Scritta da: Elisa Iacobellis
in Poesie (Poesie d'Autore)
Inizio di sera
la vita si vuota
in diafana ascesa
di nuvole colme
trapunte di sole.
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Inizio di sera
la vita si vuota
in diafana ascesa
di nuvole colme
trapunte di sole.
Ubriaco di trementina e di lunghi baci,
guido il veliero delle rose, estivo,
che volge verso la morte del giorno sottile,
posato sulla solida frenesia marina.
Pallido e ormeggiato alla mia acqua famelica
incrocio nell'acre odore del clima aperto,
ancora vestito di grigio e di suoni amari,
e di un cimiero triste di spuma abbandonata.
Vado, duro di passioni, in sella all'unica mia onda,
lunare, solare, ardente e freddo, repentino,
addormentato nella gola di felici
isole bianche e dolci come freschi fianchi.
Trema nella notte umida il mio abito di baci
follemente carico di impulsi elettrici,
diviso in modo eroico tra i miei sogni
e le rose inebrianti che con me si cimentano.
Controcorrente, in mezzo a onde esterne,
il tuo corpo parallelo si ferma tra le mie braccia
come un pesce per sempre incollato alla mia anima,
rapido e lento nell'energia subceleste.
Abbiamo perso anche questo crepuscolo.
Nessuno ci ha visto stasera mano nella mano
mentre la notte azzurra cadeva sul mondo.
Ho visto dalla mia finestra
la festa del tramonto sui monti lontani.
A volte, come una moneta
mi si accendeva un pezzo di sole tra le mani.
Io ti ricordavo con l'anima oppressa
da quella tristezza che tu mi conosci.
Dove eri allora?
Tra quali genti?
Dicendo quali parole?
Perché mi investirà tutto l'amore di colpo
quando mi sento triste e ti sento lontana?
È caduto il libro che sempre si prende al crepuscolo
e come cane ferito il mantello mi si è accucciato tra i piedi.
Sempre, sempre ti allontani la sera
e vai dove il crepuscolo corre cancellando statue.
Uomo libero, tu amerai sempre il mare!
Il mare è il tuo specchio; contempli la tua anima
Nello svolgersi infinito della sua onda,
E il tuo spirito non è un abisso meno amaro.
Ti piace tuffarti nel seno della tua immagine;
L'accarezzi con gli occhi e con le braccia e il tuo cuore
Si distrae a volte dal suo battito
Al rumore di questa distesa indomita e selvaggia.
Siete entrambi tenebrosi e discreti:
Uomo, nulla ha mai sondato il fondo dei tuoi abissi,
O mare, nulla conosce le tue intime ricchezze
Tanto siete gelosi di conservare i vostri segreti!
E tuttavia ecco che da innumerevoli secoli
Vi combattete senza pietà né rimorsi,
Talmente amate la carneficina e la morte,
O eterni rivali, o fratelli implacabili!
Quasi fuori dal cielo ormeggia tra due montagne la metà della luna.
Roteante, vagabonda notte, quella che scava gli occhi.
Chissà quante stelle triturate nella pozzanghera! Fa una croce a lutto tra le mie ciglia, fugge.
Fucina di metalli azzurri, notti di lotte silenziose,
il mio cuore gira come un volano impazzito.
Bimba venuta da lontano, da tanto lontano qui condotta,
folgora a volte il suo sguardo sotto il cielo.
Piagnisteo, tempesta, mulinello di furia,
incrocia sul mio cuore senza fermarti.
Vento dei sepolcri, travolge, distruggi disperdi la tua radice sonnolenta.
Sradica i grandi alberi sulla sua opposta riva.
Eppure tu, bimba chiara, domanda di fumo, spiga.
Era colei che formava il vento con foglie brillanti.
Oltre le montagne notturne, giglio bianco d'incendio,
oh nulla posso dire! Era fatta di tutte le cose.
Angoscia che mi hai aperto il petto a coltellate,
è ora di seguire un'altra strada, dove lei non sorrida.
Temporale che ha sepolto le campane, torbido fermento di burrasche
perché toccarla ora, perché intristirla?
Ah seguire il cammino che si allontana da tutto,
dove non stia già aspettando l'angoscia, la morte, l'inverno
con i suoi occhi tra la rugiada.
Che puro gioco di lampi sottili
consuma ogni diamante
d'impalpabile schiuma,
e quanta pace che sia nata sembra;
quando sopra l'abisso un sole posa,
opere schiette d'una causa eterna,
scintilla il tempo e il sogno è conoscenza.
Nella sua fiamma mortale la luce ti avvolge.
Assorta, pallida, dolente, adagiata così
contro le antiche spirali del crepuscolo
che intorno a te gira.
Muta, amica mia,
sola nella solitudine di quest'ora di morte
e piena delle tante vite del fuoco,
erede pura del giorno distrutto.
Dal sole cade un grappolo sul tuo vestito scuro.
Le grandi radici della notte
crescono improvvise dalla tua anima,
e riaffiorano in superficie le cose in te celate,
così che un popolo pallido e azzurro
da te appena generato si nutre.
Oh solenne e feconda e magnetica schiava
del cerchio che in nero e oro succede:
fiera, cerca e trova una creazione tanto viva
che i suoi fiori soccombono, e di tristezza è piena.
Giochi ogni giorno con la luce dell'universo.
Sottile visitstrice, giungi nel fiore e nell'acqua.
Sei più di questa bianca testina che stringo
come un grapolo tra le mie mani ogni giorno.
A nessuno rassomigli da che ti amo.
Lasciami stenderti tra le ghirlande gialle.
Chi scrive il tuo nome a lettere di fumo tra le stelle del sud?
Ah lascia che ricordi come eri allora, quando ancora non esistevi.
Improvvisamente il vento ulula e sbatte la mia finestra chiusa.
Il cielo è una rete colma di pesci cupi.
Qui vengono a finire i venti, tutti.
La pioggia si denuda.
Passano fuggendo gli uccelli.
Il vento. Il vento.
Io posso lottare solamente contro la forza degli uomini.
Il temporale solleva in turbine foglie oscure
e scioglie tutte le barche che iersera s'ancorarono al cielo.
Tu sei qui. Ah tu non fuggi.
Tu mi risponderai fino all'ulitmo grido.
Raggomitolati al mio fianco come se avessi paura.
Tuttavia qualche volta corse un'ombra strana nei tuoi occhi.
Ora, anche ora, piccola mi rechi caprifogli,
ed hai persino i seni profumati.
Mentre il vento triste galoppa uccidendo farfalle
io ti amo, e la mia gioia morde la tua bocca di susina.
Quanto ti sarà costato abituarti a me,
alla mia anima sola e selvaggia, al mio nome che tutti allontanano.
Abbiamo visto ardere tante volte l'astro baciandoci gli occhi
e sulle nostre teste ergersi i crepuscoli in ventagli giranti.
Le mie parole piovvero su di te accarezzandoti.
Ho amato da tempo il tuo corpo di madreperla soleggiata.
Ti credo persino padrona dell'universo.
Ti porterò dalle montagne fiori allegri, copihues,
nocciole oscure, e ceste silvestri di baci.
Voglio fare con te
ciò che la primavera fa con i ciliegi.
L'acqua frusciava, l'acqua cresceva,
un pescatore stava sulla riva,
tranquillo, intento solo alla sua lenza,
ed era tutto freddo, anche nel cuore.
E mentre siede e ascolta,
si apre la corrente:
dall'acqua smossa affiora
una donna grondante.
A lui essa cantava, a lui parlava:
"Perché tu attiri con astuzia umana,
con umana malizia, la mia specie
su alla luce che la ucciderà?
Ah, se sapessi come son felici
i miei piccoli pesci là sul fondo,
anche tu scenderesti, come sei,
e solo là ti sentiresti sano.
Non si ristora forse il dolce sole
nel mare, e così anche la luna?
Il loro volto, respirando l'onda,
non risale più bello?
Non ti alletta il cielo profondo,
l'azzurro che nell'acqua trascolora?
E il tuo volto stesso non ti chiama
quaggiù, nell'immutabile rugiada? ".
L'acqua frusciava l'acqua cresceva,
e a lui lambiva il piede.
Il cuore si gonfiò di nostalgia,
come al saluto della sua amata.
A lui essa cantava, a lui parlava,
e per lui fu finita:
un po' lei lo attirava, un po' lui scese,
e non fu più veduto.
Bimba bruna e agile, il sole che fa la frutta,
quello che rassoda il grano, quello che piega le alghe,
ha fatto il tuo corpo allegro, i tuoi occhi luminosi
e la tua bocca che ha il sorriso dell'acqua.
Un sole nero e ansioso ti si arrotola nei fili
della nera capigliatura, quando stendi le braccia.
Tu giochi col sole come un ruscello
e lui ti lascia negli occhi due pozze oscure.
Bimba bruna e agile, nulla mi avvicina a te.
Tutto da te mi allontana, come dal mezzogiorno.
Sei la delirante gioventù dell'ape,
l'ebbrezza dell'onda, la forza della spiga.
Il mio cuore cupo ti cerca, tuttavia,
e amo il tuo corpo allegro, la tua voce sciolta e sottile.
Farfalla bruna dolce e definitiva
come il campo dì frumento e il sole, il papavero e l'acqua.