Poesie inserite da Silvana Stremiz

Questo utente ha inserito contributi anche in Frasi & Aforismi, in Indovinelli, in Frasi di Film, in Umorismo, in Racconti, in Leggi di Murphy, in Frasi per ogni occasione e in Proverbi.

Scritta da: Silvana Stremiz

E se dicessi che non aspetterò!

E se dicessi che non aspetterò!
E se forzassi il cancello di carne
e passandolo corressi verso di te!
E se limassi questo corpo mortale,
vedessi dove duole - è sufficiente -
e camminassi nella Libertà!
Non potranno più prendermi, mai più!
Chiamino pure le prigioni e implorino i fucili, insensati ormai per me,
come il riso di appena un'ora fa,
o i pizzi, o il circo,
o chi è morto ieri.
Vota la poesia: Commenta
    Scritta da: Silvana Stremiz

    Buongiorno, mezzanotte

    Buongiorno, mezzanotte.
    Torno a casa.
    Il giorno si è stancato di me:
    come potevo io - di lui?
    Era bella la luce del sole.
    Stavo bene sotto i suoi raggi.
    Ma il mattino non mi ha voluta più,
    e così, buonanotte, giorno!

    Posso guardare, vero,
    l'oriente che si tinge di rosso?
    Le colline hanno dei modi allora
    che dilatano il cuore.

    Tu non sei così bella, mezzanotte.
    Io ho scelto il giorno.
    Ma, ti prego, prendi una bambina
    che lui ha mandato via.
    Vota la poesia: Commenta
      Scritta da: Silvana Stremiz

      Il mio secolo non mi fa paura

      Il mio secolo non mi fa paura,
      il mio secolo pieno di miserie e di crudeltà
      il mio secolo coraggioso e eroico.
      Non dirò mai che sono vissuto troppo presto
      o troppo tardi.
      Sono fiero di essere qui, con voi.
      Amo il mio secolo che muore e rinasce
      un secolo i cui ultimi giorni saranno belli:
      il mio secolo splenderà un giorno
      come i tuoi occhi.
      Vota la poesia: Commenta
        Scritta da: Silvana Stremiz

        Senza nessuna ragione qualcosa si rompe in me

        Senza nessuna ragione qualcosa si rompe in me
        e mi chiude la gola
        Senza nessuna ragione sobbalzo ad un tratto
        lasciando a mezzo lo scritto
        senza nessuna ragione nella hall di un albergo
        sogno in piedi
        senza nessuna ragione l'albero sul marciapiede
        mi batte in fronte

        senza nessuna ragione un lupo urla alla luna
        iroso infelice affamato
        senza nessuna ragione le stelle scendono a dondolarsi
        sull'altalena del giardino
        senza nessuna ragione vedo come sarò nella tomba
        senza nessuna ragione nebbia e sole nella mia testa
        senza nessuna ragione mi attacco al giorno che inizia
        come se non dovesse finire mai più
        e ogni volta sei tu
        che sali dalle acque.
        Vota la poesia: Commenta
          Scritta da: Silvana Stremiz

          La sera

          Sei appena uscito di prigione
          e appena uscito
          ecco tua moglie incinta.
          La sera la prendi sottobraccio.
          Ve ne andate a passeggio per le strade del quartiere.
          Ha il ventre quasi fino al naso tua moglie.
          E il suo peso sacro lo porta con civetteria.
          Tu sei fiero e pieno di rispetto.
          Fa fresco,
          una freschezza come le mani di un bimbo infreddolito.
          I gatti del quartiere aspettano attorno alla macelleria.
          Al primo piano, la macellaia ricciuta,
          i grossi seni appoggiati sul davanzale,
          contempla il tramonto.
          In mezzo al cielo compare una stella,
          limpida e bella come un bicchier d'acqua.
          L'estate è durata a lungo quest'anno
          e se i gelsi sono ingialliti, i fichi sono ancora verdi.
          Refik, il tipografo,
          e la figlia più giovane di Jorghi, il lattaio,
          passeggiano su e giù, con le dita intrecciate.
          Karabè, il pizzicagnolo, ha già acceso le luci.
          Quest'armeno non ha dimenticato il massacro di suo padre
          tra le montagne curde.
          Ma a te, ti vuol bene.
          Anche tu non li puoi perdonare
          quelli che hanno messo questo marchio sulla fronte del popolo turco.
          I malati, i tisici del quartiere guardano da dietro i vetri.
          Il figlio di Nuriye, la lavandaia,
          disoccupato, ingobbito dalla tristezza,
          s'avvia verso la bettola.
          In casa di Rahmi si sente il radio-giornale.
          Hanno mandato 4500 ragazzi in un paese dell'Estremo Oriente
          per massacrare i loro fratelli, dal viso giallo lunare.
          Il tuo viso arrossisce di collera e di vergogna.
          Non sei obiettivo, no, al diavolo,
          ma triste
          di una tristezza tua propria,
          una tristezza con le mani e i piedi legati,
          come se fossi ancora in prigione,
          e giù in guardina sentissi i gendarmi battere i contadini .
          La notte è caduta.
          Il passeggio serale è terminato.
          Una jeep della polizia entra nella strada.
          Tua moglie sussurra: "andrà a casa? ".
          Vota la poesia: Commenta