Le migliori poesie inserite da Elisa Iacobellis

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Scritta da: Elisa Iacobellis

Ti amo come se mangiassi il pane

Ti amo come se mangiassi il pane
spruzzandolo di sale
come se alzandomi la notte bruciante di febbre
bevessi l'acqua con le labbra sul rubinetto
ti amo come guardo il pesante sacco della posta
non so che cosa contenga e da chi pieno di gioia
pieno di sospetto agitato
ti amo come se sorvolassi il mare per la prima volta in aereo
ti amo come qualche cosa che si muove in me quando il
crepuscolo scende su Istanbul poco a poco
ti amo come se dicessi Dio sia lodato son vivo.
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    Scritta da: Elisa Iacobellis
    Ondeggia, Oceano nella tua cupa
    e azzurra immensità.
    A migliaia le navi ti percorrono invano;
    L'uomo traccia sulla terra i confini,
    apportatori di sventure,
    Ma il suo potere ha termine sulle coste,
    Sulla distesa marina
    I naufragi sono tutti opera tua,
    è l'uomo da te vinto,
    Simile ad una goccia di pioggia,
    S'inabissa con un gorgoglio lamentoso,
    Senza tomba, senza bara,
    senza rintocco funebre, ignoto.
    Sui tuoi lidi sorsero imperi,
    contesi da tutti a te solo indifferenti
    Che cosa resta di Assiria, Grecia, Roma,
    Cartagine?
    Bagnavi le loro terre quando erano libere
    e potenti.
    Poi vennero parecchi tiranni stranieri,
    La loro rovina ridusse i regni in deserti;
    Non così avvenne, per te, immortale e
    mutevole solo nel gioco selvaggio delle onde;
    Il tempo non lascia traccia
    sulla tua fronte azzurra.
    Come ti ha visto l'alba della Creazione,
    così continui a essere mosso dal vento.
    E io ti ho amato, Oceano,
    e la gioia dei miei svaghi giovanili,
    era di farmi trasportare dalle onde
    come la tua schiuma;
    fin da ragazzo mi sbizzarrivo con i tuoi flutti,
    una vera delizia per me.
    E se il mare freddo faceva paura agli altri,
    a me dava gioia,
    Perché ero come un figlio suo,
    E mi fidavo delle sue onde, lontane e vicine,
    E giuravo sul suo nome, come ora...
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      Scritta da: Elisa Iacobellis

      Temevo che la furia del mio vento

      Temevo che la furia del mio vento
      rovinasse tutti i germogli belli e veri,
      e il mio sole è brillato e brillato,
      ed il mio vento non ha mai soffiato.

      Ma un germoglio bello o vero
      non fu trovato su nessun albero,
      perché tutti i germogli crebbero e crebbero
      senza frutti, falsi, anche se belli da vedere.
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        Scritta da: Elisa Iacobellis
        Antico, sono ubriacato dalla voce ch'esce
        dalle tue bocche quando si schiudono come verdi campane
        e si ributtano indietro e si disciolgono.
        La casa delle mie estati lontane, t'era accanto, lo sai,
        là nel paese dove il sole cuoce e annuvolano l'aria le zanzare.
        Come allora oggi in tua presenza impietro, mare, ma non più
        degno mi credo del solenne ammonimento del tuo respiro.
        Tu m'hai detto primo che il piccino fermento del mio cuore
        non era che un momento del tuo; che mi era in fondo
        la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso e insieme fisso:
        e svuotarmi così d'ogni lordura come tu fai che sbatti
        sulle sponde tra sugheri alghe asterie le inutili macerie
        del tuo abisso.
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          Scritta da: Elisa Iacobellis
          Sono una stella del firmamento
          che osserva il mondo, disprezza il mondo
          e si consuma nel proprio ardore.

          Io sono il mare di notte in tempesta
          il mare urlante che accumula nuovi
          peccati e agli antichi rende mercede.

          Sono dal vostro mondo
          esiliato di superbia educato, dalla superbia frodato,
          io sono il re senza corona.

          Son la passione senza parole
          senza pietre del focolare, senz'arma nella guerra,
          è la mia stessa forza che mi ammala.
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            Scritta da: Elisa Iacobellis

            Corpo di donna...

            Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche,
            assomigli al mondo nel tuo gesto di abbandono.
            Il mio corpo di rude contadino ti scava
            e fa scaturire il figlio dal fondo della terra.

            Fui solo come un tunnel. Da me fuggivano gli uccelli
            e in me irrompeva la notte con la sua potente invasione.
            Per sopravvivere a me stesso ti forgiai come un'arma,
            come freccia al mio arco, come pietra per la mia fionda.

            Ma viene l'ora della vendetta, e ti amo.
            Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo.
            Ah le coppe del seno! Ah gli occhi d'assenza!
            Ah le rose del pube! Ah la tua voce lenta e triste!

            Corpo della mia donna, resterò nella tua grazia.
            Mia sete, mia ansia senza limite, mio cammino incerto!
            Rivoli oscuri dove la sete eterna rimane,
            e la fatica rimane, e il dolore infinito.
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