Quando hai cura di qualcuno, la cosa migliore è essere presente. Non puoi amare da lontano, non puoi prenderti cura senza esserci. Se lo fai è un errore, un gioco inconsistente. In fondo, se ci pensi, esserci significa amare.
Doveva succedere a noi, a noi consolati, troppo spesso seduti su false certezze e su miti di gloria. A noi e ai nostri giganti d'argilla, eppure è bastato un istante a farci capire quanto siamo piccoli, indifesi, a farci capire quanto la vita possa essere un giardino incantato e una palude di morte. Non sprechiamo questi giorni di nulla, rendiamoli doni alla vita, quella vita che presto torneremo a stringere tra le mani, illudendoci ancora una volta di esserne i padroni. Siamo a un bivio epocale, sta a noi decidere se questa penombra sarà la luce fioca di un tramonto o l'apoteosi di un'alba.
Mi consola pensare che da qualche parte dell'universo due uguali a noi continueranno ad amarsi, diventeranno vecchi insieme, vicini, un'anima sull'altra, come le pietre sul letto di un torrente.
Ci spogliammo ansimando. Claudia mi tolse i vestiti tutti insieme, sbucciandomi come un frutto maturo. Finalmente liberi, felici di essere al centro del mondo. Entrai in lei prepotentemente, come un re che riprende possesso del regno senza chiedere permesso, rivendicando semplicemente un diritto. In silenzio e guardandola negli occhi. E fu pioggia e uragano, passione come lava sulla pelle, l'esplosione primordiale che forgiò l'universo. E noi come angeli a riprendersi uno il corpo dell'altro. E noi come stelle cadute, una manciata di braci nel cielo notturno.
Milano diventò la nostra zona franca, il luogo sognato da sempre. La notte acquistò il sapore dolciastro della Rive Gauche di Parigi o del Kreuzberg di Berlino. Le grandi città viste al cinema, le storie di eroi senza macchia e senza paura. Aspettavamo l'alba, senza aspettare altro. Passavano le ore, il buio della notte cambiava colore e la stanchezza stropicciava gli occhi. Un breve viaggio sulla metro, tra gente assonnata che nemmeno si accorgeva di noi. Poi di nuovo in auto fino a Cremona, in tempo per fare colazione e andare a dormire, in attesa della successiva partenza. Io e Cisco, don Chisciotte e Sancho Panza, anche se nessuno sapeva con esattezza chi fosse dei due.
Il vento bussava alla finestra e aveva la voce del lupo. Urlava, soffiava, strideva contro il vetro. Era il giorno del mio decimo compleanno, disteso sul letto fissavo la boccia bianca del lampadario e lasciavo vagare i pensieri. Guardai l'orologio alla parete, le lancette delimitavano con precisione il quarto sinistro del quadrante. Erano le nove di mattina, in quel momento la vita mi gettava sulle spalle un anno in più.
"Claudia era qui, ma è uscita a fumare una sigaretta." Lo disse come chi racconta una notizia qualunque, semplicemente mi relazionò dell’accaduto. Dentro me, le sue parole riaprirono uno porta. I cardini scricchiolarono e uno spiraglio di luce penetrò il buio di un passato che credevo di avere sepolto per sempre.
Avrei dovuto amarti come meriti, con la naturalezza del cielo che abbraccia un albero, come l'acqua che scava la roccia. Così. Senza peso, ma per sempre.
Cammini e ti senti addosso una strana malinconia. Dolce, spessa, qualcosa che avvolge come una fascia. Ti stringi al tuo corpo come per abbracciarlo e cerchi di non pensarci. E lo sai il motivo. Hai bisogno d'amore, di fuoco sotto la cenere, di una tempesta nel cuore.