Le migliori poesie inserite da Andrea De Candia

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Scritta da: Andrea De Candia

Nato

Dunque è sua madre.
Questa piccola donna.
Artefice dagli occhi grigi.

La barca su cui, anni fa,
lui approdò alla riva.

È da lei che si è tirato fuori
nel mondo,
nella non-eternità.

Genitrice dell'uomo
con cui salto attraverso il fuoco.

È dunque lei, l'unica
che non lo scelse
pronto, compiuto.

Da sola lo tirò
dentro la pelle a me nota,
lo attaccò alle ossa
a me nascoste.

Da sola egli cercò
gli occhi grigi
con cui mi ha guardato.

Dunque è lei, la sua Alfa.
Perché mai me l'ha mostrata?

Nato.
Così è nato, anche lui.
Nato come tutti.
Come me, che morirò.

Figlio d'una donna reale.
Uno giunto dalle profondità del corpo.
In viaggio verso l'Omega.

Esposto
alla propria assenza
da ogni dove,
in ogni istante.

E la sua testa
è una testa contro un muro
cedevole per ora.

E le sue mosse
sono tentativi di eludere
il verdetto universale.

Ho capito
che è già a metà cammino.

Ma questo a me non l'ha detto,
no.

"Questa è mia madre"
mi ha detto soltanto.
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    Scritta da: Andrea De Candia

    Contributo alla statistica

    Su cento persone

    che ne sanno sempre più degli altri
    - cinquantadue;

    insicuri ad ogni passo
    - quasi tutti gli altri;

    pronti ad aiutare
    purché la cosa non duri molto
    - ben quarantanove;

    buoni sempre,
    perché non sanno fare altrimenti
    - quattro, bè, forse cinque;

    propensi ad ammirare senza invidia
    - diciotto;

    viventi con la continua paura
    di qualcuno o qualcosa
    - settantasette;

    dotati per la felicità,
    - al massimo poco più di venti;

    innocui singolarmente,
    che imbarbariscono nella folla
    - di sicuro più della metà;

    crudeli,
    se costretti dalle circostanze
    - è meglio non saperlo
    neppure approssimativamente;

    quelli col senno di poi
    - non molti di più
    di quelli col senno di prima;

    che dalla vita prendono solo cose
    - quaranta,
    anche se vorrei sbagliarmi;

    ripiegati, dolenti
    e senza torcia nel buio
    - ottantatré
    prima o poi;

    degni di compassione
    - novantanove;

    mortali
    - cento su cento.
    Numero al momento invariato.
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      Scritta da: Andrea De Candia

      Amami

      Amami
      e nel ricordo prendi la fionda antica
      e battimi i capelli. Mi vedrai crescere
      nera come la foresta dell'Amazzonia,
      ma se scosti i miei rami vedrai nella mia lingua
      uccelli variopinti e paradisi terrestri.
      Allora non pregare il Signore,
      perché la dovizia del mio canto
      io l'ho rubata a lui in un giorno di distrazione.
      Composta domenica 12 aprile 2015
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        Scritta da: Andrea De Candia

        Ad ognuno un giorno

        A ognuno un giorno muore un proprio caro,
        tra l'essere e il non essere
        è costretto a scegliere il secondo.

        È duro riconoscere che è un fatto banale,
        incluso nel corso degli eventi,
        conforme a procedura,

        prima o poi inserito nell'ordine del giorno,
        della sera, della notte, di un pallido mattino;

        scontato come una voce dell'indice,
        come un paragrafo del codice,
        come una data qualsiasi
        del calendario.

        Ma è il diritto e il rovescio della natura.
        Il suo omen e amen distribuiti a caso.
        La sua casistica e la sua onnipotenza.

        Solo ogni tanto
        ci mostra un po' di cortesia -
        i nostri cari morti
        ce li butta nei sogni.
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          Scritta da: Andrea De Candia
          Come crepiti nelle mie mani.
          Da quando ti ho conosciuto
          ho perso i valori estremi della vita.
          Sai quanto pesa una carezza?
          Sai cosa sono le mani?
          Sono uccelli che cercano orizzonti,
          sono uccelli che cercano pace,
          sono le mani dell'intelligenza e della ritrosia,
          sono il pane quotidiano degli angeli,
          sono le ali che cercano refrigerio.
          Il tuo volto è un nido d'aria
          attraverso il quale io trovo il mio nulla.
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            Scritta da: Andrea De Candia
            E tu che hai messo mano al mio dolore
            con la dolcezza che distingue il bene
            padre esemplare di un retta schiera
            di progenie devota benedetto
            sei per quella tua ripida pazienza
            conoscitrice delle cose insane
            né ti fa meraviglia l'ardua specie
            del dolore scoperto alle tue mani
            può venir palpitante una fanciulla
            ed un brivido assurdo: sei l'umano
            incarnato nell'era degli dei.
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              Scritta da: Andrea De Candia

              Reciprocità

              Ci sono cataloghi di cataloghi.
              Poesie su poesie.
              Ci sono drammi su attori recitati da attori.
              Lettere in risposta a lettere.
              Parole che spiegano parole.
              Cervelli impegnati a studiare il cervello.
              Ci sono tristezze contagiose come il riso.
              Carte nate da carte macerate.
              Sguardi veduti.
              Casi declinati da casi.
              Fiumi grandi per il copioso contributo di piccoli.
              Foreste infestate da foreste.
              Macchine destinate a produrre macchine.
              Sogni che all'improvviso ci destano dai sogni.
              Una salute di ferro necessaria a riacquistare la salute.
              Scale che portano giù come portano su.
              Occhiali per cercare occhiali.
              L'inspirazione e l'espirazione del respiro.
              E ci sia anche, almeno di tanto in tanto,
              l'odio dell'odio.
              Perché alla fin fine
              c'è l'ignoranza dell'ignoranza.
              E mani ingaggiate per lavarsene le mani.
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                Scritta da: Andrea De Candia

                Un incontro inatteso

                Siamo molto cortesi l'uno con l'altro,
                diciamo che è bello incontrarsi dopo anni.

                Le nostre tigri bevono latte.
                I nostri sparvieri vanno a piedi.
                I nostri squali affogano nell'acqua.
                I nostri lupi sbadigliano a gabbia aperta.

                Le nostre vipere si sono scrollate di dosso i lampi,
                le scimmie gli slanci, i pavoni le penne.
                I pipistrelli già da tanto sono volati via dai nostri capelli.

                Ci fermiamo a metà frase,
                senza scampo sorridenti.
                La nostra gente
                non sa parlarsi.
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