Morte, non essere troppo orgogliosa, se anche qualcuno ti chiama terribile e possente Tu non lo sei affatto: perché quelli che pensi di travolgere in realtà non muoiono, povera morte, né puoi uccidere me. Se dal riposo e dal sonno, che sono tue immagini, deriva molto piacere, molto più dovrebbe derivarne da Te, con cui proprio i nostri migliori se ne vanno, per primi, tu che riposi le loro ossa e ne liberi l'anima. Schiava del caso e del destino, di re e disperati, Tu che dimori con guerra e con veleno, con ogni infermità, l'oppio e l'incanto ci fanno dormire ugualmente, e molto meglio del colpo che ci sferri. Perché tanta superbia? Perché tanta superbia? Trascorso un breve sonno, eternamente, resteremo svegli, e la morte non sarà più, sarai Tu a morire.
Il nostro amore non si muove Testardo come un mulo Vivo come il desiderio Crudele come la memoria Stupido come i rimpianti Tenero come il ricordo Freddo come il marmo Bello come il giorno Fragile come un bambino.
Che mi ami tu lo dici, ma con una voce più casta di quella d'una suora che per sé sola i dolci vespri canta, quando la campana risuona - Su, amami davvero!
Che mi ami tu lo dici, ma con un sorriso freddo come un'alba di penitenza, Suora crudele di San Cupido Devota ai giorni d'astinenza - Su, amami davvero!
Che mi ami tu lo dici, ma le tue labbra tinte di corallo insegnano meno gioia dei coralli del mare - Mai che s'imbroncino di baci - Su, amami davvero!
Che mi ami tu lo dici, ma la tua mano non stringe chi teneramente la stringe. È morta come quella d'una statua. Mentre la mia brucia di passione - Su, amami davvero!
Su, incendiamoci di parole e bruciandomi sorridimi - stringimi come devono gli amanti - su, baciami. E l'urna, poi, delle mie ceneri seppelliscila nel tuo cuore - Su, amami davvero!
T'adoro al pari della volta notturna, o vaso di tristezza, o grande taciturna!
E tanto più t'amo quanto più mi fuggi, o bella, e sembri, ornamento delle mie notti, ironicamente accumulare la distanza che separa le mie braccia dalle azzurrità infinite.
Mi porto all'attacco, m'arrampico all'assalto come fa una fila di vermi presso un cadavere e amo, fiera implacabile e cruda, sino la freddezza che ti fa più bella ai miei occhi.
Finisci allora quest'ultima canzone e separiamoci. Scorda questa notte ora che la notte è finita Chi cerco di serrare tra le braccia? I sogni non si possono far prigionieri. Con mani avide stringo al mio cuore il vuoto, ed esso mi ferisce il petto.
Se la morte fosse un vivere quieto, un bel lasciarsi andare, un'acqua purissima e delicata o deliberazione di un ventre, io mi sarei già uccisa. Ma poiché la morte è muraglia, dolore, ostinazione violenta, io magicamente resisto. Che tu mi copra di insulti, di pedate, di baci, di abbandoni, che tu mi lasci e poi ritorni senza un perché o senza variare di senso nel largo delle mie ginocchia, a me non importa perché tu mi fai vivere, perché mi ripari da quel gorgo di inaudita dolcezza, da quel miele tumefatto e impreciso che è la morte di ogni poeta.
Che grande scultore sei tu che hai scolpito il tuo volto di pietra tra le mie braccia e ormai amore morto mi sei diventato figlio ti tengo sulle ginocchia e piango perché il ricordo di te mi pesa come un sepolcro.
Il sole dei vecchi è un sole stanco. Trema come una stella e non si fa vedere, ma solca le acque d'argento Dei notturni favori E tu che hai le mani piene d'amore per i vecchi Sappi che sono fanciulli
La tua vita è la tua vita. Non lasciare che le batoste la sbattano nella cantina dell'arrendevolezza. Stai in guardia. Ci sono delle uscite. Da qualche parte c'è luce. Forse non sarà una gran luce ma la vince sulle tenebre. Stai in guardia. Gli Dei ti offriranno delle occasioni. Riconoscile, afferrale. Non puoi sconfiggere la morte ma puoi sconfiggere la morte in vita, qualche volta. E più impari a farlo di frequente, più luce ci sarà. La tua vita è la tua vita. Sappilo finché ce l'hai. Tu sei meraviglioso gli Dei aspettano di compiacersi in te.
Lascia sempre vagare la fantasia, È sempre altrove il piacere: E si scioglie, solo a toccarlo, dolce, Come le bolle quando la pioggia picchia; Lasciala quindi vagare, lei, l’alata, Per il pensiero che davanti ancor le si stende; Spalanca la porta alla gabbia della mente, E, vedrai, si lancerà volando verso il cielo.