Poesie preferite da Gabriella Stigliano

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Scritta da: Sandro Spallino

Resurrezione di eva

Ho sentito il tuo amore
E tu mi hai donato il tuo,
come fai a scrutare dentro i miei occhi
a scendere le scale che portano
alla mia anima ti dicevo,
niente potrà mai dividerci,
dico a te, ascoltami vita mia,
sangue mio, sei fredda,
sto parlando con te,
ti chiamerò col tuo nome
e ti sveglierò dalla sofferenza
è uscirai dalle porte che ti hanno chiusa,
farò scorrere il tuo sangue ancora,
ovunque tu sia la mia immagine
e dentro la tua mente
e nel tuo cuore intrecciata,
c'è oscurità ma sono di fronte a te,
ti farò rivivere e non potrai morire più,
con le stelle parlavamo, alzati
e torna da me, mille anni sono passati,
dico a te, ascoltami,
io e tu, per sempre, io e tu soli,
non esitare, antica è la nostra passione,
apri gli occhi, il dolore sembra reale,
le forze inabissate ho comandato,
ho ordinato agli Angeli di sanarti,
sorgi come sorge la luce,
tengo la tua mano,
sei lo splendore che squarcia
il nulla dell'oscurità, sorgi anima mia
e non andartene mai più
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    Scritta da: Elisa Iacobellis

    Il tramonto della luna

    Quale in notte solinga
    sovra campagne inargentate ed acque,
    là 've zefiro aleggia,
    e mille vaghi aspetti
    e ingannevoli obbietti
    fingon l'ombre lontane
    infra l'onde tranquille
    e rami e siepi e collinette e ville;
    giunta al confin del cielo,
    dietro Appennino od Alpe, o del Tirreno
    nell'infinito seno
    scende la luna; e si scolora il mondo;
    spariscon l'ombre, ed una
    oscurità la valle e il monte imbruna;
    orba la notte resta,
    e cantando con mesta melodia,
    l'estremo albor della fuggente luce,
    che dinanzi gli fu duce,
    saluta il carrettier dalla sua via;
    tal si dilegua, e tale
    lascia l'età mortale
    la giovinezza. In fuga
    van l'ombre e le sembianze
    dei dilettosi inganni; e vengon meno
    le lontane speranze,
    ove s'appoggia la mortal natura.
    Abbandonata, oscura
    resta la vita. In lei porgendo il guardo,
    cerca il confuso viatore invano
    del cammin lungo che avanzar si sente
    meta o ragione; e vede
    ch'a sé l'umana sede,
    esso a lei veramente è fatto estrano.
    Troppo felice e lieta
    nostra misera sorte
    parve lassù, se il giovanile stato,
    dove ogni ben di mille pene è frutto,
    durasse tutto della vita il corso.
    Troppo mite decreto
    quel che sentenzia ogni animale a morte,
    s'anco mezza la via
    lor non si desse in pria
    della terribil morte assai più dura.
    D'intelletti immortali
    degno trovato, estremo
    di tutti i mali, ritrovar gli eterni
    la vacchiezza, ove fosse
    incolume il desio, la speme estinta,
    secche le fonti del piacer, le pene
    maggiori sempre, e non più dato il bene.
    Voi, collinette e piagge,
    caduto lo splendor che all'occidente
    inargentava della notte il velo,
    orfane ancor gran tempo
    non resterete: che dall'altra parte
    tosto vedrete il cielo
    imbiancar novamente, e sorger l'alba:
    alla qual poscia seguitando il sole,
    e folgorando intorno
    con le sue fiamme possenti,
    di lucidi torrenti
    inonderà con voi gli eterei campi.
    Ma la vita mortal, poi che la bella
    giovinezza sparì, non si colora
    d'altra luce giammai, né d'altra aurora.
    Vedova è insino al fine; ed alla notte
    che l'altre etadi oscura,
    segno poser gli Dei la sepoltura.
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      Scritta da: Elisa Iacobellis

      Alla luna

      O graziosa luna, io mi rammento
      che, or volge l'anno, sovra questo colle
      io venia pien d'angoscia a rimirarti:
      e tu pendevi allor su questa selva
      siccome or fai, che tutta la rischiari.
      Ma nebuloso e tremulo dal pianto
      che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
      il tuo volto apparia, ché travagliosa
      era mia vita: ed è, né cangia stile,
      o mia diletta luna. E pur mi giova
      la ricordanza, e il noverar l'etate
      del mio dolore. Oh come grato occorre
      nel tempo giovanil, quando ancor lungo
      la speme e breve ha la memoria il corso,
      il rimembrar delle passate cose,
      ancor che triste, e che l'affanno duri!
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        Scritta da: Livido Nero
        Se te ne vai cosa mi resta?
        Un baule pieno di ricordi,
        un armadio di stampelle vuote,
        una stanza risonante di paure,
        un balcone che s'affaccia sul nulla.
        Se te ne vai cosa mi resta?
        Un nido di paglia bruciata,
        un tramonto insignificante,
        uno specchio troppo vero da accettare.
        La vita da questa finestra
        sembra troppo veloce da inseguire,
        la luce è troppo forte
        da poter sopportare,
        la consapevolezza degli errori
        è troppo pesante da portar da solo.
        Composta martedì 5 novembre 2013
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          Scritta da: Elisa Iacobellis
          I ricordi, un inutile infinito,
          Ma soli e uniti contro il mare, intatto
          In mezzo a rantoli infiniti...

          Il mare,
          Voce d'una grandezza libera,
          Ma innocenza nemica nei ricordi,
          Rapido a cancellare le orme dolci
          D'un pensiero fedele...

          Il mare, le sue blandizie accidiose
          Quanto feroci e quanto, quanto attese,
          E nella loro agonia,
          Presente sempre, rinnovata sempre,
          Nel vigile pensiero l'agonia...

          I ricordi,
          Il riversarsi vano
          di sabbia che si muove
          Senza pesare sulla sabbia,
          Echi brevi protratti,
          Senza voci echi degli addii
          A minuti che parvero felici...
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            Scritta da: Roberto Giusti

            Spirito Ribelle

            Scorre veloce il tempo
            sembra un momento
            Giorni pari e dispari
            tutti uguali
            Il dado è tratto
            e io sono stra-fatto
            La linea bianca
            segna il mio confine
            Qui non vi sono leggi
            poliziotti o giudici
            Qui c'è soltanto
            voglia d'evadere
            Andare, scappare
            lontano da tutti
            ... Batte il cuore...
            Sfilo le manette
            perdo i sensi
            La vita mi chiama
            oltre la morte dell'anima.
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              Scritta da: ROBERTO POZZI

              Le crepe nell'immagine

              Anche nelle più sacre pitture,
              si possono notare quelle imperfezioni
              che il passare del tempo
              non risparmiano nemmeno
              quei capolavori artistici
              dalle laceranti crepe
              che di solito sfigurano
              il soggetto raffigurato
              nelle icone più spirituali!
              Come in quelle religiose reliquie,
              anche l'immagine del mio essere,
              un semplice e comune mortale,
              mostra gli ingrati segni
              di un travagliato vissuto
              con le profonde fessure
              che dividono il ritratto
              in sgraziati dejà vu
              di un'esistenza che vive
              in quell'immagine... danneggiata.
              Per la prima volta riesco a vedere
              la nuda immagine del il mio vero sé
              senza alcun apparente difetto,
              la mia rappresentazione carnale
              spoglia d'ogni straccio protettivo,
              i pezzi della mia personalità
              in quella nuova rinata entità
              che mostra ancora quelle ferite
              soltanto viibili ad un attento
              viaggiatore della vita,
              l'unico,
              tra la massa dei non vedenti,
              che con degli occhi nuovi
              riuscirà a vedere
              l'aura di luce
              che mi circonda,
              percependo lo splendore
              sprigionato dalla mia anima pura
              nelle crepe dell'immagine
              di un defunto sé!
              Composta mercoledì 7 agosto 2013
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                Scritta da: Marianna Mansueto
                Tu vivi sempre nei tuoi atti.
                Con la punta delle dita
                sfiori il mondo, gli strappi
                aurore, trionfi, colori,
                allegrie: è la tua musica.
                La vita è ciò che tu suoni.

                Dai tuoi occhi solamente
                emana la luce che guida
                i tuoi passi. Cammini
                fra ciò che vedi. Soltanto.

                E se un dubbio ti fa cenno
                a diecimila chilometri,
                abbandoni tutto, ti lanci
                su prore, su ali,
                sei subito lì; con i baci,
                coi denti lo laceri:
                non è più dubbio.
                Tu mai puoi dubitare.

                Perché tu hai capovolto
                i misteri. E i tuoi enigmi,
                ciò che mai potrai capire,
                sono le cose più chiare:
                la sabbia dove ti stendi,
                il battito del tuo orologio
                e il tenero corpo rosato
                che nel tuo specchio ritrovi
                ogni giorno al risveglio,
                ed è il tuo. I prodigi
                che sono già decifrati.

                E mai ti sei sbagliata,
                solo una volta, una notte
                che t'invaghisti di un'ombra
                -l'unica che ti è piaciuta-
                un'ombra pareva.
                E volesti abbracciarla.
                Ed ero io.
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