Le migliori poesie inserite da Andrea De Candia

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Scritta da: Andrea De Candia

Non invano hanno soffiato i venti

Non invano hanno soffiato i venti,
non invano c'è stata la tempesta.
Un misterioso qualcuno ha colmato
i miei occhi di placida luce.

Qualcuno con primaverile dolcezza
ha placato nella nebbia azzurrina
la mia nostalgia per una bellissima,
ma straniera, arcana terra.

Non mi opprime il latteo silenzio,
non mi angoscia la paura delle stelle.
Mi sono affezionato al mondo e all'eterno
come al focolare natio.

Tutto in esso è buono e santo,
e ciò che turba è luminoso.
Schiocca sul vetro del lago
il papavero rosso del tramonto.

E senza volerlo nel mare di grano
un'immagine si strappa dalla lingua:
il cielo che ha figliato
lecca il suo rosso vitello.
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    Scritta da: Andrea De Candia

    La primavera

    L'inverno aveva rinfrescato anche
    il colore delle rocce. Dai monti scendevano,
    vene d'argento, mille rivoletti silenziosi,
    scintillanti tra il verde vivido dell'erba.
    Il torrente sussultava in fondo alla valle tra
    i peschi e i mandorli fioriti, e tutto era puro,
    giovane, fresco, sotto la luce argentea del cielo.
    Composta mercoledì 25 febbraio 2015
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      Scritta da: Andrea De Candia

      Maturo autunno

      Sono completo in natura, in
      pieno meriggio d'aurea maturezza,
      alto vento nel verde attraversato.
      Ricco frutto recondito, contengo
      il grande elementare in me (la terra,
      il fuoco, l'acqua, l'aria) l'infinito.

      Io grondo luce: indoro il luogo oscuro,
      mando odore: profumo di dio l'ombra,
      emano suono: è musica l'ampiezza,
      stillo sapore: il mondo beve l'anima,
      diletto il tatto della solitudine.

      Son tesoro supremo, liberato
      con densità e pienezza di pura iride,
      dal seno dell'azione. Sono tutto.
      Il tutto che è la sommità del niente,
      il tutto che si basta e che è servito
      da quanto ancora ha nome d'ambizione.
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        Scritta da: Andrea De Candia

        Canto della mia nudità

        Guardami: sono nuda. Dall'inquieto
        languore della mia capigliatura
        alla tensione snella del mio piede,
        io sono tutta una magrezza acerba
        inguainata in un color avorio.
        Guarda: pallida è la carne mia.
        Si direbbe che il sangue non vi scorra.
        Rosso non ne traspare. Solo un languido
        palpito azzurro sfuma in mezzo al petto.
        Vedi come incavato ho il ventre. Incerta
        è la curva dei fianchi, ma i ginocchi
        e le caviglie e tutte le giunture,
        ho scarne e salde come un puro sangue.
        Oggi, m'inarco nuda, nel nitore
        del bagno bianco e m'inarcherò nuda
        domani sopra un letto, se qualcuno
        mi prenderà. E un giorno nuda, sola,
        stesa supina sotto troppa terra,
        starò, quando la morte avrà chiamato.
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          Scritta da: Andrea De Candia

          Autunno

          Quieto è il dirupo folto di ginepro.
          Pettina la criniera autunno – saura.

          Va l'azzurro stridore dei suoi ferri
          sopra il drappo fluviale delle sponde.

          Con passo accorto, il vento – asceta monaco
          macera foglie ai bordi delle strade.

          E bacia sopra l'arbusto del sorbo
          le rosse piaghe di un Cristo invisibile.
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