Scritta da: Andrea De Candia
in Poesie (Poesie d'Autore)
Amen per la Domenica in Albis
Non m'hai tradito, Signore,
d'ogni dolore
son fatto primo nato.
Composta martedì 3 marzo 2015
Non m'hai tradito, Signore,
d'ogni dolore
son fatto primo nato.
Siamo molto cortesi l'uno con l'altro,
diciamo che è bello incontrarsi dopo anni.
Le nostre tigri bevono latte.
I nostri sparvieri vanno a piedi.
I nostri squali affogano nell'acqua.
I nostri lupi sbadigliano a gabbia aperta.
Le nostre vipere si sono scrollate di dosso i lampi,
le scimmie gli slanci, i pavoni le penne.
I pipistrelli già da tanto sono volati via dai nostri capelli.
Ci fermiamo a metà frase,
senza scampo sorridenti.
La nostra gente
non sa parlarsi.
Si amarono tra i noccioli
sotto soli di rugiada,
raccolsero nei capelli,
foglie e terra bagnata.
Cuore della rondine,
abbi pietà di loro.
In ginocchio sulla riva,
pettinarono le foglie,
e i pesci si accostavano
lucenti nelle scaglie.
Cuore della rondine,
abbi pietà di loro.
I riflessi degli alberi _
fumo sull'onda minuta.
Rondine, fa che da loro mai
sia dimenticato.
Rondine, spina di nube,
ancora dell'aria,
Icaro perfezionato,
frac asceso in cielo,
rondine calligrafa,
lancetta senza minuti,
primo gotico pennuto,
strabismo nell'alto dei cieli,
rondine, silenzio acuto,
lutto festante,
aureola degli amanti,
abbi pietà di loro.
La luna s'apre nei giardini del manicomio,
qualche malato sospira,
mano nella tasca nuda.
La luna chiede tormento
e chiede sangue ai reclusi:
ho visto un malato
morire dissanguato
sotto la luna accesa.
Su un viottolo giace uno scarabeo morto.
tre paia di zampette ripiegate con cura sul ventre.
Invece del disordine della morte - ordine e pulizia.
L'orrore di questo spettacolo è moderato,
la sua portata locale, dalla gramigna alla menta.
La tristezza non si trasmette.
Il cielo è azzurro.
Per nostra tranquillità – gli animali non muoiono
ma crepano d'una morte per così dire più piatta,
perdendo - vogliamo crederlo – meno sensibilità e mondo,
uscendo – così ci pare - da una scena meno tragica.
Le loro animucce mansuete non ci ossessionano la notte,
mantengono la distanza,
conoscono i mores.
E così questo scarabeo morto sul viottolo
brilla non compianto verso il sole.
Basta pensarci per la durata di uno sguardo:
sembra che non gli sia accaduto nulla d'importante.
L'importante, pare, riguarda noi.
Solo la nostra vita, solo la nostra morte,
una morte che gode di una forzata precedenza.
Luna,
Piuma di cielo,
Cosi velina,
Arida,
Trasporti il murmure d'anime spoglie?
E alla pallida che diranno mai
Pipistrelli dai ruderi del teatro,
In sogno quelle capre,
E fra arse foglie come in fermo fumo
Con tutto il suo sgolarsi di cristallo
Un usignuolo?
Da quella stella all'altra
si carcera la notte
in turbinante vuota dismisura,
da quella solitudine di stella
a quella solitudine di stella.
Quando codesto dèmone mi assalta,
e con mani gravose e con mascelle
dense di schiuma tutta mi divora,
io mi rivolgo a te con gli occhi pieni
di muto assenso e non ti dico basta,
so quel che soffri mio signore quando
ho le mani contorte e gli occhi muti,
so che mi vedi fremere di rabbia
contro mille imposture, o canto vero,
se potessi tu pure come esperto
grave chirurgo giungermi nel cuore
e strapparvi il tormento, allora un urlo
io darei di beata meraviglia,
di contentezza, o Dio adorato e pieno
come la notte, se mi capovolgo
vedo le stelle e oscuri firmamenti
tremano in me, di notte, quando taci.
Prima che si concluda questo amore
lascia che io ringrazi il mio destino
per il bene assoluto che m'ha dato,
per la fame dei sensi, per l'arsura
che mi ha preso alla gola. Prima di andare
lascia che ti riporti sul cammino
dove giungesti o mio sanato amore
così divino e immobile e lontano
ch'io non oso toccarti. Addio, mai Nume
fu più profondo e grande, mai d'altezze
tali giunsi al confine. Addio mio inganno
tacito e dolce come un grande lago.
La sacra notte all'orizzonte è sorta
e il consolante, grato giorno
ha rotolato quasi velo d'oro,
velo gettato sull'abisso. Come
visione è dileguato il mondo esterno...
E l'uomo ormai, quale orfanello privo
di ricetto, sta nudo ed impotente,
a faccia a faccia con il nero abisso.
Ed è a se stesso abbandonato, il senno
annullato, il pensiero derelitto;
nell'anima sua propria inabissato,
né di fuori è sostegno né confine...
Ed ogni cosa luminosa e viva
gli pare adesso trapassato sogno...
E nel notturno, estraneo, indecifrato
conosce egli il retaggio familiare.