Le migliori poesie inserite da Andrea De Candia

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Scritta da: Andrea De Candia

Per una rosa

Vorrei essere te, così violenta
così aspra d'amore,
così accesa di vene di bellezza
e così castigata.

Vorrei essere te: sola è piovuta
una splendida frase musicale
dalle mani di Dio quando protese
dentro l'abbraccio della creazione
spaventava ogni nulla
e il cammino degli esseri incalzava.

Tu sei pausa di Dio: Dio in te riposa.
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    Scritta da: Andrea De Candia

    Elogio dei sogni

    In sogno
    dipingo come Vermeer.

    Parlo correntemente il greco
    e non soltanto con i vivi.

    Guido l'automobile,
    che mi obbedisce.

    Ho talento,
    scrivo grandi poemi.

    Odo voci
    non peggio di autorevoli santi.

    Sareste sbalorditi
    dal mio virtuosismo al pianoforte.

    Volo come si deve,
    ossia da sola.

    Cadendo da un tetto
    so cadere dolcemente sul verde.

    Non ho difficoltà
    a respirare sott'acqua.

    Non mi lamento:
    sono riuscita a trovare l'Atlantide.

    Mi rallegro di sapermi sempre svegliare
    prima di morire.

    Non appena scoppia una guerra
    mi giro sul fianco preferito.

    Sono, ma non devo
    esserlo, una figlia del secolo.

    Qualche anno fa
    ho visto due soli.

    E l'altro ieri un pinguino.
    Con la massima chiarezza.
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      Scritta da: Andrea De Candia

      L'odio

      Guardate com'è sempre efficiente,
      come si mantiene in forma
      nel nostro secolo l'odio.
      Con quanta facilità supera gli ostacoli.
      Come gli è facile avventarsi, agguantare.

      Non è come gli altri sentimenti.
      Insieme più vecchio e più giovane di loro.
      Da solo genera le cause
      che lo fanno nascere.
      Se si addormenta, il suo non è mai un sonno eterno.
      L'insonnia non lo indebolisce, ma lo rafforza.

      Religione o non religione -
      purché ci si inginocchi per il via.
      Patria o no -
      purché si scatti alla partenza.
      Anche la giustizia va bene all'inizio.
      Poi corre tutto solo.
      L'odio. L'odio.
      Una smorfia di estasi amorosa
      gli deforma il viso.

      Oh, quegli altri sentimenti -
      malaticci e fiacchi.
      Da quando la fratellanza
      può contare sulle folle?
      La compassione è mai
      giunta prima al traguardo?
      Il dubbio quanti volenterosi trascina?
      Lui solo trascina, che sa il fatto suo.

      Capace, sveglio, molto laborioso.
      Occorre dire quanti canzoni ha composto?
      Quante pagine ha scritto nei libri di storia?
      Quanti tappeti umani ha disteso
      su quante piazze, stadi?

      Diciamoci la verità:
      sa creare bellezza.
      Splendidi i suoi bagliori nella notte nera.
      Magnifiche le nubi degli scoppi nell'alba rosata.
      Innegabile è il pathos delle rovine
      e l'umorismo grasso
      della colonna che vigorosa le sovrasta.

      è un maestro del contrasto
      tra fracasso e silenzio,
      tra sangue rosso e neve bianca.
      E soprattutto non lo annoia mai
      il motivo del lindo carnefice
      sopra la vittima insozzata.

      In ogni istante è pronto a nuovi compiti.
      Se deve aspettare, aspetterà.
      Lo dicono cieco. Cieco?
      Ha la vista acuta del cecchino
      e guarda risoluto al futuro
      - lui solo.
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        Scritta da: Andrea De Candia

        Una vita all'istante

        Una vita all'istante.
        Spettacolo senza prove.
        Corpo senza modifiche.
        Testa senza riflessione.

        Non conosco la parte che recito.
        So solo che è la mia, non mutabile.

        Il soggetto della pièce
        va indovinato direttamente in scena.

        Mal preparata all'onore di vivere,
        reggo a fatica il ritmo imposto dell'azione.
        Improvviso, benché detesti improvvisare.
        Inciampo a ogni passo nella mia ignoranza.
        Il mio modo di fare sa di provinciale.
        I miei istinti hanno del dilettante.
        L'agitazione, che mi scusa, tanto più mi umilia.
        Sento come crudeli le attenuanti.

        Parole e impulsi non revocabili,
        stelle non calcolate,
        il carattere come un capotto abbandonato in corsa -
        ecco gli esiti penosi di tale fulmineità.

        Poter provare prima, almeno un mercoledì,
        o replicare ancora una volta, almeno un giovedì!
        Ma qui già sopraggiunge il venerdì
        con un copione che non conosco.
        Mi chiedo se sia giusto
        (con voce rauca,
        perché neanche l'ho potuta schiarire tra le quinte).

        Illusorio pensare che sia solo un esame superficiale,
        fatto in un locale provvisorio. No.

        Sto sulla scena e vedo quant'è solida.
        Mi colpisce la precisione di ogni attrezzo.
        Il girevole è già in funzione da tempo.
        Anche le nebulose più lontane sono state accese.
        Oh, non ho dubbi che questa sia la prima.
        E qualunque cosa io faccia,
        si muterà per sempre in ciò che ho fatto.
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          Scritta da: Andrea De Candia
          Sono un uomo ferito.
          E me ne vorrei andare
          e finalmente giungere,
          pietà, dove si ascolta
          l'uomo che è solo con sé.
          Non ho che superbia e bontà.
          E mi sento esiliato in mezzo agli uomini.
          Ma per essi sto in pena.
          Non sarei degno di tornare in me?
          Ho popolato di nomi il silenzio.
          Ho fatto a pezzi cuore e mente
          per cadere in servitù di parole?
          Regno sopra fantasmi.
          O foglie secche,
          anima portata qua e là...
          no, odio il vento e la sua voce
          di bestia immemorabile.
          Dio, coloro che t'implorano
          non ti conoscono più che di nome?
          M'hai discacciato dalla vita.
          Mi discaccerai dalla morte?
          Forse l'uomo è anche indegno di sperare.
          Anche la fonte del rimorso è secca?
          Il peccato che importa,
          se alla purezza non conduce più.
          La carne si ricorda appena
          che una volta fu forte.
          È folle e usata, l'anima.
          Dio guarda la nostra debolezza.
          Vorremmo una certezza.
          Di noi nemmeno più ridi?
          E compiangici dunque, crudeltà.
          Non ne posso più di stare murato
          nel desiderio senza amore.
          Una traccia mostraci di giustizia.
          La tua legge qual è?
          Fulmina le mie povere emozioni,
          liberami dall'inquietudine.
          Sono stanco di urlare senza voce.
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            Scritta da: Andrea De Candia

            Paura dei tuoi occhi

            Paura dei tuoi occhi,
            di quel vertice puro
            entro cui batte il pensiero,
            paura del tuo sguardo
            nascosto velluto d'algebra
            col quale mi percorri,
            paura delle tue mani
            calamite leggere
            che chiedono linfa,
            paura dei tuoi ginocchi
            che premono il mio grembo
            e poi ancora paura
            sempre sempre paura,
            finché il mare sommerge
            questa mia debole carne
            e io giaccio sfinita
            su te che diventi spiaggia
            e io che divento onda
            che tu percuoti e percuoti
            con il tuo remo d'Amore.
            Composta martedì 4 agosto 2015
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              Scritta da: Andrea De Candia

              Nato

              Dunque è sua madre.
              Questa piccola donna.
              Artefice dagli occhi grigi.

              La barca su cui, anni fa,
              lui approdò alla riva.

              È da lei che si è tirato fuori
              nel mondo,
              nella non-eternità.

              Genitrice dell'uomo
              con cui salto attraverso il fuoco.

              È dunque lei, l'unica
              che non lo scelse
              pronto, compiuto.

              Da sola lo tirò
              dentro la pelle a me nota,
              lo attaccò alle ossa
              a me nascoste.

              Da sola egli cercò
              gli occhi grigi
              con cui mi ha guardato.

              Dunque è lei, la sua Alfa.
              Perché mai me l'ha mostrata?

              Nato.
              Così è nato, anche lui.
              Nato come tutti.
              Come me, che morirò.

              Figlio d'una donna reale.
              Uno giunto dalle profondità del corpo.
              In viaggio verso l'Omega.

              Esposto
              alla propria assenza
              da ogni dove,
              in ogni istante.

              E la sua testa
              è una testa contro un muro
              cedevole per ora.

              E le sue mosse
              sono tentativi di eludere
              il verdetto universale.

              Ho capito
              che è già a metà cammino.

              Ma questo a me non l'ha detto,
              no.

              "Questa è mia madre"
              mi ha detto soltanto.
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