Poesie preferite da anonimo72

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Non ce la fanno i belli muoiono tra le fiamme:
sonniferi, veleno per i topi, corda, qualunque cosa...
Si strappano le braccia, si buttano dalla finestra, si cavano gli occhi dalle orbite, respingono l'amore
respingono l'odio respingono, respingono.
Non ce la fanno i belli non resistono, sono le farfalle, sono le colombe, sono i passeri, non ce la fanno.
Una lunga fiammata mentre i vecchi giocano a dama nel parco.
Una fiammata, una bella fiammata mentre i vecchi giocano a dama nel parco, al sole.
I belli si trovano all'angolo di una stanza
accartocciati tra ragni e siringhe, nel silenzio, e non sapremo mai perché se ne sono andati, erano tanto
belli.
Non ce la fanno i belli muoiono giovani e lasciano i brutti alla loro brutta vita.
Amabili e vivaci: vita e suicidio e morte mentre i vecchi giocano a dama sotto il sole nel parco.
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    Scritta da: Andrew Ricooked

    Un albero, una strada, un rospo

    Un tavolo da 7, tutti
    che ridono forte, senza smetter,
    in modo quasi assordante,
    ma non c'è gioia nella loro
    risata, sembra
    meccanica.
    Finzione e falsità
    avvelenano l'aria.
    Sembra che gli altri avventori non lo
    notino.
    Sono asfissiato dalle risate,
    le viscere, il cervello, la mia coscienza,
    mi vanno di traverso.
    Sogno di prendere una postola, di
    avvicinarmi al tavolo
    e di far saltare le loro teste,
    una dopo l'altra.
    Naturalmente, questo mi renderebbe
    ancora più colpevole di
    loro.
    Eppure, continuo a fantasticare e
    poi capisco che pretendo
    troppo.
    Avrei già dovuto capire
    da un pezzo che è così
    e basta:
    che dappertutto ci sono tavoli da 2,
    3,7, 10 o anche più
    con gente
    che ride senza motivo e
    senza gioia,
    che ride per niente senza
    trasporto,
    e che questa è una parte inevitabile
    di tutto,
    come un albero, una strada, un rospo.

    Ordino ancora da bere e
    decido di non ucciderli, nemmeno
    nella mia immaginazione.

    Decido, invece, che sono un
    uomo davvero fortunato:
    il tavolo è a 7 metri di distanza.
    Potrei essere a quel tavolo, seduto
    con loro,
    vicino alle loro bocche,
    vicino ai loro occhi e alle loro orecchie
    e alle loro mani,
    e sentire realmente la conversazione
    che provoca le loro risate
    senza gioia.
    Mi sono già trovato in molte situazioni simili
    ed è stata una dura croce,
    davvero.

    Così, mi accontento della mia buona sorte
    ma non posso fare a meno di chiedermi
    se al mondo sia rimasto un angolo
    con un tavolo da 7 dove
    si provano sentimenti autentici,
    dove c'è
    una bella risata vera.
    Spero di si.
    Devo sperare di si.
    Composta domenica 3 gennaio 2010
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      Scritta da: mor-joy
      La tua vita è la tua vita.
      Non lasciare che le batoste la sbattano
      nella cantina dell'arrendevolezza.
      Stai in guardia.
      Ci sono delle uscite.
      Da qualche parte c'è luce.
      Forse non sarà una gran luce ma
      la vince sulle tenebre.
      Stai in guardia.
      Gli Dei ti offriranno delle occasioni.
      Riconoscile, afferrale.
      Non puoi sconfiggere la morte ma
      puoi sconfiggere la morte
      in vita,
      qualche volta.
      E più impari a farlo
      di frequente,
      più luce ci
      sarà.
      La tua vita è la tua vita.
      Sappilo finché
      ce l'hai.
      Tu sei meraviglioso
      gli Dei aspettano di compiacersi in te.
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        I lavoratori

        Ridono continuamente
        anche quando
        un'asse piomba giù
        e rovina una faccia
        o deforma
        un corpo
        loro continuano a ridere,
        quando il colore dell'occhio
        impallidisce da far paura
        per via della poca
        luce
        ridono ancora;
        rugosi e rimbecilliti
        ancora giovani
        ci scherzano sopra:
        un uomo che dimostra sessant'anni
        dirà
        ne ho 32, e
        allora rideranno tutti;
        qualche volta li fanno
        uscire per una boccata d'aria
        ma sono incatenati a ritornare
        da catene, che non
        spezzerebbero
        anche se potessero;
        anche fuori, tra
        gli uomini liberi,
        continuano a ridere,
        girano qua e là
        con un passo zoppicante
        e inane
        quasi non fossero più lì
        con la testa; fuori
        masticano un tozzo di pane,
        tirano sul prezzo, dormono, contano i soldi,
        guardano l'orologio
        e sono di ritorno;
        qualche volta nei confini
        addirittura si fanno seri
        un momento, parlano di
        Fuori, di come deve essere
        orribile,
        essere
        chiusi Fuori
        per sempre, e non essere mai più
        riammessi;
        fa caldo mentre lavorano
        e sudano
        un po',
        ma lavorano sodo e bene,
        lavorano così sodo
        che i nervi si ribellano
        e lì fanno tremare,
        ma spesso sono
        elogiati da quelli
        che tra loro si sono
        innalzati
        come stelle,
        e ora le stelle
        vigilano
        vigilano anche
        per quei pochi
        che potrebbero tentare
        un ritmo più lento
        o mostrare disinteresse
        o simulare
        una malattia
        per avere un po'
        di riposo (il riposo deve essere
        guadagnato per raccogliere le forze
        destinate ad un lavoro
        più perfetto).

        Qualche volta uno muore
        o impazzisce
        e allora da Fuori
        ne arriva uno nuovo
        per sfruttare la sua
        grande occasione.

        Io ci sono stato
        molti anni;
        in principio trovavo il lavoro
        monotono, stupido
        addirittura
        ma ora vedo
        che tutto ha un senso,
        e i lavoratori
        senza volto
        vedo bene che non sono proprio
        brutti, e che le teste
        senz'occhi –
        ora so che quegli occhi
        ci vedono
        e sono capaci
        di seguire il lavoro.
        Le donne che lavorano
        sono spesso le migliori,
        adattandosi con naturalezza,
        e con alcune
        ho amoreggiato nei momenti
        di riposo; in principio
        non sembravano molto diverse
        dalle scimmie
        ma poi
        grazie al mio spirito di osservazione
        mi son o reso conto
        che erano cose
        reali e vive
        come me.

        L'atra sera
        un vecchio lavoratore
        grigio e cieco,
        non più utile
        è stato mandato in pensione
        là Fuori.

        Discorso! Discorso!
        Abbiamo chiesto

        è stato
        un inferno, ha detto lui
        abbiamo riso
        tutti e 4000:
        aveva conservato il suo
        umorismo
        fino
        alla fine.
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          Partita a scopa

          Una delle cose più terribili è
          davvero
          stare a letto
          una notte dopo l'altra
          con una donna che non hai più voglia
          di scopare.

          Invecchiano, non sono più tanto
          belle – tendono persino
          a russare, buttarsi
          giù.

          Così, a letto, a volte ti giri,
          il tuo piede tocca il suo –
          Dio, che orrore! –
          e la notte è là fuori
          dietro le tendine
          e insieme vi suggella
          nella
          tomba.

          E la mattina vai in bagno,
          parli, attraversi il corridoio,
          dici strane cose; le uova friggono,
          partono i motori.

          Ma seduti l'uno di fronte all'altro
          hai 2 estranei
          che si ficcano in bocca il pane tostato
          che si bruciano col caffè bollente la gola risentita
          e l'intestino.

          In dieci milioni di case americane
          è lo stesso –
          vite stantie appoggiate
          l'una all'altra
          e nessun posto
          dove andare.

          Sali in macchina
          e vai a lavorare
          e là ci sono degli altri sconosciuti, quasi tutti
          mogli e mariti di qualcun altro,
          e oltre alla ghigliottina del lavoro,
          flirtano, scherzano r si danno pizzicotti,
          tendendo qualche volta
          a farsi in qualche posto una rapida scopata –
          a casa non possono farlo –
          e poi
          tornano a casa
          ad aspettare il Natale o il Labor Day
          o la domenica
          o qualcosa.
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            Scritta da: mor-joy

            Sii gentile

            Ci viene sempre chiesto
            di comprendere l'altrui
            punto di vista
            non importa quanto sia
            antiquato
            stupido o
            disgustoso.

            Uno dovrebbe
            guardare
            agli errori degli altri
            e alle loro vite sprecate
            con
            gentilezza,
            specialmente se si tratta di
            anziani.

            Ma l'età è la somma
            delle nostre azioni.
            Sono invecchiati
            malamente
            perché hanno
            vissuto
            senza mettere mai a fuoco,
            hanno rifiutato di
            vedere.

            Non è colpa loro?
            Di chi è la colpa?
            Mia?

            A me si chiede di mascherare
            il mio punto di vista
            agli altri
            per paura della loro
            paura.

            L'età non è un crimine
            ma l'infamia
            di un'esistenza
            deliberatamente
            sprecata
            in mezzo a tante
            esistenze
            deliberatamente
            sprecate lo è.
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              Scritta da: sagea

              Splash

              L'illusione è che tu semplicemente
              Stia leggendo questa poesia.
              La realtà è che questa è
              più di una poesia.
              Questo è il coltello
              Di un accattone.
              È un tulipano
              È un soldato che marcia
              Attraverso Madrid.
              Questo sei tu
              Sul tuo letto di morte.
              Questo è Li Po che ride
              Questo è il circo
              del diavolo.
              E non la stai leggendo
              Su una pagina
              Sottoterra.
              No, non è una dannata
              Poesia.
              È un cavallo
              che dorme.
              Una farfalla dentro
              Il tuo cervello.
              È la pagina che legge
              Te.
              La senti?
              È come un cobra.
              È un aquila affamata
              che sorvola la stanza.
              Questa non è una poesia
              La poesia è barbosa,
              ti fa venire sonno.
              Queste parole ti incitano
              a una nuova
              follia.
              Ti ha toccato la grazia,
              sei stato spinto
              dentro un abbacinante
              regione di luce.
              Adesso l'elefante
              Sogna insieme
              a te.
              La volta dello spazio
              curva e ride.
              Adesso puoi morire
              Tu puoi morire adesso come
              Si doveva morire da uomini:
              grande,
              vittorioso,
              con l'orecchio della musica,
              essendo tu la musica,
              che romba,
              romba,
              romba.
              Composta lunedì 18 luglio 2011
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                I fiori morti di me stesso

                Tori bulleggiano in gloria di girandole,
                missili tramortiscono i cieli,
                ma io non so
                proprio che cosa fare
                dei fiori morti
                di me stesso,
                se buttarli via
                fuori dal vaso
                oppure
                schiaffarli in mezzo a queste
                pagine bianche
                e andare avanti:
                massì, tutto il dolore si riduce
                a cruda morte
                e finalmente si smette di piangere.
                grazie al dio
                che lo ha
                fatto.
                Composta mercoledì 25 settembre 2013
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                  La lettura di poesia

                  Pieno pomeriggio
                  in un college vicino al mare
                  sobrio
                  col sudore che mi cola sulle braccia,
                  una goccia di sudore sul tavolo,
                  l'asciugo col dito,
                  per i soldi per i soldi
                  mio dio penseranno che adoro tutto questo come gli altri
                  mentre è per il pane e la birra e l'affitto
                  per i soldi,
                  sono teso faccio schifo mi sento male
                  poveracci che fiasco, che disastro.

                  Una donna si alza,
                  esce
                  sbatte la porta.

                  Una poesia sconcia
                  me l'avevano detto di non leggere poesie sconce
                  qui
                  troppo tardi.

                  I miei occhi non vedono alcune righe,
                  le leggo
                  fino alla fine -
                  disperato, tremante,
                  che schifezza.

                  Non possono sentire la mia voce
                  e io dico
                  basta, è finita, sono
                  rovinato.

                  E più tardi in camera mia
                  trovo birra e scotch:
                  il sangue d'un codardo.

                  Questo dunque
                  sarà il mio destino:
                  scribacchiare per quattro soldi in stanze semibuie
                  leggere poesie di cui da un pezzo mi sono
                  stancato.

                  E una volta credevo
                  che gli uomini che guidano l'autobus
                  o puliscono le latrine
                  o ammazzano altri uomini nei vicoli
                  fossero degli idioti.
                  Composta mercoledì 25 settembre 2013
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