Scritta da: Elisabetta
in Poesie (Poesie d'Autore)
Corruzione che s'adorna di illusioni.
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Corruzione che s'adorna di illusioni.
È quando,
dal faro sulla scogliera puntata nel mare
ammirando il cielo di notte
con i confini segnati dalle luci lontane uniti alle stelle
e le onde leggere si infrangono lente
sulla spiaggia immensa e silenziosa,
si spezza l'indifferenza della solitudine
che so di amare.
Quando tu sarai vecchia, bimba (Ronsard già te lo disse),
ricorderai quei versi che io recitavo.
Avrai i seni tristi d'aver cresciuto i figli,
gli ultimi germogli della tua vita vuota...
Io sarò così lungi che le tue mani di cera
areranno il ricordo delle mie rovine nude.
Comprenderai che può nevicare in Primavera
e che in Primavera le nevi son più crude.
Io sarò così lungi che l'amore e la pena
che prima vuotai nella tua vita come un'anfora piena
saranno condannati a morire tra le mie mani...
E sarà tardi perché se n'è andata la mia adolescenza,
tardi perché i fiori una volta danno essenza
e perché anche se mi chiamerai io sarò così lungi.
Se non mi stancherò di cercare e cercare scprirò le mie origini segrete.
Aver casa è un bene
dolce il sonno sotto il proprio tetto
figli, giardino e cane.
Ma certo appena ti sei riposato dall'ultimo viaggio
la lontananza t'insegue con nuove lusinghe.
Meglio è patire di nostalgia di casa
e sotto le alte stelle, solo,
riposare con la propria melanconia.
Avere e riposare può soltanto,
chi ha il cuore tranquillo,
mentre il viandante sopporta fatiche e difficoltà
con sempre delusa speranza.
In vero più lieve è il tormento di andare,
più lieve che trovar pace nelle valli di casa,
dove tra le gioie e le solite cure
solo il saggio sa costruire la propria felicità.
Per me è meglio cercare e mai trovare
che legarmi, caldo e stretto a quanto mi è accanto,
perché anche nel bene, su questa terra
sono solo ospite, mai cittadino.
Da domani sarò triste,
da domani.
Ma oggi sarò contenta:
a che serve essere tristi,
a che serve?
Perché soffia un vento cattivo?
Perché dovrei dolermi oggi,
del domani?
Forse il domani è buono,
forse il domani è chiaro,
forse domani splenderà ancora il sole.
E non vi sarà ragione di tristezza.
Da domani sarò triste,
da domani.
Ma oggi,
oggi sarò contenta;
e ad ogni amaro giorno dirò:
da domani sarò triste.
Oggi no!
Corde di chitarra africana
sostengono il peso dei ricordi
di un cantastorie senza nome
e una filastrocca da sogno.
Scende lungo il fiume
con la canoa al vento.
La voce l'ascoltano coccodrilli
e ippopotami sonnolenti.
È un uomo nato nella notte.
È un canto di millenni.
È un libro senza pagine
con molte cose dentro.
Scende insieme al fiume
lungo la sua storia,
con la chitarra al collo
e lo sguardo sul tramonto.
Chitarra africana a due corde,
una zucca piena di echi,
una nenia in lontananza,
un dolore fatto canto.
Addio uomo della chitarra
con le tese due corde:
una con radici nel cuore
l'altra nella mia memoria.
Sempre il mare, uomo libero, amerai!
Perché il mare è il tuo specchio; tu contempli
nell'infinito svolgersi dell'onda
l'anima tua, e un abisso è il tuo spirito
non meno amaro. Godi nel tuffarti
in seno alla tua immagine; l'abbracci
con gli occhi e con le braccia, e a volte il cuore
si distrae dal suo suono al suon di questo
selvaggio ed indomabile lamento.
Discreti e tenebrosi ambedue siete:
uomo, nessuno ha mai sondato il fondo
dei tuoi abissi; nessuno ha conosciuto,
mare, le tue più intime ricchezze,
tanto gelosi siete d'ogni vostro
segreto. Ma da secoli infiniti
senza rimorso né pietà lottate
fra voi, talmente grande è il vostro amore
per la strage e la morte, o lottatori
eterni, o implacabili fratelli!
Senza peccato
Non trovo aiuti, consigli,
in mille specchi di spiriti.
Le mie parole non trovano certezze,
in fonti di saggezza.
Domande,
domande senza risposte.
Non conosco il peccato d'amore,
non capisco come potrei peccare
donando la mia anima,
i miei pensieri, la mia carne.
In una gioia scoperta,
nel parto di un'emozione,
nella fiamma di un sentimento,
in un desiderio della tua luce.
Non capisco...
Peccato?
Cercami Peccato, spiegami,
fammi comprendere
come l'amore possa esserlo.
L'anima, la gioia, l'amore,
se le fiamme eterne le bruceranno,
saranno cenere senza peccato.
I miei incantesimi sono infranti.
La penna mi cade, impotente, dalla mano tremante.
Se il mio libro è il tuo caro nome, per quanto mi preghi,
non posso più scrivere. Non posso pensare, né parlare,
ahimè non posso sentire più nulla,
poiché non è nemmeno un'emozione,
questo immobile arrestarsi sulla dorata
soglia del cancello spalancato dei sogni,
fissando in estasi lo splendido scorcio,
e fremendo nel vedere, a destra
e a sinistra, e per tutto il viale,
fra purpurei vapori, lontano
dove termina il panorama nient'altro che Te.