Le migliori poesie inserite da Andrea De Candia

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Scritta da: Andrea De Candia

Un incontro inatteso

Siamo molto cortesi l'uno con l'altro,
diciamo che è bello incontrarsi dopo anni.

Le nostre tigri bevono latte.
I nostri sparvieri vanno a piedi.
I nostri squali affogano nell'acqua.
I nostri lupi sbadigliano a gabbia aperta.

Le nostre vipere si sono scrollate di dosso i lampi,
le scimmie gli slanci, i pavoni le penne.
I pipistrelli già da tanto sono volati via dai nostri capelli.

Ci fermiamo a metà frase,
senza scampo sorridenti.
La nostra gente
non sa parlarsi.
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    Scritta da: Andrea De Candia

    Impresso nella memoria

    Si amarono tra i noccioli
    sotto soli di rugiada,
    raccolsero nei capelli,
    foglie e terra bagnata.

    Cuore della rondine,
    abbi pietà di loro.

    In ginocchio sulla riva,
    pettinarono le foglie,
    e i pesci si accostavano
    lucenti nelle scaglie.

    Cuore della rondine,
    abbi pietà di loro.

    I riflessi degli alberi _
    fumo sull'onda minuta.
    Rondine, fa che da loro mai
    sia dimenticato.

    Rondine, spina di nube,
    ancora dell'aria,
    Icaro perfezionato,
    frac asceso in cielo,

    rondine calligrafa,
    lancetta senza minuti,
    primo gotico pennuto,
    strabismo nell'alto dei cieli,

    rondine, silenzio acuto,
    lutto festante,
    aureola degli amanti,
    abbi pietà di loro.
    Composta lunedì 7 marzo 2016
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      Scritta da: Andrea De Candia

      Visto dall'alto

      Su un viottolo giace uno scarabeo morto.
      tre paia di zampette ripiegate con cura sul ventre.
      Invece del disordine della morte - ordine e pulizia.
      L'orrore di questo spettacolo è moderato,
      la sua portata locale, dalla gramigna alla menta.
      La tristezza non si trasmette.
      Il cielo è azzurro.

      Per nostra tranquillità – gli animali non muoiono
      ma crepano d'una morte per così dire più piatta,
      perdendo - vogliamo crederlo – meno sensibilità e mondo,
      uscendo – così ci pare - da una scena meno tragica.
      Le loro animucce mansuete non ci ossessionano la notte,
      mantengono la distanza,
      conoscono i mores.

      E così questo scarabeo morto sul viottolo
      brilla non compianto verso il sole.
      Basta pensarci per la durata di uno sguardo:
      sembra che non gli sia accaduto nulla d'importante.
      L'importante, pare, riguarda noi.
      Solo la nostra vita, solo la nostra morte,
      una morte che gode di una forzata precedenza.
      Composta lunedì 3 agosto 2015
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        Scritta da: Andrea De Candia
        Quando codesto dèmone mi assalta,
        e con mani gravose e con mascelle
        dense di schiuma tutta mi divora,
        io mi rivolgo a te con gli occhi pieni
        di muto assenso e non ti dico basta,
        so quel che soffri mio signore quando
        ho le mani contorte e gli occhi muti,
        so che mi vedi fremere di rabbia
        contro mille imposture, o canto vero,
        se potessi tu pure come esperto
        grave chirurgo giungermi nel cuore
        e strapparvi il tormento, allora un urlo
        io darei di beata meraviglia,
        di contentezza, o Dio adorato e pieno
        come la notte, se mi capovolgo
        vedo le stelle e oscuri firmamenti
        tremano in me, di notte, quando taci.
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          Scritta da: Andrea De Candia
          Prima che si concluda questo amore
          lascia che io ringrazi il mio destino
          per il bene assoluto che m'ha dato,
          per la fame dei sensi, per l'arsura
          che mi ha preso alla gola. Prima di andare
          lascia che ti riporti sul cammino
          dove giungesti o mio sanato amore
          così divino e immobile e lontano
          ch'io non oso toccarti. Addio, mai Nume
          fu più profondo e grande, mai d'altezze
          tali giunsi al confine. Addio mio inganno
          tacito e dolce come un grande lago.
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            Scritta da: Andrea De Candia
            La sacra notte all'orizzonte è sorta
            e il consolante, grato giorno
            ha rotolato quasi velo d'oro,
            velo gettato sull'abisso. Come
            visione è dileguato il mondo esterno...
            E l'uomo ormai, quale orfanello privo
            di ricetto, sta nudo ed impotente,
            a faccia a faccia con il nero abisso.

            Ed è a se stesso abbandonato, il senno
            annullato, il pensiero derelitto;
            nell'anima sua propria inabissato,
            né di fuori è sostegno né confine...
            Ed ogni cosa luminosa e viva
            gli pare adesso trapassato sogno...
            E nel notturno, estraneo, indecifrato
            conosce egli il retaggio familiare.
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