Le migliori poesie inserite da Andrea De Candia

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Scritta da: Andrea De Candia

Nato

Dunque è sua madre.
Questa piccola donna.
Artefice dagli occhi grigi.

La barca su cui, anni fa,
lui approdò alla riva.

È da lei che si è tirato fuori
nel mondo,
nella non-eternità.

Genitrice dell'uomo
con cui salto attraverso il fuoco.

È dunque lei, l'unica
che non lo scelse
pronto, compiuto.

Da sola lo tirò
dentro la pelle a me nota,
lo attaccò alle ossa
a me nascoste.

Da sola egli cercò
gli occhi grigi
con cui mi ha guardato.

Dunque è lei, la sua Alfa.
Perché mai me l'ha mostrata?

Nato.
Così è nato, anche lui.
Nato come tutti.
Come me, che morirò.

Figlio d'una donna reale.
Uno giunto dalle profondità del corpo.
In viaggio verso l'Omega.

Esposto
alla propria assenza
da ogni dove,
in ogni istante.

E la sua testa
è una testa contro un muro
cedevole per ora.

E le sue mosse
sono tentativi di eludere
il verdetto universale.

Ho capito
che è già a metà cammino.

Ma questo a me non l'ha detto,
no.

"Questa è mia madre"
mi ha detto soltanto.
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    Scritta da: Andrea De Candia

    Ad ognuno un giorno

    A ognuno un giorno muore un proprio caro,
    tra l'essere e il non essere
    è costretto a scegliere il secondo.

    È duro riconoscere che è un fatto banale,
    incluso nel corso degli eventi,
    conforme a procedura,

    prima o poi inserito nell'ordine del giorno,
    della sera, della notte, di un pallido mattino;

    scontato come una voce dell'indice,
    come un paragrafo del codice,
    come una data qualsiasi
    del calendario.

    Ma è il diritto e il rovescio della natura.
    Il suo omen e amen distribuiti a caso.
    La sua casistica e la sua onnipotenza.

    Solo ogni tanto
    ci mostra un po' di cortesia -
    i nostri cari morti
    ce li butta nei sogni.
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      Scritta da: Andrea De Candia

      Paura dei tuoi occhi

      Paura dei tuoi occhi,
      di quel vertice puro
      entro cui batte il pensiero,
      paura del tuo sguardo
      nascosto velluto d'algebra
      col quale mi percorri,
      paura delle tue mani
      calamite leggere
      che chiedono linfa,
      paura dei tuoi ginocchi
      che premono il mio grembo
      e poi ancora paura
      sempre sempre paura,
      finché il mare sommerge
      questa mia debole carne
      e io giaccio sfinita
      su te che diventi spiaggia
      e io che divento onda
      che tu percuoti e percuoti
      con il tuo remo d'Amore.
      Composta martedì 4 agosto 2015
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        Scritta da: Andrea De Candia
        Come crepiti nelle mie mani.
        Da quando ti ho conosciuto
        ho perso i valori estremi della vita.
        Sai quanto pesa una carezza?
        Sai cosa sono le mani?
        Sono uccelli che cercano orizzonti,
        sono uccelli che cercano pace,
        sono le mani dell'intelligenza e della ritrosia,
        sono il pane quotidiano degli angeli,
        sono le ali che cercano refrigerio.
        Il tuo volto è un nido d'aria
        attraverso il quale io trovo il mio nulla.
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          Scritta da: Andrea De Candia
          E tu che hai messo mano al mio dolore
          con la dolcezza che distingue il bene
          padre esemplare di un retta schiera
          di progenie devota benedetto
          sei per quella tua ripida pazienza
          conoscitrice delle cose insane
          né ti fa meraviglia l'ardua specie
          del dolore scoperto alle tue mani
          può venir palpitante una fanciulla
          ed un brivido assurdo: sei l'umano
          incarnato nell'era degli dei.
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            Scritta da: Andrea De Candia

            Reciprocità

            Ci sono cataloghi di cataloghi.
            Poesie su poesie.
            Ci sono drammi su attori recitati da attori.
            Lettere in risposta a lettere.
            Parole che spiegano parole.
            Cervelli impegnati a studiare il cervello.
            Ci sono tristezze contagiose come il riso.
            Carte nate da carte macerate.
            Sguardi veduti.
            Casi declinati da casi.
            Fiumi grandi per il copioso contributo di piccoli.
            Foreste infestate da foreste.
            Macchine destinate a produrre macchine.
            Sogni che all'improvviso ci destano dai sogni.
            Una salute di ferro necessaria a riacquistare la salute.
            Scale che portano giù come portano su.
            Occhiali per cercare occhiali.
            L'inspirazione e l'espirazione del respiro.
            E ci sia anche, almeno di tanto in tanto,
            l'odio dell'odio.
            Perché alla fin fine
            c'è l'ignoranza dell'ignoranza.
            E mani ingaggiate per lavarsene le mani.
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