Scritta da: Rosarita De Martino
in Poesie (Poesie personali)
Strada
Lunga, assolata, polverosa
la percorro testarda
e improvviso raggio di luce
mi rialza.
Mi siedo ai bordi della speranza
suonano lievi
i violini dell'anima.
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Lunga, assolata, polverosa
la percorro testarda
e improvviso raggio di luce
mi rialza.
Mi siedo ai bordi della speranza
suonano lievi
i violini dell'anima.
Improvvisa, inattesa
la terra trema
in notte oscura.
Sostenute solo da colonne
riempite di fluida sabbia,
incuria d'infami costruttori,
traballano le vostre case,
precipitando in pozzi di dolore.
Silenzio di morte
vi ricopre tetro.
Ma, ecco, flebile pianto di bimbo,
sussurro straziante di madre
diventano urlo di dolore,
che rimbomba
da fiume a mare,
da monte a valle,
percuotendo
i cuori di tutta Italia.
Si spegne il compianto,
s'innalza una preghiera
e vi abbraccia fraterno
unanime terremoto d'amore.
Ieri ti guardavo,
Crocifisso, corpo lacerato,
groviglio contorto di dolore.
Oggi Ti guardo,
sfolgorante Corpo di luce,
vibrante di vita,
mistero sconfinato del tuo Amore,
a noi offerto dolorante;
a noi ridato sfavillante,
nella Gloria della Resurrezione;
certezza unica di fede.
Presenza mai assente nella mia vita
sei tu, o padre.
Ti vedo come fontana grande
di pura acqua cristallina
dove io bimbetta
ancora incerta e traballante
a piccoli sorsi bevevo
l'acqua canterina.
Tu mi donavi forza e sicurezza grande
e nessuna paura adombrava la mia vita!
Varcavo appena la giovinezza
e altra acqua richiedevo
per la mia nuova sete:
l'acqua fresca della speranza
e l'ho avuta ancora da te
o fontana grande, o Padre!
Ma un nero giorno di febbraio
tu sei volato via
sei diventato assenza strana
ma ancora presenza gratuita d'amore.
O fontana grande, perché mai ti sei inaridita?
Con fatica ho ricercato
la tua pura fonte cristallina.
Dolce il tuo viso
sfiora il suo
i vostri sguardi giovani
si incrociano complici
in sintonia d'amore.
Il silenzio sacro del bosco
mi circonda e mi avvolge,
cammino lenta e attonita
fra mormorio di vento.
Un raggio rilucente,
filtrando tra gli alti rami,
mi risveglia il core
e porta l'eco di risate argentine.
Ma chi parla? Chi ride?
Io sono come pianta morta tra questi rami vivi.
Mi fermo: tre alberi, racchiusi in cerchio,
mi accolgono quale piccola,
stanca, indifesa creatura,
già colma d'anni
ma avida di gioia.
Mi abbandono tra le verdi braccia,
ne respiro il profumo di resina,
di pini, di altri tempi
lontani eppur così presenti!
Attendo trepida
stringendo in mano
il mio foglio numerato.
Entro e ti vedo
chiuso in bianco camice
e già t'interrogo dubbiosa.
Ma improvviso scopro
il tuo talento arcano:
ogni tuo paziente
non è per te un foglio numerato,
perché nei suoi occhi inquieti
ne capti la storia
e, premuroso,
ne condividi il peso.
Ad ognuno regali
il tuo verde sguardo
di prato
condito da tuo sorriso amico.
È il tuo chiaro nome,
significativo,
che trabocca da luminosi occhi,
da prorompente seno.
In allegra divisa attendi la gente
che compra, caldo di forno,
pane condito dal tuo fresco sorriso
di giovinezza adorno.
In affollata via
t'incontro
chiusa nel tuo abito di suora.
Perplessa ti osservo
e capto tua sofferenza
amara.
Tumultuosi marosi
ti hanno lacerato.
Ma, per incanto di poesia,
oggi
ne percepisco
la presenza arcana.
I tuoi occhi spenti
di gioia,
serrati alla speranza,
rivelano
il tuo io
con recondito linguaggio.
Ma attonita mi chiedo:
"Il tuo Signore,
oggi,
è diventato per te
possesso mai posseduto?"
Immenso dolore,
immensa gioia
si armonizzano
in perenne
miracolo d'amore.