Tra le perle che ancora ho e gli angeli che dal cielo mi guardano, ringrazio i miei maestri di vita, il suono caldo di racconti e storie, la saggezza degli insegnamenti, la guida sicura per i sentieri che imboccherò, la dolcezza di carezze d'amore, l'abbraccio che sa di casa. Come una piccola mano rugosa, sofferta, lavoratrice, piena d'esperienza e cicatrici possa infondere tanta forza, coraggio, protezione e conforto, credo faccia parte dei meravigliosi misteri della vita e dei motivi per cui, nonostante tutto, valga la pena di viverla.
Chi ha sofferto sa essere ancora più cattivo. Rabbia, frustrazione, impotenza e un sentimento d'ingiustizia pervasivo ci abitano da dentro e, come per una logica di pareggiamento dei conti, di libero sfogo o di ricerca di un capro espiatorio, finiamo per diventare carnefici di carnefici, carnefici di vittime e noi vittime di noi stessi.
A volte, non mi sento le gambe né le braccia, non vedo, non sento e se anche ci fossero parole, mando solo sguardi e preferisco i silenzi; sono cuore, tutta cuore, irrimediabilmente cuore, tragicamente cuore, dannatamente cuore. Lo sento pulsare dappertutto.
Resto in ascolto, voglio vedere cosa succede. Tutti salgono e scendono da questa metropolitana virtuale, io scendo alla prossima, ho il fiato corto e decido di sostare un po'. Alzo la cornetta, ti chiamerei, riattacco, mi piace ri-attaccare: riattaccare i bottoni, attaccare bottone, riattaccare un legame, attaccare briga, riattaccare nel presente qualcosa del passato, riattaccare le speranze, le abitudini, riattaccare i sogni alle speranze, la felicità alla vita, riattaccare te a me, pelle a pelle, labbra sulle labbra, mano nella mano, occhi negli occhi.
Gli oggetti: orpelli congeniali all'uomo ed alla sua tendenza al dominio per ovviare al senso tragico della impossibilità di potere e dello scorrere inesorabile del tempo; gli oggetti: anello di congiunzione tra il prima, il dopo, i ricordi, i luoghi, le persone. Un oggetto concreto per ogni mancanza concreta.
Non capire è umano, non voler capire è tutela per se stessi e non sforzarsi di capire sempre ogni cosa è da saggi. Cercare di capire l'incomprensibile è per gli animi forti che amano la vita, rendendosi protagonisti; molti sono solo comparse, fantasmi.