L'indifferenza è dentro i tuoi occhi, cambiano direzione al mio parlare, più non mi tocchi, le mani mi stringi piano, per far capire che non c'è coinvolgimento. Ti sento lontano, eppure un tempo mi chiamavi amore, mi chiedevi come e quando mi stringevi al cuore.
Adesso se sono lontana o torno non ha più importanza, non comunichiamo, quanto fa male questa indifferenza.
Correre... dove.... Fermati un momento, ascolta il silenzio, ha tanto da raccontarti: immagini sbiadite, ricordi ormai svaniti. La tua vita manca di tasselli, rimetti a posto l'esperienze fatte, avrai un quadro più completo, finalmente potrai goderti pienamente il tempo che ti resta.
Vivo del tuo respiro, persa tra le tue braccia, luna che ci accompagni, allungami la notte, stelle del cielo a mille come i miei desideri, mille come i pensieri, che esprimi senza parlare. Persa in questo momento, persa in questo tormento di gioia e di paura. E questo amor furtivo è tanto più eccitante che quando sole viene, ci trova ancor vicini, potrei morire adesso in questo stesso istante.
Vorrei avere ali per volare, e darti forza, voce per poter gridare e cieli azzurri... Campi di fiori profumati acqua di ruscelli dove bere. Ma tu sai sognare, lo so hai provato ad insegnarmi a vivere e da te ho imparato. Difficile è sapere quello che puoi provare seduto ad una sedia, ma mi hai fatto capire che oltre si può andare. Correre, volare, sopra le nuvole andare, se si sa sognare. Vorrei darti le mani per toccare quello che non senti e desiderare dolci carezze... Vorrei portarti al mare. Ma tu sai sognare,...
Amo l'amore perché esisti tu, amo il tuo viso, i tuoi gesti, il sorriso, quella ruga il tuo incedere lento, amo il vento e gelosa perché ti sfiora. Il mio amore per te è mariposa che impalpabile vola a te intorno, senza farsi notare. Amo l'esperienza che hai e la tua pazienza nell'aspettarmi.
Sei un dolce ricordo, scivolato poi via, come gocce di pioggia, sotto il mio portone, mentre ti dicevo addio. È una storia finita ma tu sai nella vita, non si può dire mai... Ti ho incontrato per strada, quanto tempo è passato, Il mio sguardo nel tuo, il tuo odore non ho mai scordato. Un abbraccio per provare che non era amore quel che sentivo. Io speravo... Sotto il mio portone, un momento è bastato, carezzandomi il viso di pioggia bagnato mi hai detto: troppo tardi... abbiamo sbagliato.
I miei figli sono unici e rari; sono stelle cadute con direzione sbagliata. Disperata sono andata a cercarli e li ho trovati. Il grande amore per loro e il loro per me, è travolgente, morboso, forse troppo, perché assai ho sofferto aspettandoli. Severa e sempre madre, hanno avuto una guida sicura da bambini; una spalla su cui piangere nell'adolescenza, un amica carissima, pronta a raccogliere le loro confidenze da adulti. Di una cosa sono certa: siamo un'unica cosa. L'amore per loro è immenso.
Un palloncino è volato, verso il sole è andato, il bimbo l'ha lasciato piangendo disperato. Perché Signore Iddio devo avere oblio di quel che ora è mio, e alfine dirgli addio? Non voglio rinunciare, qual è il senso d'amare, legarsi e separare da quello che hai nel cuore. Non dovevi creare il dolore, le paure, il vento, il sole non dovevi riempirmi l'anima con parole d'amore. Ho perso il palloncino, ora sono un bambino che piange e si dispera, ma continua a sperare che qualcuno torni a sera.
L'odore del glicine al balcone, ti ricordi nonna, avevamo piantato un sogno insieme. L'albero cresceva, con me e tu invecchiavi. Com'è triste novembre, il glicine perdeva le sue foglie, ti stringevo piano, per non farti male, e tu in quel letto di dolore a malapena mi riconoscevi. Eri tornata come prima, sembravi una bambina che cercava le coccole. Anna, chi sei? Mi chiedevi dov'è la mia famiglia, e mia figlia? Nonna, le rispondevo, è qui ti è sempre accanto, ma non capivi. Quel morbo ti ha portato via dalla vita, ha mandato in tilt la tua mente, una condizione umiliante per te che tanto dolcemente ci hai sempre accuditi. Coi sensi assopiti da tante medicine, meno male che non hai sentito gran dolore, ti sei addormentata piano piano chiamandomi per nome, stringendo la mia mano. Il glicine ad aprile metteva le sue foglie... Cominciò a fiorire.
Guardo in alto per scorgere i contorni, di te, che sei luce, ma ho chiuso gli occhi, ti son venuta incontro e mi è mancata voce, per chiamarti, implorarti ma muta sentirai questa prece che comunque arriverà a Te.