Scritta da: Silvana Stremiz
in Frasi & Aforismi (Libri)
È la falce che pareggia tutte le erbe del prato...
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È la falce che pareggia tutte le erbe del prato...
La chiave delle interpretazioni sarà scoperta quando sarà giunto il momento di dissipare l'ignoranza.
Pochi possono vedere dove li condurrà la via prima di essere giunti alla fine.
Quest'uomo, si disse il piccolo principe, quest'uomo sarebbe disprezzato da tutti, dal re, dal vanitoso, dall'ubriacone, dall'uomo d'affari. Tuttavia è il solo che non mi sembri ridicolo. Forse perché si occupa di altro che non di se stesso.
[...] Solo lentamente, tra le sue crescenti ricchezze, Siddharta aveva preso qualcosa delle maniere degli uomini-bambini, qualcosa della loro puerilità e della loro timidità. Eppure li invidiava, li invidiava tanto più quanto diventava simile a loro. Li invidiava per l'unica cosa che a lui mancava e che loro possedevano, per l'importanza che essi riuscivano ad attribuire alla loro vita, per la passionalità delle loro gioie e delle loro paure, per l'angoscia ma dolce felicità del loro stato di innamorati eterni. Di sé, di donne, dei loro bambini, di onori e di ricchezze, di progetti e speranze, sempre questi uomini sono innamorati. Ma appunto questo egli non riusciva ad imparare da loro, questa gioia infantile e questa infantile follia.
A me resta il colore del grano.
Andò giù bene, ci voleva proprio. Naturalmente era da codardi sforzarsi di dimenticare l'incomprensibile, però necessario.
I troppo furbi, al pari dei babbei, sono rosi dall'invidia.
Così, senza saperlo, ereditiamo l'incapacità verso la tragedia, e la predestinazione alla forma minore del dramma: perché nelle nostre case non si accetta la realtà del male, e questo rinvia all'infinito qualsiasi sviluppo tragico innescando l'onda lunga di un dramma misurato e permanente – la palude in cui siamo cresciuti. È un habitat assurdo, fatto di dolore represso e quotidiane censure. Ma noi non possiamo accorgerci di quanto sia assurdo perché come rettili di palude conosciamo solo quel mondo, e la palude è per noi la normalità. Per questo siamo in grado di metabolizzare incredibili dosi di infelicità scambiandole per il doveroso corso delle cose: non ci sfiora il sospetto che nascondano ferite da curare, e fratture da ricomporre. Allo stesso modo ignoriamo cosa sia lo scandalo, perché ogni eventuale devianza tradita da chi ci sta attorno la accettiamo d'istinto come un'integrazione solo inattesa al protocollo della normalità.
Non ha mura, Timbuktu, perché da sempre pensano, laggiù, che la sua bellezza, da sola, fermerebbe qualsiasi nemico.