La fine del mondo? O c'è o non c'è, mal comune e mezzo gaudio! Tanto, la fine del mondo la stiamo già vivendo, creata dalla logica del potere che ha ristabilito plebe, vassalli, valvassini e valvassori, feudi e feudatari, conti che detengono terre e servi assoggettati e soverchiati che vi lavorano i cui profitti sono ripartiti "cinque parti e una parte" come diceva mio nonno che ha vissuto la guerra.
Sono le favole che c'hanno raccontato mamme, nonne e zie da piccole ad aver costruito le nostre roccaforti di convinzioni sui sentimenti e sugli uomini. Un rospo rimarrà sempre un rospo, anche dopo averlo baciato, se è rospo dentro. Ci frega la scarpetta di cristallo che è scomoda e fa male, ci frega la mela che allunga la vita, ci frega il tappeto volante per poter inseguire i nostri sogni, ci frega la sindrome della crocerossina con quella strana tendenza a voler salvare a tutti i costi chi non vuole essere né salvato né guarito; gli uomini: malati terminali di sentimenti ed emozioni che se ne vanno in giro con flebo di zucchero per addolcire di tanto in tanto quei pensieri e quelle parole che se uscissero dalla testa e dalla bocca così per come sono, sarebbero amari, amari, amari. E noi che facciamo? Ci rimaniamo male per non essere le sole, le uniche, le eroine che che cancellano i ricordi delle "ex-qualcosa" e impediscono ogni altra forma di "future-qualcosa" all'infuori di noi stesse, arriviamo noi e vogliamo il primato su tutto, li spogliamo di un prima e di un dopo. Mi vien da pensare che sono proprio poveri gli uomini se devono fare i conti con tutto questo, ecco perché preferiscono rimanere rospi!
Probabilmente, si vuole qualcosa relativamente a quanto intensamente ed incisivamente se ne ha bisogno; forse, non abbiamo mai a che fare con alcuna forma di desiderio puro, ma questo è, in qualche modo, sempre asservito ad uno stato di necessità.
Soverchiati, schiavizzati e posseduti da ciò che ci inculcano, tendente all'ubbidienza piuttosto che alla morale, dar libero sfogo all'animale che c'è in noi è l'unico spiraglio che ci consenta di dissipare il buio dell'animo e la ferraglia delle catene coercitive del tutto che ci sta intorno, se non si rimedia così è l'asfissia.
Rispecchiarsi in qualcosa che risuona essere universale, musica, poesia, uno sguardo complice, il tocco della mano di chi ci ama, ripaga dai tanti momenti in cui ci sentiamo incompresi come chissà quali stranezze ci abitassero.
Forse, si aspettava quella goccia, proprio quella, per far traboccare un vaso già da tempo ricolmo, uno dei due lo aspettava certamente, mentre l'altro, ignaro ed innamorato, continuava a versarci dentro l'amore liquido perché continuasse a distillare le promesse scambiate ed il primo già le dimenticava bevendo da un'altra anfora.
I sogni si avverano sempre. La colpa è nostra se non si avverano mai nella maniera che vorremmo. Bisogna essere dettagliati nel formularli, altrimenti porteranno con sé tutta l'inaccuratezza che abbiamo messo nel chiederli.