Le migliori poesie inserite da Elisa Iacobellis

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Scritta da: Elisa Iacobellis

In questa notte d'autunno

In questa notte d'autunno
sono pieno delle tue parole
parole eterne come il tempo
come la materia
parole pesanti come la mano
scintillanti come le stelle.
Dalla tua testa dalla tua carne
dal tuo cuore
mi sono giunte le tue parole
le tue parole cariche di te
le tue parole, madre
le tue parole, amore
le tue parole, amica
Erano tristi, amare
erano allegre, piene di speranza
erano coraggiose, eroiche
le tue parole
erano uomini.
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    Scritta da: Elisa Iacobellis

    Saprai che non t'amo e che t'amo

    Saprai che non t'amo e che t'amo
    perché la vita è in due maniere,
    la parola è un'ala del silenzio,
    il fuoco ha una metà di freddo.

    Io t'amo per cominciare ad amarti,
    per ricominciare l'infinito,
    per non cessare d'amarti mai:
    per questo non t'amo ancora.

    T'amo e non t'amo come se avessi
    nelle mie mani le chiavi della gioia
    e un incerto destino sventurato.

    Il mio amore ha due vite per amarti.
    Per questo t'amo quando non t'amo
    e per questo t'amo quando t'amo.
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      Scritta da: Elisa Iacobellis

      Ciò che ho scritto di noi

      Ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia
      è la mia nostalgia
      cresciuta sul ramo inaccessibile
      è la mia sete
      tirata su dal pozzo dei miei sogni
      è il disegno
      tracciato su un raggio di sole

      ciò che ho scritto di noi è tutta verità
      è la tua grazia
      cesta colma di frutti rovesciata sull'erba
      è la tua assenza
      quando divento l'ultima luce all'ultimo angolo della via
      è la mia gelosia
      quando corro di notte fra i treni con gli occhi bendati
      è la mia felicità
      fiume soleggiato che irrompe sulle dighe

      ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia
      ciò che ho scritto di noi è tutta verità.
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        Scritta da: Elisa Iacobellis

        Il tramonto della luna

        Quale in notte solinga
        sovra campagne inargentate ed acque,
        là 've zefiro aleggia,
        e mille vaghi aspetti
        e ingannevoli obbietti
        fingon l'ombre lontane
        infra l'onde tranquille
        e rami e siepi e collinette e ville;
        giunta al confin del cielo,
        dietro Appennino od Alpe, o del Tirreno
        nell'infinito seno
        scende la luna; e si scolora il mondo;
        spariscon l'ombre, ed una
        oscurità la valle e il monte imbruna;
        orba la notte resta,
        e cantando con mesta melodia,
        l'estremo albor della fuggente luce,
        che dinanzi gli fu duce,
        saluta il carrettier dalla sua via;
        tal si dilegua, e tale
        lascia l'età mortale
        la giovinezza. In fuga
        van l'ombre e le sembianze
        dei dilettosi inganni; e vengon meno
        le lontane speranze,
        ove s'appoggia la mortal natura.
        Abbandonata, oscura
        resta la vita. In lei porgendo il guardo,
        cerca il confuso viatore invano
        del cammin lungo che avanzar si sente
        meta o ragione; e vede
        ch'a sé l'umana sede,
        esso a lei veramente è fatto estrano.
        Troppo felice e lieta
        nostra misera sorte
        parve lassù, se il giovanile stato,
        dove ogni ben di mille pene è frutto,
        durasse tutto della vita il corso.
        Troppo mite decreto
        quel che sentenzia ogni animale a morte,
        s'anco mezza la via
        lor non si desse in pria
        della terribil morte assai più dura.
        D'intelletti immortali
        degno trovato, estremo
        di tutti i mali, ritrovar gli eterni
        la vacchiezza, ove fosse
        incolume il desio, la speme estinta,
        secche le fonti del piacer, le pene
        maggiori sempre, e non più dato il bene.
        Voi, collinette e piagge,
        caduto lo splendor che all'occidente
        inargentava della notte il velo,
        orfane ancor gran tempo
        non resterete: che dall'altra parte
        tosto vedrete il cielo
        imbiancar novamente, e sorger l'alba:
        alla qual poscia seguitando il sole,
        e folgorando intorno
        con le sue fiamme possenti,
        di lucidi torrenti
        inonderà con voi gli eterei campi.
        Ma la vita mortal, poi che la bella
        giovinezza sparì, non si colora
        d'altra luce giammai, né d'altra aurora.
        Vedova è insino al fine; ed alla notte
        che l'altre etadi oscura,
        segno poser gli Dei la sepoltura.
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          Scritta da: Elisa Iacobellis

          La canzone disperata

          Il tuo ricordo emerge dalla notte in cui sono.
          Il fiume riannoda al mare il suo lamento ostinato.

          Abbandonato come i moli all'alba.
          È l'ora di partire, oh abbandonato!

          Sul mio cuore piovono fredde corolle.
          Oh sentina di rifiuti, feroce tana di naufraghi!

          In te si accumularono le guerre e i voli.
          Da te innalzarono le ali gli uccelli del canto.

          Tutto hai inghiottito, come la lontananza.
          Come il mare, come il tempo. Tutto in te fu naufragio!

          Era l'ora felice dell'assalto e del bacio.
          L'ora dello stupore che ardeva come un faro.

          Ansietà di nocchiero, furia di palombaro cieco,
          torbida ebbrezza d'amore, tutto in te fu naufragio!

          Nell'infanzia di nebbia la mia anima alata e ferita.
          Scopritore perduto, tutto in te fu naufragio!

          Ti attaccasti al dolore, ti aggrappasti al desiderio.
          Ti abbatté la tristezza, tutto in te fu naufragio!

          Feci retrocedere la muraglia d'ombra,
          andai oltre il desiderio e l'atto.

          Oh carne, carne mia, donna che amai e persi,
          te, in quest'ora umida, evoco e canto.

          Come una coppa albergasti l'infinita tenerezza,
          e l'infinito oblio t'infranse come una coppa.

          Era la nera, nera solitudine delle isole,
          e lì, donna d'amore, mi accolsero le tue braccia.

          Era la sete e la fame, e tu fosti la frutta.
          Erano il dolore e le rovine, e tu f osti il miracolo.

          Ah donna, non so come hai potuto contenermi
          nella terra della tua anima, nella croce delle tue braccia!

          Il mio desiderio di te fu il più terribile e corto,
          il più sconvolto ed ebbro, il più teso e avido.

          Cimitero di baci, c'è ancora fuoco nelle tue tombe,
          ancora ardono i grappoli sbeccuzzati d'uccelli.

          Oh la bocca morsa, oh le baciate membra,
          oh gli affamati denti, oh i corpi intrecciati.

          Oh la copula pazza di speranza e di vigore
          in cui ci annodammo e ci disperammo.

          E, la tenerezza, lieve come l'acqua e la farina.
          E la parola appena incominciata sulle labbra.

          Questo fu il mio destino e in esso viaggiò il mio anelito,
          e i n esso cadde il mio anelito, tutto in te fu naufragio!

          Oh sentina di rifiuti, in te tutto cadeva,
          che dolore non spremesti, che dolore non ti soffoca.

          Di caduta in caduta ancora fiammeggiasti e cantasti.
          In piedi come un marinaio sulla prua di una nave.

          Ancora fioristi in canti, ancora prorompesti in correnti.
          Oh sentina di rifiuti, pozzo aperto e amaro.

          Pallido palombaro cieco, sventurato fromboliere,
          scopritore perduto, tutto in te fu naufragio!

          È l'ora di partire, la dura e fredda ora
          che la notte lega ad ogni orario.

          Il cinturone rumoroso dei mare cinge la costa.
          Sorgono stelle fredde, emigrano neri uccelli.

          Abbandonato come i moli nell'alba.
          Solo l'ombra tremula si contorce nelle mie mani.

          Ah più in là di ogni cosa. Ah più in là di ogni cosa.

          È l'ora di partire. Oh abbandonato!
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            Scritta da: Elisa Iacobellis

            Posso scrivere i versi...

            Posso scrivere i versi più tristi questa notte.

            Scrivere, ad esempio: La notte è stellata,
            e tremolano, azzurri, gli astri in lontananza.

            Il vento della notte gira nel cielo e canta.

            Posso scrivere i versi più tristi questa notte.
            Io l'amai, e a volte anche lei mi amò.

            Nelle notti come questa la tenni tra le mie braccia.
            La baciai tante volte sotto il cielo infinito.

            Lei mi amò, a volte anch'io l'amavo.
            Come non amare i suoi grandi occhi fissi.

            Posso scrivere i versi più tristi questa notte.
            Pensare che non l'ho. Sentire che l'ho perduta.

            Udire la notte immensa, più immensa senza lei.
            E il verso cade sull'anima come sull'erba in rugiada.

            Che importa che il mio amore non potesse conservarla.
            La notte è stellata e lei non è con me.

            È tutto. In lontananza qualcuno canta. In lontananza.
            La mia anima non si rassegna ad averla perduta.

            Come per avvicinarla il mio sguardo la cerca. Il mio cuore la cerca, e lei non è con me.

            La stessa notte che fa biancheggiare gli stessi alberi.
            Noi quelli di allora, più non siamo gli stessi.

            Più non l'amo, è certo, ma quanto l'amai.
            La mia voce cercava il vento per toccare il suo udito.

            D'altro. Sarà d'altro. Come prima dei suoi baci.
            La sua voce, il suo corpo chiaro. I suoi occhi infiniti.

            Più non l'amo, è certo, ma forse l'amo.
            È così breve l'amore, ed è sì lungo l'oblio.

            Perché in notti come questa la tenni tra le mie braccia,
            la mia anima non si rassegna ad averla perduta.

            Benché questo sia l'ultimo dolore che lei mi causa
            e questi siano gli ultimi versi che io le scrivo.
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