardare l'occhio del mio sposo.
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                Scritta da: Andrea De Candia

                La vergine

                Non avete veduto le farfalle
                con che leggera grazia
                sfiorano le corolle in primavera?
                Con pari leggerezza
                limpido aleggia sulle cose tutte
                lo sguardo della vergine sorella.
                Non avete veduto quand'è notte
                le vergognose stelle
                avanzare la luce e ritirarla?...
                Così, timidamente, la parola
                varca la soglia
                del suo labbro al silenzio costumato.
                Non ha forma la veste ch'essa porta,
                la luce che ne filtra
                ne disperde i contorni. Il suo bel volto
                non si sa ove cominci, il suo sorriso
                ha la potenza di un abbraccio immenso.
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                  Scritta da: Andrea De Candia

                  Estasi di S. Luigi Gonzaga

                  Coi ginocchi piegati
                  sul primo dei tre gradini dell'Altare,
                  Dio dell'innocenza
                  io Ti chiedo al mio amplesso.
                  Non tarderanno a sorprendermi
                  braccia d'incensi mistici ondeggianti
                  al sommo delle mie chiaroveggenze.
                  Né mancheranno i grappoli nevosi
                  delle Tue leggiadrissime abbondanze
                  al mio secco palato.
                  Ti vedo, Estasi ripida dell'oro,
                  flusso di gemma alzata all'agonia:
                  Il Tuo Unico Senso
                  occhieggia misterioso e ineluttabile
                  dietro cieca persiana.
                  E Ti canto in segreto
                  spiccando gigli e spade dalla gola
                  ch'esita a rivelarsi
                  in tutta la sua ampiezza prodigiosa.
                  Ah, Dio dei miei miracoli segreti:
                  vengo a nutrire della mia presenza
                  il seme di Misura
                  che m'appartiene e indugia nel Tuo palmo.
                  Quando germoglierà la mia Figura?
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