Molto bene.
Premetto però un'osservazione: non mi fosse piaciuta, non avrei perduto tempo ad effettuarne un "tentativo di plagio". : ))))
Tuttavia nel merito vedo quanto segue:
1) A comprova di quanto dicevo prima circa l'equivocità della scrittura ermetica, mi pare si ponga chiaramente la circostanza che ho colto il termine "insignificante" , anziché nel senso obiettivato in cui tu lo enunci nel commento numero 11 ("ciò che è insignificante"), come riferito all'individuo umano in quanto vittima degli insulti del tempo, e del mutare in esso di situazioni e sentimenti. Un individuo che la stessa natura vorrebbe farci apparire come insignificante sia per questo motivo, sia perché destinato al nulla dell’inesistenza. E dunque, nel mio "tentativo di plagio", l'insignificante è ciò che l'uomo percepisce di se stesso di fronte a questa assurda situazione: gli insignificanti siamo noi. Per questo motivo (sbagliando completamente "traduzione" alla luce della tua interpretazione autentica), ho chiamato "insignificante" l'uomo che osserva, attende, insegue questo carosello di illusioni e di delusioni.
2) Ma… ho proprio sbagliato? Mi chiedo cioè: se il tempo e la natura, con questo meccanismo illusione-delusione, possono tanto facilmente prendersi gioco di noi, non sarà forse perché lo siamo anche noi, insignificanti, e tutto ciò che ci accade? Se ci pensi, è questo il succo di una certa filosofia. E in effetti le cose appaiono così a prima vista, ed è proprio questo il motivo, credo, del senso di sconforto espresso dalla tua poesia. Nella mia “accezione” però, il termine “insignificante” è troppo “esagerato” per non dar luogo ad una riflessione se di insignificante davvero si tratti, o se invece la distruzione di noi e delle nostre illusioni, operata dal tempo e dalla natura, non possa rivestire un significato, semmai superiore… Comunque se le tue dodici righe, pur in un “errore” interpretativo, mi hanno indotto a queste riflessioni, significa che hanno avuto il potere di evocarle. E questo è appunto poesia. Però (particella… “sgarrupativa”)… ho da fare qualche appunto formale.
3) Nella prima terzina, il termine “dietro” è perplesso. Poiché infatti “dietro”, come “davanti”, può essere sia preposizione che avverbio, e come preposizione regge l’accusativo (a differenza di “davanti”, che regge il dativo: “davanti a”), in un primo momento quel “dietro” si può anche intendere come preposizione (l’insignificante che si trovi o corra dietro attimi fuggiti che suonano anni, o corra, in ipotesi, dietro tutte le gonnelle che passano:). Solo quando si prosegue, e si legge “davanti” senza una “a” che lo segua, si capisce che è avverbio, e quindi che tale debba essere anche il “dietro” che lo precede. …Oltretutto, i termini “dietro” e “davanti”,hanno poco di poetico, potendo indurre la mente dei più deboli a pensieri inadatti al sacrario delle Muse. E quando si arriva al “davanti”, il pensiero inadatto è già stato pensato. Meglio sostituire almeno quel “dietro”con un giro di parole; o, volendo mantenere intatta la metrica, col termine “ieri”.
4) La metrica c’è: le prime due terzine 667, la terza e la quarta 663. Tuttavia gli ultimi due versi della poesia non mi “suonano” bene. La corrispondenza quart’ultimo-penultimo verso (del non conoscersi/di silenzi duri) pur non difettando dal punto di vista metrico (6 e 6) non si avverte immediatamente. Questo è più meno tutto. Un’ultima cosa: mi “accusi” di aver “tradotto” modificando la metrica…. Beh, te l’ho detto: non era una traduzione, era un plagio… e vuoi che non cambi almeno la metrica?? : )))
12 anni e 8 mesi fa
Risposte successive (al momento 13) di altri utenti.
Quanto meno di conclamati.
Poeti, poi... ciascuno lo decide secondo i suoi gusti. : ))))))))))
Premetto però un'osservazione: non mi fosse piaciuta, non avrei perduto tempo ad effettuarne un "tentativo di plagio". : ))))
Tuttavia nel merito vedo quanto segue:
1) A comprova di quanto dicevo prima circa l'equivocità della scrittura ermetica, mi pare si ponga chiaramente la circostanza che ho colto il termine "insignificante" , anziché nel senso obiettivato in cui tu lo enunci nel commento numero 11 ("ciò che è insignificante"), come riferito all'individuo umano in quanto vittima degli insulti del tempo, e del mutare in esso di situazioni e sentimenti. Un individuo che la stessa natura vorrebbe farci apparire come insignificante sia per questo motivo, sia perché destinato al nulla dell’inesistenza. E dunque, nel mio "tentativo di plagio", l'insignificante è ciò che l'uomo percepisce di se stesso di fronte a questa assurda situazione: gli insignificanti siamo noi. Per questo motivo (sbagliando completamente "traduzione" alla luce della tua interpretazione autentica), ho chiamato "insignificante" l'uomo che osserva, attende, insegue questo carosello di illusioni e di delusioni.
2) Ma… ho proprio sbagliato? Mi chiedo cioè: se il tempo e la natura, con questo meccanismo illusione-delusione, possono tanto facilmente prendersi gioco di noi, non sarà forse perché lo siamo anche noi, insignificanti, e tutto ciò che ci accade? Se ci pensi, è questo il succo di una certa filosofia. E in effetti le cose appaiono così a prima vista, ed è proprio questo il motivo, credo, del senso di sconforto espresso dalla tua poesia. Nella mia “accezione” però, il termine “insignificante” è troppo “esagerato” per non dar luogo ad una riflessione se di insignificante davvero si tratti, o se invece la distruzione di noi e delle nostre illusioni, operata dal tempo e dalla natura, non possa rivestire un significato, semmai superiore… Comunque se le tue dodici righe, pur in un “errore” interpretativo, mi hanno indotto a queste riflessioni, significa che hanno avuto il potere di evocarle. E questo è appunto poesia. Però (particella… “sgarrupativa”)… ho da fare qualche appunto formale.
3) Nella prima terzina, il termine “dietro” è perplesso. Poiché infatti “dietro”, come “davanti”, può essere sia preposizione che avverbio, e come preposizione regge l’accusativo (a differenza di “davanti”, che regge il dativo: “davanti a”), in un primo momento quel “dietro” si può anche intendere come preposizione (l’insignificante che si trovi o corra dietro attimi fuggiti che suonano anni, o corra, in ipotesi, dietro tutte le gonnelle che passano:). Solo quando si prosegue, e si legge “davanti” senza una “a” che lo segua, si capisce che è avverbio, e quindi che tale debba essere anche il “dietro” che lo precede. …Oltretutto, i termini “dietro” e “davanti”,hanno poco di poetico, potendo indurre la mente dei più deboli a pensieri inadatti al sacrario delle Muse. E quando si arriva al “davanti”, il pensiero inadatto è già stato pensato. Meglio sostituire almeno quel “dietro”con un giro di parole; o, volendo mantenere intatta la metrica, col termine “ieri”.
4) La metrica c’è: le prime due terzine 667, la terza e la quarta 663. Tuttavia gli ultimi due versi della poesia non mi “suonano” bene. La corrispondenza quart’ultimo-penultimo verso (del non conoscersi/di silenzi duri) pur non difettando dal punto di vista metrico (6 e 6) non si avverte immediatamente. Questo è più meno tutto. Un’ultima cosa: mi “accusi” di aver “tradotto” modificando la metrica…. Beh, te l’ho detto: non era una traduzione, era un plagio… e vuoi che non cambi almeno la metrica?? : )))